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«Livelli significativi di DNA plasmidico» nei vaccini COVID: studio

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Un nuovo studio pre-print afferma di aver scoperto «livelli significativi» di «DNA plasmidico» nei vaccini COVID-19 scaduti, impurità che secondo i ricercatori potrebbero essere collegate a eventi avversi. Lo studio, che non è ancora sottoposto a revisione paritaria, richiede «ulteriori indagini» per corroborare i risultati.

 

Giovedì, OSF Preprints del Center for Open Science ha pubblicato la ricerca in cui afferma di aver scoperto «DNA plasmidico a livelli significativi sia nei vaccini» mRNA.

 

Nello studio di 31 pagine, gli autori David J. Speicher, Jessica Rose, L. Maria Gutschi, David M. Wiseman, Ph.D. e Kevin McKernan hanno affermato di aver trovato «da miliardi a centinaia di miliardi di molecole di DNA per dose» che hanno raccolto da «fiale scadute non aperte (…) e moderne punture di mRNA» ottenute da varie farmacie in Ontario, Canada.

 

McKernan ha sostenuto che la presunta contaminazione potrebbe provocare seri problemi di salute, compreso il cancro.

 

«I nostri risultati estendono le preoccupazioni esistenti sulla sicurezza del vaccino», hanno affermato gli autori nella prestampa, aggiungendo che i risultati «mettono in discussione anche la rilevanza delle linee guida concepite prima dell’introduzione di una trasfezione efficiente utilizzando [nanoparticelle lipidiche]».

 

I vaccini anti-COVID-19 mRNA contengono nanoparticelle lipidiche (LNP), che sono «piccole palline di grasso» che fungono da meccanismi di rilascio del vaccino mRNA.

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Gli autori della prestampa hanno notato che la loro ricerca era stata condotta con «diverse ovvie limitazioni» e hanno sollecitato una replica delle loro procedure «in condizioni forensi». Hanno anche chiesto che le linee guida siano «riviste per tenere conto della trasfezione del DNA e del dosaggio cumulativo altamente efficienti».

 

Secondo i ricercatori, «le prove preliminari di un effetto dose-risposta del DNA residuo misurato con qPCR [reazione a catena della polimerasi quantitativa] e SAE [eventi avversi gravi] giustificano conferma e ulteriori indagini».

 

Gli autori della prestampa hanno espresso preoccupazione per la contaminazione del vaccino in passato.

 

A giugno, un paper pre-print pubblicata da McKernan e dai suoi colleghi ricercatori e riportato da Joseph Mercola affermava che un frammento del genoma del «virus della scimmia», SV40, era stato scoperto nei vaccini di COVID-19.

 

Si tratta di un caso che il mondo antivaccinista conosce da decenni. Il «simian virus 40» è una realtà oramai consolidata, tuttavia coperta da una spessa spirale del silenzio.

 

Come noto, la vaccinazione antipolio, a causa di cellule di reni di scimmia macaco rhesus contenuti nel preparato, trasmise il virus delle scimmie SV40 possibilmente a miliardi di persone. SV40 è un virus acquiescente nei primati, ma che nell’uomo invece si attiva. Alcuni scienziati ritengono che l’SV40 sia cancerogeno possa essere correlato con l’aumento del cancro nella seconda metà del Novecento.

 

La storia dell’ascesa del vaccino polio (e quindi, dell’intero edificio della politica vaccinale mondiale) è controversa e, secondo alcuni, criminale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la polio è stranamente tornata in questi anni, con ammissioni ufficiali da parte dell’OMS e dei governi secondo cui i focolai potrebbero essere stati creati dalle campagne di vaccinazione, spesso spinte dalla Fondazione Gates.

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