Bioetica

La «morte assistita» potrà mai essere completamente autonoma?

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Il rispetto dell’autonomia, ancor più della paura del dolore, è la ragione fondamentale per cui l’argomento della «morte assistita»è stato così potente. Ma la decisione di scegliere deliberatamente la morte sarà mai completamente autonoma?

 

In un impressionante articolo su Psychiatric Times, due psichiatri, Ronald Pies e Cynthia Geppert, sostengono in modo convincente che non lo è. (Giù di cappello per Alex Schadenberg)

 

Essi avanzano diverse ragioni per criticare quello che chiamano «il mito dell’autonomia».

 

1) Amministrativo. I pazienti sono ancora coinvolti in una rete di requisiti procedurali: diagnosticare la loro malattia, confermare la diagnosi, decidere se sono veramente malati terminali, scrivere la prescrizione, etc. È più un esercizio dell’autonomia del medico. «L’intero processo della PAS [Physician Assisted Suicide, suicidio medico assistito, ndr] dipende in modo critico dall’autorità di altri potenti che devono approvare (o porre il veto) a ogni decisione lungo il percorso», scrivono.

 

2) L’autonomia è solo uno dei quattro principi etici universali e fondamentali della bioetica contemporanea. Le altre, nell’approccio ampiamente utilizzato dalla Bioetica principialista, sono la beneficenza, la non maleficenza e la giustizia.

 

L’autonomia domina in una società dei consumi. Tuttavia, l’autonomia, come principio dell’etica medica, ha un’impronta marcatamente anglo-americana. Si adatta a disagio con altre culture, in particolare popoli indigeni e latinos, in particolare per le decisioni di fine vita.

 

3) Le leggi formulate per legalizzare il suicidio assistito negli Stati Uniti non tengono conto delle dinamiche familiari quando si valuta se il paziente sta prendendo una decisione veramente autonoma. Né valutano l’autonomia al momento dell’assunzione del farmaco letale – che è il momento che conta.

 

4) L’autonomia razionale ha sia una dimensione cognitiva che una dimensione emotiva. I pazienti che sono pienamente consapevoli di ciò che stanno facendo possono avere una visione distorta della realtà. I malati di cancro, ad esempio, potrebbero fare supposizioni errate come «Nessuno può aiutarmi» o «Nessuno capisce cosa sto passando». L’assenza di depressione clinica non esclude la demoralizzazione e la disperazione. «La genuina autonomia razionale e l’autentico volontariato sono spesso indeboliti da sottili fattori cognitivi ed emotivi che possono essere persi con strumenti di valutazione standard basati sulla cognizione».

 

 

Michael Cook

Direttore di Bioedge

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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