Geopolitica

Kabul, le famiglie verso la morte per fame e freddo

Pubblicato

il

Un reportage da Kabul del Washington Post dell’8 gennaio descrive, con immagini forti, «una grande classe operaia urbana recentemente impoverita» le cui famiglie stanno, nella migliore delle ipotesi, comprando un poco carburante o pochissimo cibo ogni giorno, e gradualmente si congela e muore di fame.

 

«Molti mancano di un riparo solido e di soldi per riscaldare le loro case di notte», alimentando la stufa con trucioli o cartone per cercare di sopravvivere alla notte con temperature ben al di sotto dello zero e sempre più fredde.

 

La casa descritta dalla giornalista, dove vivono diversi bambini, è «gelida». La reporter cita un venditore di legna e carbone a Kabul, che dice: «le persone non possono permettersi di comprare ora e noi non possiamo permetterci di vendere. Il governo è crollato, le persone non hanno stipendi e l’economia è arrivata a zero».

 

In altri inverni, «anche la gente comune si portava a casa 100 chili [di legna] alla volta. Oggi sarò felice se vendo 20 chili entro la sera».

 

La maggior parte dei disperati urbani, scrive la Constable, non soddisfa i criteri dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la principale agenzia di distribuzione di aiuti oltre al Programma alimentare mondiale.

 

Un portavoce dice: «non sono rifugiati. Non sono stati cacciati dalle loro case, ma hanno perso il lavoro, non hanno risparmi e i loro sistemi di vita sono al collasso».

 

«In altre parole, vengono uccisi dalla pena di Washington» scrive EIR.

 

«Non sono nelle nostre liste, ma vengono e aspettano fuori dai siti di distribuzione, dicendo “E noi?”».

 

È interessante la nota sul governo talebano, che sebbene «non abbia quasi mezzi per aiutare i poveri, si è coordinato da vicino con i programmi di aiuti esteri, in gran parte fornendo scorte armate per i camion di rifornimenti e sicurezza per i siti di distribuzione affollati. Tutti i supervisori e i lavoratori dei siti sono afgani. Anche i funzionari che interagiscono con i poveri, come i bisognosi che si presentano alle porte del ministero per i rifugiati, trasmettono le loro richieste di aiuto».

 

La conclusione dell’articolo è stata dichiarata in anticipo: «i nuovi governanti del paese, tagliati fuori dalla maggior parte degli aiuti internazionali e dai beni del governo afghano detenuti nei conti degli Stati Uniti, non hanno risorse per proteggere milioni di persone vulnerabili da un altro rigido inverno».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’allarme per la fame e il freddo a Kabul erano iniziati già tre mesi fa.

 

La crisi umanitaria dell’Afghanistan è appena iniziata. E l’effetto domino sui Paesi limitrofi non è al momento calcolabile.

 

Il capolavoro diplomaticogeopoliticomilitareumanitario di Joe Biden deve insomma ancora mostrare la sua vera portata.

 

 

 

Immagine di Peretz Partensky via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

Più popolari

Exit mobile version