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Le elezioni del niente

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Sono passate oramai 72 ore dall’evento politico della stagione  e ora forse è arrivato il momento di dire cosa esso rappresenti: il niente. Sono state le elezioni del niente.

 

Più che dai risultati, siamo basiti dal vedere con quanta serietà hanno trattato la cosa i giornali. Paginate e paginate, lenzuolate trionfanti – perché il derby lo ha vinto il partito-sistema – come, appunto, se la cosa avesse la benché minima importanza.

 

Come se, davvero, qualcuno credesse che le elezioni, magari quelle dei sindaci, possono cambiare effettivamente qualcosa.

Lo dobbiamo prendere come un bonario rito arcaico, a cui lo stipendiato sistemico si attacca per dare una parvenza di legittimità alla sua esistenza e a quella della supposta istituzione che serve: partito, ministero, giornale etc.

 

Lo dobbiamo prendere come un bonario rito arcaico, a cui lo stipendiato sistemico si attacca per dare una parvenza di legittimità alla sua esistenza e a quella della supposta istituzione che serve: partito, ministero, giornale etc. Vi si agganciano come gli ubriachi ai lampioni. O forse la metafora più ficcante è quella del film di Romero, con gli zombi che tornano nei centri commerciali per una coazione a ripetere che vince perfino sulla demenza.

 

Nessuno, davvero nessuno, che ha voluto soffermarsi sul serio sul dato più eclatante: l’affluenza al 54,69%. E non ci vengano a raccontare che era un bel weekend in cui andare al mare – non lo era. O che alla gente non importasse votare per il sindaco, governatore, etc. In realtà, nei luoghi che contano hanno votato ancora in meno Milano, 47,69%; Torino, 48,06%; Roma, 48,83%; Napoli; 47,18%. Meno di un cittadino su due ha votato.

 

Non che ai sistemici sia dispiaciuto: i numeri non hanno rovinato il loro campionatino di biglie. Anzi, se qualcuno deve parlare dell’astensione, ecco pronto la vera spiegazione – la gente non è andata a votare perché è felice di Draghi e del suo governo. La gente è contenta così. La gente in realtà non vuole votare perché è troppo serena. La gente ha votato Draghi senza votare. Insomma, avete capito. Il popolo ha eletto, senza elezioni, uno che in effetti non è mai stato eletto. Non una grinza.

 

E quindi, cosa hanno rappresentato queste elezioni? Niente. Il niente. Letteralmente: il vero significato è stato il non-voto. Perché è quello che nei prossimi mesi sarà decisivo

Si sono convinti, che in un momento come questo, l’elettore non senta il bisogno di essere rappresentato. Chiaro: va tutto benissimo. Quando c’è la salute c’è tutto. E poi c’è anche il danaro e la prosperità, che scorrono a fiumi. Il futuro è roseo: chiunque lo sente. La democrazia rappresentativa è arrivata al capolinea, diceva qualche politologo anni fa. In Parlamento l’attuale primo partito predicava la «democrazia diretta», la Jamahiriya di Gheddafi ma fatta con internet, ma poi non si è vista, e nessuno si è strappato i capelli – specie gli stipendiati a 5 stelle.

 

È certo: la gente non ha votato per una overdose di fiducia nel sistema. No?

 

No. Perché il collasso della credibilità delle Istituzioni è sotto gli occhi di tutti. Ogni settimana ci sono manifestazioni da milioni di persone in tutto il mondo. Come abbiamo notato in queste pagine, la tensione, da Melbourne a Parigi, da Berlino a Milano, sta aumentando. Non è, da nessuna parte, un déjà vu. Le forze dell’ordine talvolta reprimono in modo mostruoso, talaltra paiono simpatizzare con i manifestanti, che ovunque sventolano bandiere nazionali. Mai visto, non sappiamo cosa sia questa cosa, non sappiamo cosa sta succedendo.

 

Come si agglutineranno i milioni di persone rivoltate, che in nessun modo si rivedono nei partiti esistenti, che mai e poi mai voteranno un’altra volta: questo è l’elefante nella stanza di cui nessuno sta parlando

Non lo sa soprattutto il funzionario del nulla che perde il suo tempo con le biglie elettorali di domenica scorsa. Non lo sa perché non lo vede – non glielo mostrano, oppure è lui stesso a non farlo vedere. Perché nei TG non si vedano gli embrioni dei disordini civili, qualche tempo fa sarebbe stato un mistero. Oggi, per noi che abbiamo capito che viviamo immersi dalla menzogna e dalla censura, non lo è più.

 

E quindi, cosa hanno rappresentato queste elezioni? Niente. Il niente. Letteralmente: il vero significato è stato il non-voto. Perché è quello che nei prossimi mesi sarà decisivo. Come si agglutineranno i milioni di persone rivoltate, che in nessun modo si rivedono nei partiti esistenti, che mai e poi mai voteranno un’altra volta: questo è l’elefante nella stanza di cui nessuno sta parlando.

 

Anzi, fanno ancora tutto come se niente fosse. Perfino gli usuali complottini e i tramacci mediatico-giudiziari: ecco il caso dello spin doctor incastrato con l’app dei festini omo-chemsex; ecco l’inchiesta sui fondi neri dei «fascisti» (tono su tono); ecco ora, perfino, l’attacco al collega di studio legale del numero uno (non eletto nemmeno quello) del partito fu-populista ora completamente addomesticato (lo è sempre stato…).

 

Tipo l’orchestra sul Titanic. Suonano lo spartito di sempre, mentre il transatlantico cola a picco in acque gelide e nere.

 

I partiti ora hanno rimosso il popolo: e questo, anche solo a vedere i dati di affluenza, è evidente. I giornali hanno brindato: queste elezioni hanno eliminato i populisti! In realtà, queste elezioni hanno, concettualmente e numericamente, abrogato il popolo

Non hanno idea di cosa accadrà, ma forse non interessa loro più. O non sono in grado di immaginarlo.

