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Instagram blocca la campagna di Kennedy. YouTube cambia politica e permette di criticare le elezioni 2020

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Il candidato presidente alle primarie del Partito Democratico USA Robert F. Kennedy jr. ha dichiarato su Twitter che la sua campagna è stata sospesa da Instagram, piattaforma social di proprietà di Meta, il colosso informatico di Mark Zuckerberg proprietario che controlla anche Facebook.

 

Un’immagine di accompagnamento mostra che Instagram avrebbe dichiarato di aver «sospeso» l’account «Team Kennedy» e che «rimangono 180 giorni per non essere d’accordo» con la decisione dell’azienda.

 

La censura subita dalla campagna del candidato Kennedy ha subito attirato l’attenzione del proprietario di Twitter Elon Musk, che ha risposto: «Ti piacerebbe fare una discussione su Spaces con me la prossima settimana?». Il Kennedy ha quindi acconsentito, dando come data indicativa lunedì alle 14:00. E.T.

 

Musk ha quindi comunicato che «il sistema viene aggiornato e testato in anticipo» prima dell’intervista di lunedì con Kennedy – una precisazione che arriva sull’onda delle polemiche per il fallimentare lancio della campagna del candidato repubblicano DeSantis fatta proprio su Twitter qualche giorno fa.

 

Più tardi, Kennedy ha scritto che Instagram «non ha ancora ripristinato il mio account, che è stato bandito anni fa con oltre 900.000 follower», sostenendo che «mettere a tacere un importante candidato politico è profondamente antidemocratico».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’account personale di Instagram del Kennedy era stato chiuso ancora due anni fa.

 

«I social media sono l’equivalente moderno della piazza cittadina», ha scritto il candidato, nipote dell’ex presidente John F. Kennedy. «Come può funzionare la democrazia se solo alcuni candidati vi hanno accesso?»

 

L’anno scorso l’organizzazione di Kennedy Children’s Health Defense fece sapere di essere stata depiattaformata da Facebook. «Un governo che può mettere a tacere i suoi critici ha la licenza per ogni atrocità», aveva commentato all’epoca Kennedy, che nel 2020 dimostrò in un articolo gli sforzi di controllo globale dell’informazione da parte di Bill Gates, di cui ricordò l’influenza su piattaforme come Facebook e Pinterest tramite il riferimento che quest’ultime fanno ad organizzazioni come l’OMS o gli enti di fact-checking che sono in larga parte finanziati dalla Fondazione Gates.

 

Nel frattempo, YouTube inverte la rotta sulla libertà di parlare della questione elettorale delle presidenziali 2020. Secondo un post pubblicato sul blog della piattaforma, sarebbe possibile ora discutere delle elezioni che i sostenitori di Trump hanno accusano di essere macchiate da brogli.

 

Il post di YouTube, che ricordiamo è di proprietà di Google, non dice che ci sarà un’amnistia retroattiva per le migliaia di video che sono già stati cancellati, o per gli account che sono stati demonetizzati o addirittura rimossi del tutto.

 

Mentre YouTube afferma che il cambiamento di politica deriva dal riconoscimento dell’importanza di avere discussioni aperte con le prossime elezioni generali statunitensi del 2024, la pressione sulla piattaforma da parte di Rumble, Twitter e Substack e altre piattaforme hanno sicuramente avuto un ruolo.

 

In particolare, Twitter è stata protagonista di un ultimo caso di censura, poi però risolto. Una dipendente della piattaforma aveva censurato il documentario What is a Woman, film di estremo successo dove l’opinionista Matt Walsh va in giro per il mondo a intervistare varie figure sul tema del gender e del transessualismo – nessuno degli intervistati, nemmeno Jordan Peterson, riesce rispondere a questa semplice domanda, solo la moglie di Walsh è, nel finale, in grado di farlo: una donna è «un essere umano adulto femmina».

 

La dipendente ha ammesso l’errore ed è stata licenziata. Di contro, Elon Musk, noto per le sue posizioni sulla questione transgender, ha promosso il documentario di Walsh.

 

 

 

Immagine da Twitter

 

 

 

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