Cina

Intelligence di Taipei: improbabile Pechino lanci invasione in autunno

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.

 

 

Smentito un presunto documento dei servizi segreti russi. Chen Ming-tong: è «guerra cognitiva» contro di noi. Xi Jinping vuole stabilità prima del 20° Congresso del Partito comunista cinese. Circa il 90% dei taiwanesi respinge gli sforzi cinesi per la riunificazione.

 

 

È «altamente improbabile» che la Cina tenti di invadere Taiwan in autunno.

 

Lo ha detto ieri al Parlamento Chen Ming-tong, direttore dell’intelligence taiwanese.

 

Il suo intervento ha voluto smentire le recenti rivelazioni di Vladimir Osechkin, a capo del gruppo umanitario Gulag Net, secondo cui Xi Jinping progettava di invadere l’isola il prossimo autunno, ma l’aggressione russa dell’Ucraina, e le difficoltà incontrate da Mosca sul campo di battaglia, avrebbero dissuaso il presidente cinese dal lanciare l’impresa.

 

Al riguardo Osechkin ha pubblicato un documento da lui attribuito a un analista dell’FSB, i servizi segreti interni della Russia.

 

Secondo Chen, il presunto report russo è parte di una «guerra cognitiva» contro Taiwan, senza chiarire però se la mossa sia opera del Cremlino o della Cina.

 

Il vertice dei servizi taiwanesi sostiene che Xi voglia stabilità alla vigilia del 20° Congresso del Partito comunista cinese, un modo per mettere al sicuro la sua nomina a un terzo, storico mandato al potere.

 

Chen non crede neanche che Pechino voglia adottare una «legge sulla riunificazione», in quanto fissare un termine per riprendere il controllo dell’isola metterebbe troppa pressione alla leadership cinese, alzando in modo drammatico la tensione tra le due parti.

 

Un provvedimento del 2005 «riconosce» alla Cina le basi legali per un’azione armata contro Taipei se il governo taiwanese dovesse dichiarare l’indipendenza o fosse sul punto di farlo.

 

La Cina considera Taiwan una «provincia ribelle», e non ha mai escluso di riconquistarla con l’uso della forza. L’isola è di fatto indipendente da Pechino dal 1949; all’epoca i nazionalisti di Chiang Kai-shek vi hanno trovato rifugio dopo aver perso la guerra civile sul continente contro i comunisti, facendola diventare l’erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912.

 

Un sondaggio condotto dal Centro per gli studi elettorali dell’università Chengchi rivela che la stragrande maggioranza della popolazione è contro gli sforzi cinesi per la riunificazione. Pubblicato oggi per conto dell’Ufficio taiwanese per gli affari con la Cina continentale, il rilevamento vede circa il 90% degli intervistati respingere le ripetute affermazioni di Pechino secondo cui Taiwan è parte della Cina.

 

L’88,6% appoggia il governo di Tsai Ing-wen nella sua ricerca di una più stretta cooperazione con altre democrazie per salvaguardare la pace lungo lo Stretto di Taiwan.

 

Al riguardo, la Lituania ha annunciato che entro metà anno aprirà un proprio ufficio di rappresentanza sull’isola. Dopo che lo scorso anno Taipei ha inaugurato una missione diplomatica a Vilnius con l’uso della parola «taiwanese», la Cina ha punito i lituani con il boicottaggio commerciale.

 

A gennaio l’Unione europea ha denunciato all’Organizzazione mondiale del commercio la politica coercitiva di Pechino nei confronti della repubblica baltica.

 

Più dell’80% delle persone intervistate crede infine che il futuro delle relazioni tra Taiwan e Cina dovrebbe essere deciso dai 23 milioni di taiwanesi.

 

 

 

 

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Immagine di U.S. Fleet via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)

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