Eutanasia
La Toscana ha aperto al suicidio assistito. E le altre regioni?
Il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una proposta di legge che regolamenta la morte volontaria medicalmente assistita, detta anche suicidio assistito.
Il testo di legge si basa sulla proposta di legge di iniziativa popolare presentata dalla ben nota Associazione Luca Coscioni, rappresentata dal noto attivista Marco Cappato, con alcune modifiche apportate dal consiglio regionale toscano.
La norma è stata approvata, manco a dirlo, grazie ai voti favorevoli dei partiti di centro sinistra che sostengono la giunta comunale guidata dal piddino Eugenio Giani, tra cui il PD, il Movimento 5 Stelle e Italia Viva.
Come da prassi ormai consolidata, per cui il compito di preparare il terreno per giungere all’approvazione di leggi di massima controversia bioetica è affidato ai giudici della Corte Costituzionale, a fare giurisprudenza è stata una sentenza del 2019 con cui la Consulta dichiarò la non punibilità di chi, in determinate condizioni, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile che è causa di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili.
Il casus belli fu la morte procurata del tetraplegico dj Fabo, il quale, avendo manifestato la volontà di togliersi la vita e non potendolo fare in Italia, migrò in Svizzera accompagnato dal Cappato, il quale venne imputato per istigazione al suicidio e successivamente assolto.
Secondo la legge approvata dal consiglio regionale toscano, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024: il suicidio assistito è possibile quando la patologia è irreversibile, la persona vive sofferenze fisiche e psichiche che ritiene intollerabili, il paziente ha la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli ed è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Una commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti, formata da un medico palliativista, uno psichiatra, uno psicologo, un anestesista, un medico legale e un infermiere, avrà il compito di valutare la richiesta di accedere al suicidio assistito da parte dell’interessato.
La commissione, dopo aver appunto verificato la sussistenza dei requisiti e che il paziente abbia ricevuto informazioni adeguate circa la possibilità di accedere ad un percorso di cure palliative, redigerà la relazione finale con gli esiti dell’accertamento che invierà all’Azienda sanitaria, che a sua volta la comunicherà al malato.
La Toscana è la prima regione ad approvare una legge sul suicidio assistito ma non si tratta del primo caso di persone «aiutate» a morire dal Servizio sanitario nazionale.
Una donna affetta da sclerosi multipla progressiva è morta nelle scorse settimane in una località della Lombardia, a seguito dell’auto somministrazione di un farmaco letale fornito proprio dal Sistema sanitario nazionale. La Regione Lombardia, riferisce alla stampa l’Associazione Luca Coscioni, ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. Infatti, la cinquantenne lombarda ha avuto la possibilità di accedere alla procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani.
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È fin troppo facile prevedere che in poco tempo la possibilità di accedere al suicidio assistito verrà estesa a chiunque ne farà richiesta, secondo l’ormai noto meccanismo del piano inclinato.
È altresì molto probabile che il requisito della volontà espressa dall’interessato potrà ad un certo punto essere bypassata da quella espressa dai suoi parenti, dal suo tutore legale oppure direttamente dalle commissioni che per il momento si limitano a verificare che la richiesta da parte del paziente soddisfi i requisiti di legge.
Del resto, si illude chi pensa che la ratio di tali sentenze di morte sia rispettare la volontà di chi vive situazioni di estrema sofferenza fisica e psichica.
L’obiettivo della Necrocultura è convincere gli esseri umani ad autoeliminarsi. Nella migliore delle ipotesi.
Alfredo De Matteo
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