 

Abbiamo avuto una prova plastica di tutta la dinamica qualche sabato fa in Piazza Duomo a Milano. La Meloni – quella che rappresenterebbe «l’opposizione» decide di fare un comizio elettorale proprio il sabato, proprio nel luogo dove passano ogni settimane le masse dei no-green pass. Cordoni di polizia in assetto antisommossa a proteggere la piazza del comizio; la folla dei no-green pass viene su dalla Galleria Vittorio Emanuele e punta verso il palco, ma viene fermata dalle forze dell’ordine.

 

Qualche supporter di Giorgia, sempre più smilzo e stempiato – non ci sono più i sani skinhead ciccioni tatuati di una volta – si avvicina aggressivo ai manifestanti, magari brandendo una bandiera con il logo del partito inventato da La Russa.

 

 

La scena è paradossale: perché i «Fratelli d’Italia» sono nervosi verso i no-green pass? Perché Giorgia Meloni non ha tentato in qualche modo di inglobare la manifestazione, visto che ha scelto proprio quel luogo e quella data? Perché non ritengono osceno far vedere che oggi un comizio di un partito di destra deve venire difeso dai celerini? Perché non c’è vergogna nel mostrare che chi ti contesta non è più lo sgherro del centro sociale, ma il cittadino comune?

Il rimosso tornerà, e chiederà conto delle menzogne e delle finzioni. Ecco perché siamo sconvolti nel vedere che la gente perde tempo dietro le elezioni del niente

 

Il tutto mi ha riportato alla mente Freud e il suo discorso sul «ritorno del rimosso». C’è una realtà che, per quanto la vuoi ricacciare via, tornerà spaventosamente verso di te, disturbandoti, svergognandoti, facendoti soffrire. Una realtà imponente, magmatica, vitale, imprevista che ciclicamente sbuca fuori contro la finzione ordinata con le transenne, le bandierine, le gerarchie, i microfoni.

 

I partiti ora hanno rimosso il popolo: e questo, anche solo a vedere i dati di affluenza, è evidente. I giornali hanno brindato: queste elezioni hanno eliminato i populisti! In realtà, queste elezioni hanno, concettualmente e numericamente, abrogato il popolo.

 

Per questo a vincere è stato, come lo è da dieci anni (senza mai, però, una vittoria vera), e come lo sarà sempre in questo assetto dello Stato, il PD. Perché il PD è il partito-sistema (il partito-Stato, direbbe Formicapar excellence. Per il PD non solo non conta più il popolo (di cui magari, con operazioni come quella delle sardine, si può offrire un ologramma a buon mercato) ma non conta più nemmeno la stessa dirigenza del partito: prendete i segretari, uno dopo l’altro, a offrire scene imbarazzanti. Bersani con le sue metafore che viene sbertucciato in streaming, Renzi che frantuma sadicamente il partito, Zingaretti che fa aperitivi e pizze collettanee gusto COVID… e ora Letta, sempre più magro e tetro, ossessivo fino all’autismo politico, lontano dal moderatismo per cui lo si conosceva, incapace, anche lui, di essere davvero stimato dai suoi stessi tesserati.

 

Il PD, confusionario e minoritario, schizofrenico (ve lo ricordate LeU?) e ridicolo, comanda perché più di ogni altro è avanzato nella sua trasformazione in innesto partitico dell’establishment superficiale e profondo, nella sua mutazione macchinale in partito-Stato dove il popolo e più in generale l’umanità  possono tranquillamente sparire.

 

Questo è tuttavia proprio il rischio più grande: perché una rivolta contro i partiti fusi con lo Stato sfocia necessariamente in una rivolta contro lo Stato. Così, in ballo non ci sono più solo i numerini elettorali, le palline colorate dei Salvini e dei D’Alema: c’è l’intera architettura del sistema

Questo è tuttavia proprio il rischio più grande: perché una rivolta contro i partiti fusi con lo Stato sfocia necessariamente in una rivolta contro lo Stato. Così, in ballo non ci sono più solo i numerini elettorali, le palline colorate dei Salvini e dei D’Alema: c’è l’intera architettura del sistema. Il quale, si badi bene, è stata messa in discussione dapprima dal sistema stesso, che ha sospeso i diritti fondamentali, e rivelato pragmaticamente qualcosa di indicibile: la carta costituzionale su cui posa la sua legittimità, i suoi valori, le sue leggi, non valgono nulla di fronte all’arbitrio dell’autocrazia pandemica romana.

 

Il rimosso tornerà, e chiederà conto delle menzogne e delle finzioni. Ecco perché siamo sconvolti nel vedere che la gente perde tempo dietro le elezioni del niente.

 

Ciò che abbiamo davanti è la più grande incognita politica del secolo, qualcosa che potrebbe davvero avviare un’altra Repubblica, ma sta volta non solo per definizione giornalistica, ma sul serio. Potete far finta di niente, tanto arriverà alle transenne e cercherà di entrare, interrompendo il vostro discorsetto politico.

 

Masse di disoccupati. Masse di discriminati biologici. Masse di nuovi poveri, incattiviti per soprammercato dall’apartheid biotica. Periferie abitate da bande afro-islamiche d’importazione. Carenza di beni di consumo. Conflitti internazionali. Terrore epidemico sempre presente. Totale crollo della morale civile e religiosa. Gli ingredienti nel pentolone del collasso ci sono tutti.

 

Energie immani si stanno per liberare. E ciò sarà il contrario del nulla i cui percentili elettorali questi sfigati stanno ancora perdendo tempo a contare

 

 

Roberto Dal Bosco

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