Sorveglianza

Lamorgese: i locali «non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti»

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Il ministro dell’Interno Lamorgese durante una diretta web del quotidiano della famiglia Agnelli La Stampa ha dichiarato che il controllo del green pass spetta ai titolari degli esercizi, anche se «non potranno chiedere la carta d’identità ai clienti». Lo riporta l’agenzia ANSA.

 

«Non si può pensare – ha spiegato il ministro dei governi Draghi e Conte bis – che l’attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia. Significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza. Al riguardo è in via di preparazione una circolare».

 

Tuttavia, ministro non ha escluso «controlli a campione nei locali insieme alla polizia amministrativa».

 

«Le forze di polizia hanno compito di controllo del territorio e potranno dare un supporto. Ma non c’è nessuna minaccia alla democrazia, la salute pubblica ha la priorità»

 

«Il rispetto delle regole è importante» ha dichiarato la titolare del Viminale rispondendo ad una domande dei giornalisti sulla protesta no green pass.

Il certificato di biosorveglianza elettronica per la funzionaria statale di Potenza «è come andare al cinema e mostrare il biglietto»

 

Il certificato di biosorveglianza elettronica per la funzionaria statale di Potenza «è come andare al cinema e mostrare il biglietto». Per il ministro, come si suol dire  la vita è tutta un film. Se non hai il biglietto valido, viene da pensare, diventi uno scroccone, un portoghese della vita. E magari è pure giusto che la maschera del cinema della vita venga a darti la caccia.

 

Parrebbe che per il ministro la vita – lungi dall’essere un bene indisponibile allo Stato – sia quindi cedolarizzabile. La vita va regolarizzata dall’autorità, e consentita previo documento. Sentiamo ancora l’eco delle parole del suo passato Primo Ministro Conte, quello con il quale fece il salto di qualità verso il Viminale: «noi concediamo…»

 

Tornando all’intervista in questione con il giornale degli Agnelli-Elkann (che ai tempi del Conte bis hanno messo in piedi un business di mascherine per produrne 27 milioni al giorno, come risaputo), la Lamorgese ha ribadito che ristoratori e titolari di locali «certo non sono tenuti a chiedere la carta d’identità e faremo una circolare come Viminale per spiegare che non sono tenuti a farlo. Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti».

 

Ci sfugge qualcosa: il green pass – che contiene informazioni protette da Privacy – sì, ma la Carta di Identità (che poi, può servire a capire se il nome coincide con quello sul passaporto vaccinale) no?

 

Quindi, ad ogni barista sarà affiancato, in linea teorica, un poliziotto.

 

Il pensiero non è peregrino. Il professore di economia Michael Rectenwald, in un articolo pubblicato da Renovatio 21, ha parlato del COVID come grande, spaventoso allineamento tra il business privato e gli apparati pubblici. Il problema è che il professor Rectenwald si riferiva alle multinazionali; ora capiamo che lo Stato di biosorveglianza vuole cooptare anche volonterosi carnefici tra baristi e ristoratori – quelli che sono sopravvissuti, per lo meno, e che, come i kapò dei tempi andati, sperano che la loro esibita sudditanza li possa in qualche modo rendere degni dei premi del potere costituito.

 

 

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