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La Chiesa Ortodossa Macedone torna in comunione col resto del mondo ortodosso

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Il 16 maggio 2022 il Santo Sinodo del Patriarcato di Serbia ha annunziato il completo risanamento dello scisma perdurante dal 1959 con la Chiesa di Macedonia, fino a quell’anno soggetto autonomo sotto la giurisdizione del Patriarcato Serbo (il quale, in seguito alla riorganizzazione delle giurisdizioni nei Balcani del 1920, aveva ottenuto giurisdizione su tutto il territorio della futura Jugoslavia, allora ancor denominato Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni).

 

Lo scisma era stato fomentato dalle autorità socialiste locali, soprattutto al fine di indebolire il potere della Chiesa di Serbia.

 

Dopo la caduta del comunismo e le guerre dei Balcani, la Chiesa macedone ha cercato in vari modi di essere riaccreditata all’interno del mondo ortodosso, soprattutto attraverso la Chiesa di Bulgaria (che anticamente aveva la giurisdizione canonica sulla Macedonia stessa, dalla sua creazione fino al 1767, quando fu soppressa per volere del Sultano, e poi di nuovo dalla sua ricreazione come esarcato nel 1870 fino al 1920), la quale aveva tuttavia rifiutato di frammettersi nella delicata questione, di competenza canonica della Chiesa serba.

 

Le autorità politiche della Macedonia del Nord, d’altro canto, intrattenevano stretti rapporti con il Patriarca Bartolomeo, chiedendo che fosse lui a riconoscere la Chiesa macedone; in questo modo, peraltro, speravano di poter indirizzare la Chiesa su una posizione filo-atlantista, in linea con l’esecutivo, allontanandola dall’anti-atlantismo che caratterizza invece la Chiesa serba.

 

Nel 2019 è scoppiato uno scandalo internazionale, in quanto due burloni russi hanno pubblicato una registrazione del primo ministro macedone Zoran Zaev che si diceva pronto a corrompere il patriarca Bartolomeo per l’accettazione dell’autocefalia macedone, un piano che – stando all’intercettazione – vedeva anche la complicità dell’ex primo ministro greco Alexis Tsipras. 

 

Nulla si è più saputo fino agl’inizi di maggio 2022, quando un’agenzia stampa della Chiesa macedone comunicava che dei colloqui diplomatici erano in corso con rappresentanti di Belgrado.

 

Il Patriarcato di Costantinopoli (il Fanar), spaventato forse dall’idea di perdere l’occasione offertagli da Zaev, si è subito affrettato, il 9 maggio, a emettere un tomos di riconoscimento dell’autocefalia della Chiesa macedone, alle solite condizioni.

 

Queste «solite condizioni», già ben note per la questione ucraina, comprendevano la sottomissione formale a Costantinopoli e il divieto di curare le parrocchie macedoni in diaspora, che sarebbero state di competenza esclusiva del Fanar.

 

Inoltre, era aggiunta una clausola per cui il nome ufficiale della Chiesa sarebbe stato quello di «Arcidiocesi autocefala di Ocrida», senza riferimento veruno al nome Macedonia, che per un greco come Bartolomeo sarebbe un affronto riconoscere a un soggetto non ellenico.

 

Bartolomeo ha voluto giocare d’anticipo, come in Ucraina, sfruttando l’appoggio del potere politico locale per fare un colpo di mano a favore suo e della NATO. Non c’è però riuscito, anche perché la situazione macedone è completamente diversa da quella ucraina: se in quest’ultimo paese la «Chiesa autocefala» è un soggetto autoproclamato e privo di ordini sacri, in Macedonia si trattava di una branca della chiesa canonica serba da essa staccatasi, dunque con sacramenti validi benché in stato di scisma.

 

In questo modo, il 16 maggio, al termine dei colloqui, il Patriarcato di Belgrado ha potuto annunciare il risanamento dello scisma, reintegrando Skopje nella Chiesa Serba, con ampie concessioni (tra cui il diritto di mantenere la propria diaspora); il giorno successivo il Patriarca di Belgrado Porfirio e l’Arcivescovo di Ocrida Stefano hanno concelebrato la Divina Liturgia nella capitale serba, annunziando l’avvenuta riconciliazione.

 

Nella giornata del 24 maggio, infine, il Santo Sinodo di Serbia ha stabilito che la Chiesa macedone otterrà lo status di autocefalia completa, con modalità e tempistiche in fase di discussione.

 

In tutti i documenti ufficiali della riconciliazione, si usa la denominazione «Chiesa macedone», dunque non esistendo alcun soggetto denominato «Arcidiocesi autocefala di Ocrida» con cui il Fanar sarebbe in comunione.

 

Il colpo di mano fanariota appare dunque pienamente fallito, e anzi Bartolomeo ora si troverà a dover «lavare i panni sporchi» in casa greca, con la gerarchia ateniese che non sarà certo lieta che la Chiesa di Skopje utilizzi il nome di Macedonia.

 

L’Arcivescovo Giovanni di Ocrida, che fino al risanamento dello scisma era il rappresentante della Chiesa Serba con formale giurisdizione sulla Macedonia (non venendo riconosciuta ovviamente la giurisdizione della Chiesa scismatica, quantunque i fedeli locali di fatto appartenessero in maggioranza a quest’ultima), ha commentato l’avvenuta riconciliazione come la fonte della «più grande gioia spirituale».

 

Egli e i restanti tre vescovi che costituivano la formale rappresentanza della Chiesa Serba in Macedonia si ritireranno come abati in alcuni monasteri sul territorio macedone, lasciando ai vescovi della neoriconciliata Chiesa autonoma locale la giurisdizione.

 

La Chiesa Macedone annovera all’incirca 2 milioni di fedeli: il 70% della popolazione macedone residente e alcune centinaia di migliaia in diaspora, distribuiti in oltre 2000 chiese, e conta una ventina di monasteri attivi; oltre all’Arcidiocesi primaziale di Ocrida (con sede a Skopje), annovera in sette diocesi nel territorio della Macedonia del Nord e quattro diocesi della diaspora (Malmö, Crow Point nell’Indiana, Melbourne e Sidney – queste ultime due prive di vescovo, amministrate in commenda rispettivamente dal vescovo di Prespa e da quello di Debar).

 

 

Nicolò Ghigi

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

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