Cina

La politica zero-COVID di Xi Jinping affonda il PIL cinese

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I rigidi lockdown hanno rallentato la crescita allo 0,4% nel secondo trimestre. Quasi irraggiungibile l’obiettivo di crescita del 5,5% per fine anno. Pechino punta agli investimenti nelle infrastrutture per la ripresa. In attesa del 20° Congresso del Partito comunista, Xi ha bisogno di un recupero dell’economia.

 

 

La politica zero-COVID di Xi Jinping, con rigidi lockdown e ripetuti test di massa, ha affondato il prodotto interno lordo cinese nel secondo trimestre dell’anno.

 

Secondo dati ufficiali, nel periodo aprile-giugno il PIL nazionale è cresciuto su base annua solo dello 0,4%, un livello molto più basso delle previsioni degli esperti, che lo fissavano attorno allo 0,9-1%.

 

È la peggiore performance dell’economia cinese dal 1992, escluso il -6,9% del primo trimestre 2020, nel pieno della prima ondata pandemica. Se si guarda al primo trimestre dell’anno, il quadro è anche peggiore, con una contrazione economica del 2,6% (le aspettative erano di un -1,5%).

 

Le previsioni sono per un lento miglioramento da qui a fine anno, ma le prospettive sono minacciate dai rischi di recessione mondiale, problemi nelle catene globali di approvvigionamento e il continuo riaffiorare di focolai di COVID-19 nel Paese.

 

Ai ritmi attuali tutti gli analisti sono concordi che Pechino non riuscirà a raggiungere l’obiettivo di crescita annuale stabilito al 5,5%; nel primo semestre si attesta al 2,5%.

 

Per provare il recupero, Pechino punta a un vasto piano di investimenti infrastrutturali, che dovrebbe aggirarsi sui 500 miliardi di yuan (circa 74 miliardi di euro).

 

Le autorità cinesi sottolineano il miglioramento dell’economia a giugno dopo la fine del lockdown a Shanghai e Pechino. Lo scorso mese la produzione industriale è cresciuta in un anno del 3,9%, gli investimenti fissi del 6,1% e soprattutto i consumi del 3,1%.

 

Rispetto a maggio la disoccupazione è scesa dal 5,9 al 5,5%, ma quella giovanile è esplosa al livello record del 19,3%. Numeri che rischiano di mantenere bassi i consumi, confermando anche un evidente problema sociale riguardo ai giovani.

 

Osservatori fanno notare anche che i prezzi delle case e gli investimenti immobiliari sono calati: un ulteriore ostacolo alla ripresa. Il governo ha poi poco margine per tagliare i tassi d’interesse e immettere liquidità nel mercato interno. I tassi sono già bassi e un ulteriore ribasso spingerebbe gli investitori verso i titoli Usa che danno rendimenti maggiori.

 

Senza un deciso recupero, Xi potrebbe vedere la sua posizione indebolirsi in attesa del 20° Congresso del Partito comunista cinese del prossimo autunno, obbligandolo ancor di più a trovare un compromesso con i suoi oppositori nel Partito per rimanere al potere.

 

 

 

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