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La Cina vuole salvare il tasso di natalità in picchiata con i contributi alla gravidanza. A quando la riproduzione artificiale di Stato?

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Il mese scorso i funzionari cinesi hanno annunciato che il 2022 ha segnato il primo calo della popolazione totale in sei decenni, dopo che 9,56 milioni di persone sono nate contro 10,41 milioni di morti.

 

Ora, il paese affronta un declino della popolazione combinato con un aumento di lunga data dell’aspettativa di vita, che potrebbe portare a una crisi demografica di vasta portata per la seconda economia più grande del mondo.

 

La Cina è, in breve, un candidato perfetto per quello che chiamano l’implosione demografica: contrariamente alle balle sulla sovrappopolazione, che ancora circolano alla grande, il problema per il futuro del mondo è invece rappresentato dalle poche nascite, un tema sul quale dobbiamo dire che Elon Musk in questi anni si è speso in modo aperto ed eloquente.

 

La Cina ha contribuito da sé a questa sua catastrofe, implementando per decenni la politica del figlio unico, che ha portato con probabilità a decine, se non centinaia, di milioni di aborti forzati – la Repubblica Popolare Cinese si erge sopra un enorme cimitero di suoi cittadini non nati, piccoli innocenti sacrificati per la politica decisa dai vertici di Pechino, o forse non solo da quelli: non è noto che la politica del figlio unico nacque quando uno scienziato missilistico cinese, Song Jian, fu avvicinato da agenti del Club di Roma (il consesso antinatalista dei potenti mondiali creato da Aurelio Peccei con i Rockefeller ed altri) che gli parlarono di simulazioni al computer che mostravano il crollo della Cina popolare nel caso non fosse stato proibito ai cittadini di fare più di un figlio.

 

Deng Xiaoping – il macellaio di Tian’anmen, che però per qualche ragione piaceva assai al potere occidentale che lo festeggiava come «riformista» preparando l’ingresso della Cina nel WTO – ascoltò il suo scienziato balistico e da allora iniziò la strage massiva degli innocenti cinesi (anzi, spesso, delle innocenti, in quanto gli aborti possono essere stati, in larga parte, sesso-selettivi) e di fatto l’implosione demografica della Cina.

 

Ora, per contrastare il crollo del tasso di fertilità, i funzionari cinesi hanno allentato la politica del figlio unico del Paese (prima due, poi tre figli) e offerto incentivi alle famiglie per riprodursi, ma nulla ha funzionato come doveva.

 

Alcune province stanno cercando di andare oltre, inclusa una che ora incoraggia le persone ad avere tutti i bambini che vogliono, anche se non sono sposate. Nella maggior parte del Paese, alle madri single vengono negati i sussidi governativi spesso offerti alle coppie sposate.

 

Nella città tecnologica di Hangzhou, sede di Alibaba, il governo sta ora dando ai genitori di un terzo figlio 20.000 yuan, cioè circa 3000 euro, come sussidio una tantum. Un secondo figlio potrebbe far guadagnare ai genitori circa 700 euro.

 

Nel sud della Cina, la città di Wenzhou – dalla cui provincia cui provengono la totale maggioranza di immigrati cinesi in Italia – ha in programma di offrire ai nuovi genitori circa 400 euro di sussidi per bambino, mentre la città nord-orientale di Shenyang offre fino a 72 euro mese fino a quando un bambino non ha tre anni.

 

A Shanghai e nello Shanxi, i funzionari hanno aumentato il numero di giorni di congedo matrimoniale retribuito – permessi concessi alle coppie se si sposano – da tre giorni a un massimo di 30 giorni, riporta il People’s Daily Health.

 

Tuttavia, il problema sta nella mancanza di volontà delle coppie ad avere figli nonostante i contributi offerti dallo Stato: «tali incentivi fanno poco per affrontare le ansie relative al sostegno dei loro genitori anziani e alla gestione dei crescenti costi dell’istruzione, dell’alloggio e dell’assistenza sanitaria» scrive un articolo del New York Times.

 

In un sondaggio del 2022 condotto su circa 20.000 giovani cinesi di età compresa tra i 18 e i 25 anni, due terzi hanno affermato di non volere figli, con i demografi che suggeriscono che le pressioni e i costi associati al sistema educativo cinese sono un fattore importante. Hanno suggerito cose come accorciare la scuola di due anni e liberarsi del concorso per entrare nella scuola superiore.

 

«La politica dei due figli ha fallito. La politica dei tre figli ha fallito», ha detto al NYT il ricercatore dell’Università del Wisconsin-Madison, Yi Fuxian, che studia le tendenze della popolazione cinese. «Questo è il naturale passo successivo».

 

Più della politica del figlio unico, può la Necrocultura – in questo caso, nella sua declinazione di lifestyle infertile, corredato magari con tutte le scusanti economiche e fiscali del caso.

 

Ciò era vero già prima, quando, nonostante l’obbligo di non figliare, il livello di figli per donna in Cina era superiore a quello del Giappone e dell’Italia, fermo tra gli 1,1 e 1,3 bambini per ogni femmina.

 

Sterilizza più una cultura di fine settimana con voli low-cost che non un editto del Partito Comunista Cinese. Sterilizza di più la prospettiva dei costi di asili e scuole che non un obbligo militarizzato di non far figli.

 

Ogni anno in Cina già nascono almeno 200 mila bambini creati in laboratorio. Un singolo ospedale può arrivare a tenere in azoto liquido anche 100 mila embrioni crioconservati. È facile pensare che gli embrioni disponibili possano quindi essere già diversi milioni.

 

Ad ogni modo, essendo che siamo su Renovatio 21, non possiamo esimerci dal pensare che non passerà molto prima che la Cina passerà a risolvere il suo problema di mancate nascite con la riproduzione totalmente artificializzata, magari di bambini geneticamente «migliorati» eugeneticamente. Come riportato, il biofisico He Jiankui, messo in cella per aver creato le famose supergemelle CRISPR, ora è uscito di prigione – ben prima, tuttavia, erano usciti sospetti sulla spinta che nella creazione delle prime bambine bioingegnerizzate ufficialmente presentate al mondo ci potesse essere il Partito Comunista Cinese.

 

L’eugenetica non è una brutta parola in Cina. Yousheng, lemma formato dal carattere 优 (yōu) che significa «eccellente, superiore» e da 生 (shēng) che significa «nascere, far nascere, vivere». volendo, traduciamo pure come «nascita superiore» o «vita superiore». «Supernascita».

 

Sappiamo delle accuse americane nei confronti di un programma cinese di creazione di supersoldati; sappiamo anche quanto si diceva all’epoca riguardo all’altissimo campione della pallacanestro internazionale Yao Ming…

 

Ora, con gli uteri artificiali in arrivo e gli esperimenti di gametogenesi dove si ottengono topolini da ovuli non fecondati ma alterati con il CRISPR, quanto ci vorrà perché la Repubblica Popolare si fabbrichi da sé i suoi cittadini?

 

 

 

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