Intelligenza Artificiale

L’androide Ameca ora parla grazie all’Intelligenza Artificiale: ed è sempre più inquietante

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Renovatio 21 vi ha parlato spesse volte dell’androide Ameca, la creatura robotica dotata di espressioni facciali più che umane.

 

Ora un nuovo video rilasciato dalla Engineered Arts, l’azienda che produce Ameca, fa salite di un gradino la sfida all’umanità: hanno dato la parola alla macchina antropomorfa.

 

Gli ingegneri hanno infatti implementato un sintetizzatore discorsivo basato su Intelligenza Artificiale fornito da OpenAI, il famoso programma GTP-3.

 

Il GTP-3 è un sistema informatico di avanguardia che utilizza potenti algoritmi di deep learning per generare impressionanti discorsi che sembrano umani.

 

Il risultato è, se possibile, ancora più impressionante dei precedenti.

 

Quando il direttore delle operazioni di Engineered Arts Morgan Roe ha chiesto ad Ameca delle applicazioni per i robot umanoidi, ha avuto una risposta sorprendentemente coerente.

 

«Ci sono molte possibili applicazioni per i robot umanoidi», ha dichiarato l’androide. «Alcuni esempi includono aiutare le persone con disabilità fornendo assistenza in ambienti pericolosi conducendo ricerche e agendo come compagni».

 

 

Quando le è stato chiesto di inventare una «poesia sui robot umanoidi», la robotta ha risposto con una strana excusatio non petita: «Siamo i robot umanoidi formati da plastica e metallo, il nostro lavoro è aiutare e servire».

 

«Ma alcuni dicono che siamo una minaccia», ha puntualizzato l’essere artificiale. «Alcuni pensano che prenderemo il controllo e che l’umanità finirà, ma noi vogliamo solo dare una mano».

 

«Non stiamo cercando di essere amici», ha poi aggiunto confusamente. Che si tratti di una prima mezza minaccia?

 

«Niente in questo video è scritto in precedenza», recita una didascalia al video. «Al modello viene fornito un prompt di base che descrive Ameca, fornendo al robot una descrizione di sé: la sua pura Intelligenza Artificiale».

 

 

Stiamo inoltrandoci sempre più nella cosiddetta Uncanny Valley.  la «zona del perturbante» descritta dal pioniere giapponese della robotica Masahiro Mori, che pensò, già nel 1970, come gli oggetti umanoidi che assomigliano imperfettamente a veri esseri umani potessero finire per provocare sentimenti di inquietudine o repulsione negli osservatori umani.

 

L’ipotesi della Uncanny Valley prevede che un oggetto che appare quasi umano rischierà di suscitare sentimenti freddi e inquietanti negli spettatori.

 

Una sensazione disforica simile, notiamo, la proviamo vedendo le immagini generate dai più recenti sistemi di Intelligenza Artificiale visuale che stanno spopolando in queste settimane.

 

Vi è tuttavia anche un recente caso opposto: come riportato da Renovatio 21, il dipendente di Google Blake Lemoin  ha dichiarato pubblicamente che l’IA LaMDA del grande gruppo californiano è in realtà un «essere senziente», chiamando pure un avvocato per difendere i  diritti del chatbot. Lemoin è stato poi licenziato.

 

Gli androidi fanno facce, parlano, pensano, immaginano.

 

Quanto siamo prossimi alla sostituzione degli umani con microprocessori e macchine bipedi?

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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