Pensiero

Insipienza turistica e dittatura del parroco pandemico

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Come ho scritto in un articolo di qualche mese fa, nel biennio COVID alle celebrazioni della Santa Messa ne abbiamo viste di ogni.

 

Oggi che il regime pandemico parrebbe essersi attenuato, perlomeno nella quotidianità del comune cittadino, in alcuni luoghi sacri persistono situazioni grottesche e a volte paradossali.

 

Tre cresimandi si sono avvicinati all’altare con i rispettivi padrini per ricevere il Santo Sacramento e il ministro incaricato, con tanto di mascherina d’ordinanza, ha segnato i fedeli munito di un guanto di lattice sostituendolo per ognuno dei giovani.

 

Abbiamo inoltre contezza di parroci che negano la comunione in bocca a fedeli in ginocchio che giustamente si rifiutano di ricevere il Corpo consacrato di Nostro Signore in mano. A costoro viene negata l’ostia con dicendo «non posso, non posso. C’è il contagio».

 

Ora, non credo che al momento ci siano dei diktat da parte dei porporati in questo senso, quindi il prete ha deciso in totale autonomia questo discutibile gesto.

 

Frequentando la messa quotidianamente, non vado sempre nella stessa parrocchia, ma mi capita con piacere di andare in chiese diverse.

 

In una delle ultime a cui sono andato, nel portone d’ingresso vi è affisso un cartello che esorta i fedeli a indossare «obbligatoriamente» la mascherina per protegge gli anziani e i fragili, con assoluta noncuranza delle leggi di Stato. Piuttosto, non ci aveva pensato lo Stato stesso a proteggere i fragili con i pluridosaggi vaccinali? Questa è un’altra storia – fino ad un certo punto.

 

Mentre il delirio pandemico pare stia scemando, rimangono delle sacche di resistenza dure a morire. Ce le offrono, di loro sponte, serque di impenitenti parroci pandemici.

 

Vi è tuttavia un altro fatto che non credo possa svanire a breve: la maleducazione e l’insipienza dei turisti che entrano nei luoghi sacri non curanti delle regole e irrispettosi nei confronti dei fedeli, ma soprattutto nei confronti di Nostro Signore.

 

Sappiamo benissimo che l’oggettiva bellezza di moltissime nostre chiese è un qualcosa che non è sbagliato condividere con tutta l’umanità, ma ricordiamoci che si tratta pur sempre di un luogo di culto dove vi sono persone che pregano e dove si celebrano funzioni religiose.

 

Lo sdegno dei villeggianti che al richiamo del sagrestano rispondono indispettiti come se il loro diritto di fotografare e visitare fin sopra l’altare, in taluni casi, una cattedrale durante la funzione, sia un diritto acquisito è a dir poco fastidioso.

 

Noi poveri fedeli che a volte assistiamo a questa insolenza rimaniamo basiti e sconsolati nei confronti di tale arroganza. Che le chiese siano luoghi di interesse turistico è cosa nota, ma credo che sia i fedeli, sia i semplici visitatori debbano rispettare le regole fondamentali di riguardo nei confronti del Sacro, non solo con i loro atteggiamenti, ma anche con un vestiario garbato adatto alla situazione in cui ci si trova.

 

Vorrei ricordare che fino a qualche decennio fa, le donne che entravano in chiesa lo facevano con un velo in testa; a questa generazione si chiede appena di non entrare scollacciati con i seni al vento e le spalle totalmente scoperte. Purtroppo non ce la fanno.

 

È scritto ««Salvatevi da questa generazione perversa» (Atti, 2, 40).

 

Ma se non volete salvarvi voi, almeno salvate il decoro delle nostre chiese.

 

 

Francesco Rondolini

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