Persecuzioni

La classifica delle persecuzioni anticristiane nel mondo: Nord Corea in cima alla lista

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Pyongyang torna in cima alla classifica dei Paesi più pericolosi per i cristiani stilata dall’ong internazionale. L’India il Paese con il numero maggiore di arresti registrati: ben 1750 in un anno. Preoccupa l’espansione del “modello Cina” nella subordinazione della libertà religiosa alla “stabilità e sicurezza”. Nel mondo 1 credente in Gesù ogni 7 vive in un Paese dove la discriminazione è alta; 5.621 quelli uccisi in dodici mesi.

 

 

 

Sono oltre 360 milioni nel mondo (1 ogni 7) i cristiani che sperimentano nel proprio Paese un livello perlomeno alto di persecuzione e discriminazione a causa della propria fede. E l’Asia e il Medio Oriente, insieme all’Africa, figurano ai primi posti di questa triste classifica. È quanto emerge dai dati dell’annuale rapporto 2003 dell’ONG internazionale Open Doors, diffusi oggi, che prendono in esame le violazioni della libertà religiosa registrate nel mondo tra il 1 ottobre 2021 e il 30 settembre 2022.

 

Mettendo in fila tante notizie di diverse fonti – tra cui anche quelle diffuse da AsiaNews – il rapporto ogni anno stila la classifica dei Paesi dove è più pericoloso essere cristiani. In termini assoluti nell’arco di tempo esaminato sono stati 5.621 i cristiani uccisi per cause legate alla fede di cui si è avuto notizia nel mondo (15 ogni giorno), 4.542 i cristiani arrestati, 5.259 quelli rapiti, 2.110 le chiese e gli edifici cristiani attaccati. Ma lo studio tiene conto anche di altri indicatori di persecuzione come l’oppressione ideologica, il fondamentalismo islamico o altre forme di nazionalismo religioso.

 

In assoluto nel mondo è la Corea del Nord il Paese dove la situazione risulta essere più grave: per l’arco di tempo preso in esame viene registrato addirittura il più alto di persecuzione nei trent’anni di compilazione del rapporto di Open Doors.

 

L’entrata in vigore della Legge contro il pensiero reazionario, infatti, ha portato all’aumento degli arresti di cristiani e alla scoperta e conseguente chiusura di un maggior numero di chiese nascoste.

 

Essere arrestati significa andare incontro a esecuzione o detenzione in campi per prigionieri politici, in cui i carcerati rischiano di morire di fame e di subire torture e abusi di ogni tipo, anche sessuali.

 

La legge considera reato la pubblicazione di qualsiasi materiale di origine straniera in Corea del Nord e viene utilizzata anche per motivare la ricerca e confisca di Bibbie o qualsiasi altro materiale cristiano, sia cartaceo sia elettronico.

 

Il testo cita la testimonianza di Timothy Cho, profugo nordcoreano fuggito dal Paese: «i cristiani sono da sempre al centro degli attacchi del regime. L’obiettivo è spazzare via ogni cristiano dal Paese. Un solo dio è ammesso in Corea del Nord: la famiglia Kim».

 

Tra i primi dieci Paesi del mondo dove secondo Open Doors è più pericoloso essere cristiani – guardando all’Asia e al Medio Oriente – figurano lo Yemen al terzo posto, Pakistan al settimo, l’Iran all’ottavo e l’Afghanistan al nono. Su quest’ultimo Paese – paradossalmente – i parametri in base ai quali Open Doors stila la propria classifica, legati anche al numero di violenze registrate, mostrano un miglioramento che è però solo apparente: è dato principalmente dal fatto che i talebani dichiarano che la presenza dei cristiani è stata totalmente debellata e i pochi rimasti vivono totalmente nascosti.

 

L’India, all’undicesimo posto della classifica, è comunque ricompresa tra i paesi dove la persecuzione è definita «estrema». Nel periodo in esame – in particolare – New Delhi fa registrare il record di detenzioni di cristiani senza processo per ragioni legate alla propria fede (1.750).

 

Sulla Cina – collocata al sedicesimo posto tra i Paesi dove è più forte la persecuzione contro i cristiani – il rapporto constata come in maniera preoccupante stia diventando un «modello» anche per tanti altri Paesi per ridefinire al ribasso gli standard sui diritti umani. «Usando il linguaggio della “stabilità” e della “sicurezza” – osserva – gli autocrati esercitano un’immensa pressione sui leader ecclesiastici in risposta al loro persistente appello al rispetto dei diritti umani, alla libera partecipazione della società civile, allo stato di diritto e alla trasparenza delle elezioni. Coloro che si rifiutano di sostenere il partito al potere possono essere bollati come “disturbatori”, “perturbatori della pace” o addirittura “terroristi”».

 

Il rapporto, infine, sottolinea la crescita della dinamica persecutoria in Myanmar, per numero di persone costrette a lasciare le proprie case o nascondersi o fuggire dal Paese (oltre le 100mila), per numero di case, negozi e proprietà di cristiani distrutte o attaccate (oltre le 1.000), per numero di chiese ed edifici cristiani attaccati, segno che la svolta autoritaria della giunta militare ha preso di mira alcune minoranze percepite come disturbatrici per il semplice fatto di professare la fede cristiana.

 

 

 

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