Cina

La giunta birmana mina le aree attorno ai gasdotti e oleodotti diretti in Cina

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Il governo militare golpista della Birmania ha minato terreni attorno ai gasdotti e agli oleodotti che portano nello Yunnan, la provincia cinese confinante.

 

Sin dal colpo di Stato di un anno fa, seguito dalla guerra civile, Pechino ha chiesto ai militari birmani di proteggere i suoi vasti interessi nel Paese.

 

Gli oleodotti e gasdotti dalla costa del Rakhine alla Cina sono stati costruiti nel 2011 e sono entrati in funzione nel luglio 2013. Un terzo del gasdotto di 793 km si trova nello Stato Shan settentrionale.

 

I sentimenti anti-cinesi sono aumentati in Myanmar dopo il colpo di stato militare dello scorso febbraio e molti credono che Pechino abbia contribuito al colpo di Stato.

 

La Cina ha quindi esortato il regime ad aumentare la sicurezza dell’oleodotto, secondo documenti trapelati sui social media nel marzo dello scorso anno, riferisce il sito di notizie Irrawaddy. Secondo quanto riferito, Pechino avrebbe quindi esortato il regime di Rangoon a impedire che le storie negative sulla Cina apparissero sui media indipendenti del Myanmar.

 

«Coltiviamo riso e mais nei campi adiacenti ai boschi. I nostri bufali pascolavano in quei boschi. Colpisce i nostri mezzi di sussistenza. I soldati della giunta hanno affermato di aver posato mine per prevenire possibili attacchi da parte delle forze di difesa popolari. Hanno detto che li avrebbero rimossi una volta terminato il loro dovere. Hanno ignorato le nostre richieste di non piantare mine vicino al villaggio”, ha detto a Irrawaddy un residente di Hsipaw, dove il regime avrebbe mandato una ventina di soldati per piazzare le mine.

 

«Ci preoccupiamo quando vediamo i soldati. Se si dimenticano di rimuovere le mine, non saremo mai al sicuro».

 

I residenti dicono di non poter più raccogliere risorse nei boschi e hanno paura di coltivare nelle terre adiacenti.

 

Nessuna protesta internazionale pare levarsi contro la giunta della Birmania, dove si parla già di diecine di migliaia di sfollati negli scontri tra militari e ribelli contrari al golpe militare.

 

Poche settimane fa si è avuto il «Natale» di sangue per la popolazione cristiana dei Karen, dove almeno 35 Karen cattolici sono stati bruciati vivi.

 

A inizio dicembre 2021 sono circolate altre immagini raccapriccianti di 11 persone arse vive nella regione centrale di Sagaing. Secondo le testimonianze, si sarebbe trattata di una vendetta dei militari su abitanti locali, che hanno reagito ad un attacco dei combattenti ribelli «uccidendo brutalmente chiunque trovassero».

 

 

 

 

Immagine di Department of Foreign Affairs and Trade via Flickr pubblicata su licenza Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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