Geopolitica
L’Azerbaigian attacca l’enclave armena. Partita la guerra anche nel Caucaso?
L’esercito dell’Azerbaigian ha attaccato le aree della regione del Nagorno-Karabakh – enclave sotto il controllo armeno – mandando in frantumi l’instabile pace nella regione, una prima significativa dalla guerra del 2020 durata sei settimane.
I rappresentanti del Karabakh hanno affermato che una «offensiva militare su larga scala» sta prendendo di mira le resistenze armene e hanno accusato le forze azere di aver «violato il cessate il fuoco lungo l’intera linea di contatto con attacchi di artiglieria missilistica».
Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha accusato le forze armene di provocazioni, citando il «bombardamento sistematico» delle posizioni dell’esercito azero. Baku l’ha definita un’operazione contro «attività antiterroristiche locali… per disarmare e garantire il ritiro delle formazioni delle forze armate armene dai nostri territori». Baku si è impegnata ad attaccare solo obiettivi militari e ha affermato che stava cercando di «sventare provocazioni su larga scala» da parte armena.
Testimonianze locali tuttavia parlando di attacchi ad aree residenziali senza che vi siano obiettivi militari nei paraggi.
Azerbaijan is shelling civilian residential areas of #Stepanakert This is a building next to us with no military target in vicinity. pic.twitter.com/EZtJsAEBNg
— Siranush Sargsyan (@SiranushSargsy1) September 19, 2023
Il ministero degli Esteri armeno ha accusato l’Azerbaigian di aver scatenato «un’altra aggressione su larga scala contro il popolo del Nagorno-Karabakh», dopo che Baku aveva annunciato «misure antiterrorismo» locali nella regione contesa.
L’Armenia ha condannato il suo rivale sia per gli sviluppi più recenti che per i «crimini di massa» commessi durante le ostilità tre anni fa. L’Azerbaigian ha perseguito la «pulizia etnica» degli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, sostiene la dichiarazione del ministero di Yerevan, sostenendo che Baku opera nell’«impunità» dato il suo aperto riconoscimento delle sue azioni.
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La tregua è definitivamente morta. La BBC riporta che «undici poliziotti e civili azeri sono stati uccisi nell’esplosione di una mina e in un altro incidente». Il responsabile per i diritti umani del Nagorno-Karabakh aveva invece affermato che due persone sono morte, tra cui un bambino, mentre 11 persone sono rimaste ferite.
The world cannot ignore the escalating crisis in #Stepanakert. We must stand united to halt the violence and protect the lives of civilians. #Armenia #GlobalSolidarity ???????? pic.twitter.com/J6BbTyZVOQ
— Bryan Travis Jr. (@Travi94243Jr) September 19, 2023
In loco dovrebbero essere presenti circa 2.000-3.000 militari russi come parte della soluzione postbellica emersa dopo il 2020. Tuttavia il primo ministro armeno Nikol Pashinyan si era lamentato del fatto che le forze russe stavano «lasciando spontaneamente la regione».
L’Armenia, alleato di Mosca potrebbe di fatto aver irritato Mosca scegliendo prima di aderire al trattato della Corte Penale Internazionale (che vuole processare il presidente russo Vladimir Putin) con la ratifica del Trattato di Roma e poi di effettuare esercitazioni con gli USA (i war games Eagle Partner 2023).
L’Armenia è membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), una sorta di «NATO degli ex sovietici» che comprende anche Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. Yerevan è stata sempre più critica nei confronti del ruolo del CTSO nel Caucaso meridionale, sostenendo che il blocco non è riuscito a proteggerlo dalla presunta aggressione azera.
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L’Armenia ora chiede anche al suo potente alleato nell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), la Russia, di agire. Ma Mosca, nonostante abbia da tempo una base militare in Armenia, è da anni riluttante a farsi coinvolgere maggiormente, e soprattutto ora che è assorbita dalla guerra in Ucraina.
Yerevan ha accusato Baku di aver affamato il Nagorno-Karabakh bloccando il corridoio di Lachin, l’unico via d’ingresso per merci ed alimenti.
L’Armenia ha affermato che finora i combattimenti non si sono estesi ai propri confini, affermando che all’interno dei confini le cose sono «relativamente stabili».
BREAKING:
Azeri missile strike destroys a Tor air defense system in Khankendi.
