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La Cina risponde alla minaccia del presidente eletto argentino Milei di rompere i rapporti fra i Paesi

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La Cina ha risposto ai piani annunciati dal presidente eletto argentino Javier Milei di rompere i legami – perlomeno commerciali – con Pechino.

 

Durante la conferenza stampa del ministero degli Esteri cinese del 21 novembre, la portavoce ministeriale Mao Ning ha risposto a una domanda sulle dichiarazioni rilasciate dal probabile ministro degli Esteri di Milei, Diana Mondino, sulla mancata adesione dell’Argentina ai BRICS.

 

Secondo quanto riferito, la Mondino aveva affermato che c’erano alcune interpretazioni errate sulla politica estera di Milei, tuttavia la Mao aveva affermato che «nessun paese potrebbe uscire dalle relazioni diplomatiche ed essere ancora in grado di impegnarsi nel commercio e nella cooperazione economica. Sarebbe un grave errore di politica estera da parte dell’Argentina tagliare i legami con paesi importanti come la Cina o il Brasile. La Cina è l’importante partner commerciale dell’Argentina».

 

Il neoeletto governo argentino apprezza le sue relazioni con la Cina, ha continuato Mao, «soprattutto i legami commerciali tra i due Paesi».

 

La Cina è il secondo partner commerciale dell’Argentina e il più grande mercato di esportazione per i prodotti agricoli argentini, ha continuato la Mao, sottolineando che la complementarità economica tra loro significa che esiste «un grande potenziale di cooperazione. La Cina è pronta a lavorare con l’Argentina per mantenere le nostre relazioni su una rotta costante».

 

Il 21 novembre, il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times aveva osservato che lo slancio esistente dei legami economici tra i due Paesi significa che la nuova situazione «non costituirà e non dovrebbe costituire un ostacolo alla cooperazione bilaterale». La Cina vuole continuare a lavorare con l’Argentina per garantire stabilità e sviluppo a lungo termine nelle relazioni bilaterali.

 

Si nota chiaramente che, a causa degli stretti legami, la Cina si è impegnata a diversi importanti progetti di investimento in Argentina, e che l’adesione dell’Argentina alla Belt and Road Initiative – la cosiddetta «Nuova via della seta» – reca seco 23 miliardi di dollari in accordi di investimento e cooperazione.

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Il Global Times ricorda al nuovo governo che queste relazioni commerciali e di investimento sono cruciali per lo sviluppo economico e sociale dell’Argentina, quindi anche se ci sono fluttuazioni politiche a breve termine nel paese, «è ancora giustificato che il nuovo governo assicuri il giusto trattamento degli investimenti cinesi».

 

Sebbene i rischi per gli investimenti cinesi debbano essere considerati, afferma il Global Times, «abbiamo il diritto di chiedere che l’Argentina rispetti gli accordi già firmati da entrambe le parti e si assuma le proprie responsabilità in conformità con i contratti».

 

Gli interessi delle aziende cinesi non dovrebbero essere danneggiati «a causa di un nuovo governo o di differenze politiche tra i due Paesi», scrive l’house organ del PCC.

 

Il Milei ha detto che rispetterà gli accordi già firmati in Argentina da aziende cinesi.

 

Sei mesi fa nel corso di un incontro oggi a Shanghai con i dirigenti della Tsingshan Holding Group, il ministro delle finanze argentino Sergio Massa, sfidante di Milei all’ultima tornata per la presidenza, aveva riferito che avrebbe annunziato un nuovo accordo in base al quale le aziende cinesi potranno investire in Argentina in yuan, aggirando il sistema del dollaro.

 

Il commercio de-dollarizzato fu poi discusso tra i presidenti di Argentina e Brasile, con Buenos Aires pronta a pagare in yuan. C’è da notare come la politica dell’ultra-liberista Milei sia opposta: vuole la dollarizzazione integrale dell’economia argentina.

 

Oltre alle grandi coltivazioni di soia e al manzo, la Cina in Argentina avrebbe investito in un osservatorio astronomico, che taluni accusano essere una sorta di base per lo spionaggio per le comunicazioni dell’emisfero meridionale.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2020, durante l’ottava marcia auto-organizzata contro l’amministrazione kirchnerista, venne scandito lo slogan «Fuori la Cina». In Argentina si registrarono attacchi contro gli immigrati cinesi, il cui Paese è ritenuto da più parti responsabile dello scoppio della pandemia da COVID-19.

 

La Cina invece incolpò brevemente l’Argentina, e altri Paesi, di essere la vera origine della pandemia del coronavirus, arrivato nel Regno di Mezzo, dissero, con il pesce surgelato e carne dal Sudamerica.

 

Più tardi, i cinesi se la presero pure con il gelato, inventando di fatto il «gusto Coviddo».

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Immagine di Cancillería Argentina via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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