Economia

La Svizzera rifiuta la rivendicazione di Zelens’kyj sui beni russi confiscati

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La Svizzera ha respinto la  richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di consegnare i beni della Russia a Kiev per pagare i costi di ricostruzione.

 

Mentre la Svizzera ha congelato i beni russi in tandem con altre nazioni occidentali, la richiesta di Kiev era un «passo azzardato» per gli svizzeri.

 

Il presidente svizzero Ignazio Cassis ha affermato che è importante proteggere gli individui dal potere dello Stato e creare una base giuridica per la confisca dei fondi. Il portavoce del Dipartimento svizzero dell’Economia, dell’Istruzione e della ricerca, Fabian Maienfisch, ha dichiarato all’agenzia di stampa governativa russa RIA Novosti il ​​3 ottobre che ​«per il governo svizzero, la confisca di beni esclusivamente sulla base dell’appartenenza a uno Stato o dell’inclusione nell’elenco delle sanzioni» con il fine di «usarli per ricostruire l’Ucraina, attualmente non ha alcun supporto».

 

La Svizzera era intervenuta a maggio per fermare la riesportazione in Ucraina di munizioni prodotte nella Confederazione. Tuttavia, visto l’allineamento di Berna con l’Occidente. due mesi fa il ministero degli Esteri russo aveva fatto sapere di non considerare più la Svizzera come neutrale.

 

Come riportato da Renovatio 21gli affari tra Berna e Mosca sembrano tuttavia aumentati, probabilmente per via di maneggi dell’export delle Nazioni che hanno attivato le stupide sanzioni che stanno uccidendo le loro stesse economie, penalizzando incredibilmente i loro stessi imprenditori.

 

Due mesi fa il consigliere federale delle finanze elvetico Ulrich «Ueli» Maurer aveva dichiarato che il conflitto in Ucraina potrebbe degenerare in una «guerra nucleare in Europa».

 

Recentemente un membro dell’Intelligence svizzera ha invitato a «non sottovalutare Putin» perché «farà quel che dice».

 

La più grande confisca di beni russi è stata di certo il blocco dei 300 miliardi di dollari della Banca Centrale Russa presenti sulle banche estere, una misura che è definibile come il primo vero atto di «guerra economica» della storia umana. Secondo il Financial Times, all’ideazione di questo attacco alla Russia avrebbe preso parte, oltre ad Ursula Von der Leyen, anche l’italiano Mario Draghi, forte della sua posizione di ex capo della Banca Centra Europea.

 

 

 

 

Immagine di Wladislaw Sojka via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY 3.0)

 

 

 

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