Civiltà

Le fiamme di Notre-Dame e i “Segni dei Tempi”

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Le immagini delle altissime fiamme divampate sopra la Cattedrale di Notre-Dame de Paris hanno fatto il giro del mondo lasciando attoniti gli spettatori che hanno assistito in mondovisione al crollo della guglia e del tetto.

 

Ognuno ha detto la sua. Ognuno ha vissuto a proprio modo la distruzione di un pezzo monumentale della Francia. Inutile ripetersi, dunque: da quegli islamici che hanno gridato Allah Akbar sogghignando mentre gustavano il rogo di un simbolo – diremmo uno degli ultimi – della cristianità europea a chi ci ha visto subito dietro il complotto islamico; dai complottisti ancora più spinti che hanno visto la mano di Macron dietro l’incendio fino a quei francesi disperati, inginocchiati a pregare e ad innalzare canti a Nostra Signora di Parigi in macerie. Tutti spettatori, tutti testimoni.

Si è detto e ipotizzato veramente di tutto.

 

Notre-Dame de Paris rappresenta infatti il culto di ciò che la Francia, con le sue perverse rivoluzioni, ha sempre combattuto: la religione

Non è mancata nemmeno la visione prettamente e comprensibilmente materialista di chi ha parlato di un incendio punto e basta, che sarebbe potuto capitare ovunque e per qualsivoglia contingente motivo.

 

Pochi, però, si sono interrogati sul segno che da questo incendio emerge, come un fulmine a ciel sereno volto a scuotere l’uomo moderno immerso nelle proprie convinzioni e nei propri solipsismi. Notre-Dame de Paris rappresenta infatti il culto di ciò che la Francia, con le sue perverse rivoluzioni, ha sempre combattuto: la religione.

 

Non una delle tante religioni (Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha dichiarato che «Notre-Dame è un luogo di incontro per tutte le religioni»), ma di quella che per due millenni ha costruito e formato l’Europa: il Cristianesimo.

 

La Francia illuminista, la Francia liberale, la Francia ateissima, stringendo forte le redini della propria «autodeterminazione» (cioè, la cancellazione della religione della cosa pubblica) piange i suoi morti e i suoi monumenti portando fiori sotto la muta e pagana Marianna.

La Francia illuminista, la Francia liberale, la Francia ateissima, stringendo forte le redini della propria «autodeterminazione» (cioè, la cancellazione della religione della cosa pubblica) piange i suoi morti e i suoi monumenti portando fiori sotto la muta e pagana Marianna.

 

Sui giornali si sono sciupati i commenti per la cattedrale metropolitana, arrivati dai più impresentabili «simboli» di una cultura europeista folle e contraria ad ogni tradizione. Nessuno però ha il coraggio di piangere il rogo simbolico della cattedrale cattolica più importante di Francia, dedicata, appunto, a Nostra Signora di Parigi.

 

Chi, veramente, ha invocato Nostra Signora di Parigi? Quanti fra i Macron, le Cirinnà rattristate, i politici in doppio petto hanno chiesto perdono e pietà per questo nuovo scempio che è solo l’ultimo di quelli con cui si è distrutto ogni baluardo Cristiano che per secoli ha sorretto la Civiltà, quella con la “C” maiuscola?

 

Quella nube di fumo e quelle fiamme hanno scioccato, certo, perché riflettono un’immagine quasi apocalittica. Purtroppo però non se ne è capito il senso perché l’uomo non guarda più ai «segni dei tempi». Non crede più in Dio, rifiuta la religione e le sue norme morali per rendere il culto al solo Moloch del progresso.

 

Da Paray-le-Monial a Laus, da Rue de Bac a Lourdes, passando per La Salette, la Francia ha sempre rifiutato ogni genere di rivelazione divina, ogni sorta di ulteriore avvertimento per evitare di essere colpita dal tremendo dies iræ.

 

Gli odiatori del Medioevo ora piangono, bel paradosso, il Medioevo in fiamme.

Gli odiatori del Medioevo ora piangono, bel paradosso, il Medioevo in fiamme. Quel Medioevo fatto di uomini e donne di chiostro, santi, asceti, artisti, guerrieri e contadini. Quel Medioevo che brucia lo hanno voluto bruciare coloro che ora piangono davanti al devasto di Notre-Dame, scordandosi che insieme ad esso dovrebbero bruciare anche i Sant’Agostino e i San Tommaso, tutte le cattedrali, la Scolastica, Duccio e Cenni di Pepo, Francesco e Chiara, Rita e Jacopone, Masaccio e Dante, Cimabue e Petrarca, Bernardo e Benedetto, tutta l’arte e tutta la cultura di cui oggi ancora godiamo passeggiando fra i meandri dello squallido grigiume cementoso delle città modernizzate e inquinate.

 

Se dalle macerie di Notre-Dame non ci risolleveremo votati alla difesa della Civiltà  di questo XXI secolo  non rimarrà altro che la cenere

Il vero problema dunque, per quanto truce sia vederlo, non è lo spettacolo di fiamme che ha avvolto Notre-Dame: esso è un simbolo, un segno che dovrebbe risvegliare le coscienze dei popoli, riaccendere davvero le fiamme nel cuore dell’Europa per farla tornare a quelle origini da cui è stata violentemente sradicata; ciò che preoccupa è vedere l’Occidente che va drammaticamente a fuoco, ignaro del tremendo destino che lo aspetta. Anzi, che già, giorno dopo giorno, lo sta travolgendo.

 

Se dalle macerie di Notre-Dame non ci risolleveremo votati alla difesa della Civiltà – quindi, ça va sans dire, più Cristiani – di questo XXI secolo  non rimarrà altro che la cenere e la caligine di chi ha scelto di passare per la Janua Inferni rifiutando, respingendo e bestemmiando la Janua Cœli che sola, infine, schiaccerà la testa di quel Serpente che sta stritolando il mondo.

 

Cristiano Lugli

 

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