Persecuzioni

India, il calvario dei cristiani del Manipur

Pubblicato

il

Secondo il conteggio reso pubblico il 15 giugno 2023 dalla Chiesa cattolica: nello stato di Manipur (nell’India nord-orientale), dal 3 maggio, in sole 36 ore, sono state distrutte 249 chiese nel quadro di una violenta persecuzione in cui sia religiosi e le dimensioni etniche si intrecciano.

 

È attraverso un rapporto di undici pagine che il Vescovo di Imphal (Manipur) ha dettagliato, il 15 giugno, il bilancio dell’esplosione di violenze divampata a macchia d’olio nello Stato, all’inizio di maggio: 249 luoghi di culto cristiani sono stati ridotti in cenere in 36 ore.

 

Tra questi, una maggioranza di templi protestanti ma anche chiese, dal momento che nel mirino anche una decina di istituzioni cattoliche – la Chiesa è una minoranza in questo stato indiano –, in particolare la parrocchia di Saint-Paul de Sangaiprou, e quella di Cristo Redentore di Canchipur.

 

Secondo la testimonianza di diversi sacerdoti, la folla ha vandalizzato anche la Missione della Santa Croce, che comprende una scuola e una chiesa, ma non è facile valutare con precisione il bilancio delle violenze: “È difficile avere tutte le informazioni a causa di un’interruzione di Internet, per non parlare del coprifuoco”, spiega il rapporto.

 

In questo piccolo stato di 3,5 milioni di abitanti che è il Manipur, sarebbero morte più di cento persone, più di 1.700 case sarebbero state bruciate e 50.000 civili sarebbero stati sfollati. Crimini i cui moventi sono «sia etnici che religiosi», insiste il vescovo Dominic Lumon.

 

Perché la tensione è alta tra i Meitei – l’etnia dominante che rappresenta il 53% della popolazione del Manipur, a maggioranza indù, insediata nella fertile valle di Imphal, situata al centro dello Stato – e i Kukis, della tribù Chin dalle colline, per lo più cristiani, per lo più battisti e cattolici di minoranza, per la precisione.

 

Da anni i Meitei chiedono di essere inseriti nell’elenco ufficiale delle cosiddette tribù «scheduled». Una richiesta vista come un’ingiustizia dai cristiani Kuki, perché questo status è riservato alle minoranze, consentendo loro di accedere ai pochi vantaggi economici di cui hanno bisogno per sopravvivere.

 

Tuttavia, il 27 marzo, l’Alta Corte di Manipur ha accolto la richiesta dei Meiteis, portando all’inizio di una rivolta Kuki che è stata violentemente repressa dall’esercito, a cui si sono presto uniti i civili dell’etnia dominante.

 

«Vite preziose sono state sacrificate, case e villaggi bruciati, luoghi di culto profanati e bruciati. (…) C’è un completo collasso a livello statale», lamenta il Vescovo di Imphal.

 

«In sintesi, c’è la paura, insieme all’incertezza e a un generale senso di disperazione» conclude il Vescovo Lumon, il cui rapporto è prezioso perché, a causa dei suoi confini strategici, il governo indiano ha da anni limitato l’accesso dalla regione del Manipur ai giornalisti stranieri che stentano a farsi un’idea delle tensioni religiose ed etniche che stanno lacerando questa parte dell’India.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

Immagine da Asianews.

 

 

 

Più popolari

Exit mobile version