Geopolitica

Jake Sullivan coinvolto nella destabilizzazione della Georgia e del Caucaso meridionale

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La destabilizzazione della Georgia sta avanzando con l’incontro del 10 marzo del consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan con il presidente georgiano Salomé Zourabichvili, in cui ha dato l’avvertimento secondo cui la Georgia «dovrebbe evitare di diventare una via per l’evasione o l’adempimento» delle sanzioni imposte alla Russia, riporta un comunicato della Casa Bianca.

 

Gli USA tuttavia non usano solo il bastone, ma anche la carota, che in questo caso è la possibile adesione di Tbilisi alla UE: «hanno parlato della difesa del presidente Zourabichvili per un approccio unificato e inclusivo per realizzare le riforme necessarie per far avanzare la candidatura della Georgia all’adesione all’Unione Europea», scrive il comunicato.

 

Un punto centrale della preoccupazione di Sullivan era il progetto di legge che era stato presentato al Parlamento della Georgia che chiedeva alle organizzazioni non governative che ricevono più del 20% dei loro fondi da fonti estere di registrarsi come agenti di influenza straniera. Dal momento che Washington e Londra fanno molto affidamento su tali ONG come canali attraverso i quali lanciare una rivoluzione colorata in Georgia, proprio come hanno fatto in Ucraina e altrove, si sono opposte fermamente alle leggi.

 

Dopo che il 7 e 8 marzo a Tbilisi si sono svolte manifestazioni antigovernative ben orchestrate contro i progetti di legge, il governo ha ritirato i progetti di legge e il presidente Zourabichvili ha elogiato i manifestanti.

 

La Zourabichvili, va ricordato, è nata in Francia ed è diventata cittadina georgiana solo nel 2004, dopodiché è stata subito nominata ministro degli Esteri.

 

Sullivan e la Salomé quindi «hanno anche discusso la loro comune preoccupazione per il progetto di legge per registrare e stigmatizzare le organizzazioni della società civile per ricevere finanziamenti esterni, che potrebbero ostacolare l’importante lavoro di centinaia di ONG georgiane che lavorano per migliorare le loro comunità. Hanno accolto con favore la recente decisione del governo di ritirare i due disegni di legge» continua la dichiarazione della Casa Bianca.

 

Il disegno di legge in questione è in realtà modellato sul Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti, ma è una versione più morbida, ad esempio senza sanzioni penali. Richiede la registrazione e il rendiconto finanziario annuale delle organizzazioni senza scopo di lucro, straniere e/o dei media che ricevono oltre il 20% del suo sostegno dall’estero.

 

La Georgia – un’ex repubblica sovietica – ha 3,7 milioni di persone e quasi 8.000 organizzazioni senza scopo di lucro o non governative fondate all’estero, circa una ogni 460 persone. Per fare un paragone, gli Stati Uniti hanno 500 «agenti stranieri» attivi registrati sotto il FARA, per oltre 330 milioni di persone, ovvero uno ogni 660.000 persone circa.

 

Come scrive EIRN, «il National Endowment for Democracy degli Stati Uniti (NED), insieme alle operazioni di George Soros, rappresentano una parte non trascurabile degli stipendi dei georgiani».

 

Nel frattempo nella vicina Ossezia del Sud il ministero degli Esteri ha rilasciato una dichiarazione in cui mostra «seria preoccupazione» per la situazione in Georgia: «chiaramente, la grave crisi politica interna in corso [in Georgia], incitata dai curatori occidentali del Paese e dai suoi cosiddetti amici, può rappresentare una minaccia per la sicurezza e la stabilità nell’intera regione transcaucasica. Ciò è confermato dall’evoluzione degli slogan dei manifestanti, che sono andati ben oltre l’agenda interna della Georgia e hanno iniziato a chiedere una nuova offensiva contro l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia».

 

Secondo l’agenzia russa TASS, «ministero ha affermato che l’ex repubblica georgiana dell’Ossezia del Sud era seriamente preoccupata per gli sviluppi, “in particolare per quanto riguarda la natura di quelle proteste”, alimentate da “forze politiche distruttive sostenute dalle parti interessate occidentali»”.

 

«Il ministero ha proseguito affermando che per molti anni l’opposizione georgiana è stata sostenuta dalle potenze occidentali che perseguono “i propri interessi, volti a destabilizzare la situazione e demolire l’architettura di sicurezza, creata nella regione dopo [l’invasione georgiana dell’Ossezia meridionale nel] 2008″»

 

Come noto, nell’agosto 2008, le forze georgiane del presidente Mikheil Saakashvili attaccarono le forze di pace russe nella provincia separatista georgiana dell’Ossezia del Sud, provocando un breve conflitto con Mosca che la Georgia perse.

 

L’intervento russo in quel caso fu difeso in una conferenza congiunta con Putin da Silvio Berlusconi.

 

Nel 2008 NATO non andò in soccorso di Saakashvili, al potere durante la rivoluzione colorata georgiana del 2003 noto per le connessioni neocon USA Dopo un cessate il fuoco, il 26 agosto la Russia ha riconosciuto l’indipendenza sia dell’Ossezia del Sud, tra la Georgia e l’Ossezia del Nord in Russia, sia dell’Abkhazia, a ovest sul Mar Nero.

 

Il ministero degli Esteri dell’Ossezia meridionale ha espresso la convinzione che gli eventi in Georgia siano un anello della catena di crisi scoppiata in Nagorno-Karabakh, Transnistria e Bielorussia, riferisce l’agenzia TASS.

 

«Al momento, la situazione al confine dell’Ossezia del Sud con la Georgia è relativamente calma. Tuttavia, vorremmo mettere in guardia i guerrafondai di Tbilisi, che chiedono una risoluzione violenta dei problemi georgiani-osseti e georgiani-abkhazi, contro i tentativi di alimentare le tensioni. Molte questioni [bilaterali] rimangono ancora irrisolte e, pertanto, ciò crea un forte potenziale di conflitto», ha affermato il ministero osseto.

 

Jake Sullivan, già enfant prodige clintoniano, è oramai considerato l’eminenza grigia della geopolitica di Washington. Secondo il premio Pulitzer Seymour Hersh sarebbe tra i vertici che hanno programmato l’attacco di terrorismo internazionale di Stato al gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2.

 

Come riportato da Renovatio 21, vi sarebbero tuttavia impronte del suo lavoro in molti altri casi internazionali di questi anni, dallo scandalo Russiagate (in cui si accusava Trump di essere colluso con Mosca) alla distruzione della Libia di Gheddafi pianificata da Hillary Clinton..

 

 

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