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La processione del Corpus Domini in Giappone

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Domenica 2 Maggio una luce inaspettata ha improvvisamente preso a brillare nelle strade di Omiya, città situata circa 40 km a nord di Tokyo, nella prefettura di Saitama.

 

Attorno alle 12, conclusasi la Messa, si è tenuta la processione del Corpus Domini nonostante l’imminente minaccia di acquazzoni.

 

La pioggia sarebbe arrivata più tardi: l’aiuto dall’alto ha fatto sì che la processione avesse luogo senza intoppi, con l’aiuto di quattro poliziotti locali impegnati a gestire il traffico.

 

Mentre un piccolo coro cantava il Pange Lingua, i bambini lanciavano petali di fiori all’Eucaristia.

 

(Ovviamente i fedeli hanno provveduto a spazzare la strada una volta terminatala cerimonia)

 

 

 

Si è trattato di un percorso di poco più di quindici minuti attorno alla cappella dove viene celebrata la Santa Messa tradizionale ogni domenica, ma vedere gli sparuti cattolici locali assieme a molti fedeli stranieri seguire senza paura l’Eucaristia lungo le strade della prefettura di Saitama è stata una grandissima emozione.

 

È necessario premettere che in Giappone l’adesione manifesta ad una qualsiasi religione – definita nella lingua anche come «setta» – è vista con un certo sospetto, eredità della laicissima costituzione scritta dagli occupanti massoni statunitensi, e ancora di più dall’attentato al gas nervino commesso dalla setta Aum Shinrikyo nella metropolitana di Tokyo 30 e più anni fa.

 

Anche l’associazione buddhista Soka Gakkai, diffusa in vari Paesi al mondo tra cui notoriamente l’Italia (dove dal 2015 gode dell’8 per 1000 grazie alla firma del governo Renzi), è ad esempio tutt’altro che benvista dal giapponese medio. Anche perché con essa si manifesta il paradosso di uno stato laico ed aconfessionale dove la maggioranza di governo è sostenuta dai voti di un partito (il Komeito) che è di fatto un’emanazione della suddetta setta, i cui appartenenti votano con trinariciuta fedeltà.

 

Bisogna quindi capire la posizione di un cattolico giapponese, diviso tra la pressione sociale e la sua fede: mostrarsi apertamente cristiano in pubblico per un giapponese é anche oggi atto che richiede un certo coraggio. La pressione sociale che un nipponico sente è quasi inimmaginabile per un occidentale, quindi bisogna ammirare quanti si sono uniti alla processione del Corpus Domini domenica scorsa.

 

Ancora di più vanno ammirati quanti, in una domenica piovosa dell’autunno, si sono inginocchiati per un rosario di riparazione di fronte al Geidai Art Plaza di Ueno.

 

 

Il locale in questione è una commistione di caffè, galleria d’arte e negozio, gestito dalla contigua Università delle Belle Arti, che in quei giorni aveva infelicemente scelto di esporre un’opera stupidamente offensiva e blasfema.

 

Gli appelli di aiuto al vescovo di Tokyo erano rimasti senza risposta, quindi la comunità che frequenta la Messa tridentina ha scelto di pregare un rosario di riparazione di fronte al locale stesso.

 

Le seguenti reiterate proteste (guidate da padre Demornex, per lo scrivente il miglior confessore che un cristiano possa desiderare) hanno portato prima ad un occultamento dell’opera dietro ad una tenda e successivamente alla sua rimozione.

 

Valga come lezione: non dobbiamo avere paura di manifestare e difendere la nostra fede.

 

Ricordo con affetto quando attraversando l’incrocio che da Ochanomizu porta a Jimbocho ho incontrato lo sguardo di un uomo in abiti da ufficio che camminava con il Rosario in mano.

 

Il sorriso su quel volto me lo porto ancora dietro.

 

Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo

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