Geopolitica

La triste previsione di Medvedev: «Zelens’kyj potrebbe essere ucciso dai suoi “padroni”»

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L’ex presidente russo Dmitrij Medvedev torna alla carica sul suo canale Telegram con nuove dichiarazioni esplosive.

 

Secondo l’attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, l’Ucraina è costretta a portare avanti la sua tanto pubblicizzata controffensiva per giustificare le armi e il denaro che ha ricevuto dall’Occidente.

 

Medvedev suggerisce che se Kiev non mostra ai suoi «padroni» un ritorno sul loro investimento, la delusione dell’Occidente nei confronti del governo ucraino potrebbe finire per costare ai suoi alti funzionari non solo il lavoro ma anche la vita.

 

«Il nemico ha da tempo promesso una grande controffensiva. E sembra che qualcosa sia già iniziato», ha scritto Medvedev, apparentemente riferendosi al tentativo di Kiev di lanciare domenica un’operazione offensiva su larga scala nella parte meridionale della Repubblica popolare di Donetsk. Il ministero della Difesa russo ha riferito che le forze russe hanno respinto con successo la spinta, distruggendo un gran numero di combattenti ucraini e attrezzature militari fornite dall’Occidente nel processo.

 

Medvedev ha osservato che il lancio di tale operazione non è stata una sorpresa, dal momento che «il regime di Kiev non ha scelta. Deve attaccare. Deve giustificare il denaro e le armi che ha ricevuto». Ha aggiunto che «la delusione dei sorveglianti [di Kiev] potrebbe costare a Zelens’kyj e ai suoi amici non solo i loro posti, ma anche le loro vite».

 

L’ex presidente russo ha quindi suggerito che sarebbero bastati pochi rapporti da parte di «agenti americani», che secondo lui hanno avuto a lungo il controllo del servizio di sicurezza ucraino (SBU), affinché la «banda della cocaina» fosse «segnata via all’instante come rottame» per aver sprecato il denaro dei contribuenti americani.

 

«Inoltre, lo delegheranno a qualcun altro, come piace fare a Langley [il quartier generale della CIA]», ha detto Medvedev. «Daranno l’ordine ad alcuni bassifondi radicali di eliminare il tossicodipendente per tradimento contro l’Ucraina e la causa di Bandera, e poi lo impiccheranno per i piedi insieme ai suoi scagnozzi», ha aggiunto Medvedev.

 

«Pertanto, il regime di Kiev ha solo una via d’uscita: andare fino in fondo, mandando a morte migliaia di mobilitati», ha concluso Medvedev, insistendo sul fatto che la Russia non deve sottovalutare il nemico e lanciare la propria offensiva per «rovesciare completamente il regime nazista di Kiev».

 

Il mese scorso, Medvedev, che attualmente è vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo, aveva affermato che l’Ucraina non ha futuro nella sua forma attuale e che il crollo della sua statualità è inevitabile, sottolineando che il «governo nazista di Kiev» deve essere distrutto per evitare che il conflitto in corso si trascini per sempre.

 

Le parole di Medvedev sulla possibile fine del presidente ucraino non sembrano dipingere un quadro lontano da quello che era già pubblicamente emerso appena dopo le elezioni del 2019, quando in un’intervista del controverso sito di notizie internet ucraino Obozrevatel Dmytro Yarosh, un co-fondatore della milizia nazionalista integrista Pravij Sektor (un tempo descritto come «neonazista» dalla stampa italiana), disse che «se Zelensky tradisce l’Ucraina, perderà non la sua posizione, ma la sua vita».

 

«Ha solo bisogno di capire una verità: gli ucraini non possono essere umiliati» aveva dichiarato il capo del Settore Destro. «Gli ucraini, dopo settecento anni di schiavitù coloniale, potrebbero non aver ancora imparato a fondo come costruire uno Stato. Ma abbiamo imparato molto bene come fare una rivolta e sparare a tutte quelle “aquile” che stanno cercando di parassitare il sudore e il sangue degli ucraini».

 

«Zelensky ha detto nel suo discorso inaugurale che era pronto a perdere ascolti, popolarità, posizione… No, perderà la vita. Sarà appeso a qualche albero del Khreshchatyk, se tradirà l’Ucraina e quelle persone che sono morte durante la Rivoluzione e la Guerra».

 

Il Khreshchatyk è uno dei principali viali di Kiev, che porta diretto alla fatale piazza Maidan, dove nel 2014 si consumò, tra rivolte e cecchini, il golpe che defenestrò il (moderatamente) filo-russo Yanukovich e installò al potere ogni possibile forza antirussa.

 

La prospettiva di una eventuale detronizzazione violenta di Zelens’kyj, quindi, non è peregrina – e i perpetratori non saranno russi, ma, al contrario, potrebbero essere i miliziani ucronazisti.

 

Come scritto da Renovatio 21 già nel 2022, la situazione di Zelens’kyj, dal punto di vista psichico, potrebbe essere molto fragile, proprio a causa di chi gli sta intorno – gli ucronazisti sono, costituiscono, dicono, perfino la sua sicurezza personale.

 

Negli ultimi giorni, tra minacce ai giornalisti americani nelle interviste e atteggiamenti vari perfino dinanzi al papa, abbiamo visto che potrebbe trattarsi di una figura che ha perso il controllo.

 

Tante diagnosi su Putin (tutte inventate, ridicolmente), nessuno che abbia detto due parole sulla condizione psicologica di Zelens’kyj, che potrebbe essere finito in un triste, orrendo cul de sac. Non può retrocedere di un centimetro, né riesce ad andare avanti, nonostante le armi e i miliardi dei suoi pupari. Da qui è spiegabile il rifiuto di ogni trattativa e il conseguente sacrificio di decine di migliaia di ragazzi ucraini mandati al macello del fronte come a Bakhmut.

 

Quanto ancora durerà questa censura, non lo sappiamo.

 

 

 

 

 

Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0); immagine modificata

 

 

 

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