Economia

Le sanzioni contro la Russia faranno crollare il mercato internazionale dell’energia

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Dmitrij Marinchenko, direttore del gruppo per le risorse naturali presso l’agenzia di rating americana Fitch, ha dichiarato all’agenzia russa TASS che «se le sanzioni occidentali porteranno al blocco completo delle esportazioni di petrolio della Russia, il mondo può aspettarsi un crollo del mercato energetico internazionale». Lo riporta la testata russa RT.

 

Le sanzioni statunitensi fino ad oggi hanno preso di mira un certo numero di banche russe e il mercato secondario critico del debito in rubli, ma finora nessuna sanzione è stata imposta al vasto settore russo del petrolio e del gas naturale.

 

«In uno scenario più pessimistico, in cui l’escalation intorno all’Ucraina si intensifica ulteriormente e le nazioni occidentali impongono severe sanzioni al settore energetico russo, Marinchenko ha suggerito che il prezzo del petrolio potrebbe superare i  100 al dollari al barile» riporta la testata russa.

 

L’analista Fitch ha affermato che «la quota della Russia nel mercato petrolifero mondiale è superiore al 10%. Non c’è niente che la sostituisca».

 

Se attuate, le sanzioni colpiranno molto duramente le economie occidentali.

 

I media russi stanno anche discutendo possibili sanzioni finanziarie aggiuntive. Vedmosti riferisce che «uno scenario che coinvolge un pacchetto di misure contro il settore finanziario scioccherebbe il mercato valutario, portando il rublo a raggiungere l’85-90 per dollaro in poche settimane e forse raggiungendo quota 100 nello scenario peggiore».

 

Il rublo oggi è scambiato a circa 80 per dollaro.

 

Questa lettura potrebbe però essere sbagliata: se viene lanciata una guerra finanziaria su vasta scala contro la Russia, del tipo che molte economie del settore in via di sviluppo hanno sofferto per mano della speculazione finanziaria globale, allora potrebbe essere innescata una massiccia fuga di capitali e una corsa alla valuta, insieme a una svalutazione della valuta del 30-50%.

 

In questo scenario, la domanda dal vivo sarà se la Russia ricorrerà quindi a controlli sugli scambi e accordi finanziari alternativi con la Cina e altri Paesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Russia potrebbe aver già concordato con la Cina un assorbimento del contraccolpo delle sanzioni attraverso contratti per il carbone.

 

La Cina deriva il suo fabbisogno di carbone – che è molto alto – da Australia e da altri Paesi. Le frizioni significative tra Pechino e Canberra, dove ovviamente anche lì americani e inglesi hanno certo ruolo (e dove, quindi, si odora l’aroma nucleare), potrebbero annullare le importazioni.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Indonesia ha proibito l’export del carbone temendo carenze energetiche interne.

 

Nonostante la Cina sia arrivata a record di produzione interna di carbone nel 2021, quest’anno il colosso asiatico ha sperimentato blackout significativi che hanno messo in dubbio l’affidabilità della produzione cinese per il capitale internazionale.

 

In alcune province cinesi erano anche iniziati allarmanti campagne per invitare i cittadini a fare scorte per l’inverno: niente di che, la minaccia di blackout e letali inverni senza riscaldamento è arrivata anche in Europa.

 

Ora con la guerra ucraina la faccenda si complica ancora di più.

 

Qualcuno ha voglia di cercare i responsabili di questo disastro?

 

 

 

 

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