It looks more and more like full-scale war is breaking out in Nagorno-Karabakh.pic.twitter.com/kbVkMj6vU1
— Visegrád 24 (@visegrad24) September 19, 2023
È probabile che le Nazioni Unite affrontino la fiammata di nuove violenze, dato che l’assemblea generale è attualmente in corso a New York. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan sollecita una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
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Pashinyan ha chiesto «passi chiari e inequivocabili per porre fine all’aggressione azera».
Shelling of civilian objects in Stepanakert.
????: @araratpetrosian pic.twitter.com/Cb4wr2FiPD
— 301???????? (@301arm) September 19, 2023
L’Azerbaigian è stato accusato di aver tentato di condurre un lento genocidio degli armeni nella regione del Nagorno-Karabakh tagliando cibo, medicine e aiuti umanitari.
Il Nagorno-Karabakh si separò dall’Azerbaigian negli ultimi giorni dell’Unione Sovietica. La popolazione della regione, prevalentemente etnicamente armena, ha combattuto una guerra su vasta scala per l’indipendenza negli anni ’90 e mantiene stretti legami con Yerevan.
L’Armenia cristiana e l’Azerbaigian musulmano combatterono in quel periodo una guerra in cui almeno 200 persone furono uccise a causa della separazione etnica armena del Nagorno Karabakh, che dichiarò l’indipendenza nel 1991, nonostante fosse riconosciuto a livello internazionale come territorio dell’Azerbaigian.
Il conflitto del 2020 è stato il secondo grande scontro sul Nagorno-Karabakh e si è concluso con l’Azerbaigian che ha ottenuto il controllo di una parte significativa dei territori precedentemente perduti. Un cessate il fuoco mediato da Mosca, che ha posto fine alle ostilità, ha aperto la strada allo spiegamento di forze di pace russe nella regione contesa.
Baku ha affermato che sta attualmente cercando di far rispettare i termini dell’accordo trilaterale con Yerevan e Mosca riguardo alla missione di mantenimento della pace e che i comandanti delle forze russe di stanza nell’area erano stati informati delle sue intenzioni.
Tuttavia, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha affermato che l’avvertimento è arrivato «pochi minuti prima dell’inizio dell’azione militare».
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Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi Baku era entrata in collisione anche con l’Iran, storico alleato degli armeni, conducendo massive esercitazioni militari ai confini azeri.
È chiaro che, a questo punto, la frizione tra Teheran e Baku può degenerare, anche se non è chiaro quanto la svolta filoamericana di Yerevan possa allontanare Teheran.
L’Armenia in teoria sull’appoggio di Teheran. Una delegazione di membri del parlamento armeno ha visitato Teheran il 13 ottobre scorso e ha incontrato diversi alti funzionari del governo iraniano, tra cui il ministro degli Esteri Amir-Abdollahian.
Come riportato da Renovatio 21, non solo la Turchia ha appoggiato in maniera totale l’Azerbaigian durante gli scontri degli scorsi anni, ma lo stesso clan Erdogan avrebbe affari milionari con il potere azero nel Nagorno-Karabakh.
Ciò che sta accadendo nel Caucaso ha ripercussioni notevoli anche sull’Italia, in ispecie in questo momento di crisi energetica.
Come noto, l’Azerbaigian è il Paese da cui proviene il gasdotto TAP, che attraversa la Turchia, la Georgia e l’Europa orientale meridionale per arrivare in Puglia. Si tratta di una risorsa irrinunciabile ora che la fornitura di gas russo è compromessa. Da ciò è spiegabile l’assordante silenzio che i media e i politici europei stanno facendo cadere sull’ennesima aggressione dell’Armenia da parte dell’Azerbaigian. Al contrario, la Russia ha cominciato a muoversi, inviando truppe del CSTO al confine azero.
Lo scorso 16 settembre il quotidiano La Verità titolava «ignorata l’aggressione all’Armenia fatta dallo Stato che pagava le mazzette».
Oggi più che mai, è possibile che, anche senza mazzette, a Baku verrà perdonata qualsiasi cosa: perché l’Italia e l’Europa senza gas sono appesi a qualsiasi fornitore che non sia la Russia. Ne rimangono pochi, e nemmeno in grado di garantire l’approvvigionamento necessario al nostro Paese, sempre più sulla strada dell’implosione energetica – e morale.
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Immagine screenshot da Twitter