Persecuzioni

India, cristiani in piazza per difendere una chiesa in un distretto buddista

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Nello Stato nord-orientale dell’India dove vive una folta comunità cristiana in un distretto a maggioranza buddhista sono da anni bloccati i lavori per la costruzione di una chiesa. Le autorità sostengono che sia «illegale» e chiedono che sia rimossa, ma non rilasciano i permessi per costruirla altrove.

 

 

 

Il Forum cristiano dell’Arunachal Pradesh (ACF) ha organizzato una marcia di protesta e manifestazioni in tutto lo Stato il 18 giugno che chiedere che venga risolta la questione della chiesa di Tawang, in un distretto dominato dalla comunità buddhista Monpa.

 

Nell’ottobre 2020 le autorità locali di questo Stato nord-orientale dell’India dove vive una folta comunità cristiana (circa il 30% della popolazione dell’Arunachal Pradesh) hanno infatti bloccato la costruzione definendola «illegale».

 

A sollevare la questione erano stati due gruppi locali: l’Indigenous Faith and Cultural Society of Arunachal Pradesh e la Monpa Mimang Tsogpa.

 

Le autorità locali avrebbero constatato l’assenza dei permessi in forza della quale hanno arrestato il pastore locale, poi rilasciato su cauzione. Ma i cristiani di Tawang rispondono che una chiesa si trova su quel terreno dal 1999 e che avevano iniziato a ricostruirla nel 2015 dopo che il dipartimento interessato «ha ignorato la nostra richiesta di assegnazione avviata nel 2003».

 

Il 23 maggio un comitato locale aveva espresso il suo verdetto chiedendo l’applicazione rigorosa della politica sulle strutture religiose non autorizzate, che prevede la rimozione e il trasferimento.

 

«Abbiamo chiesto una soluzione adeguata della questione – ribatte il presidente del Forum cristiano dell’Arunachal Pradesh, Toko Teki – ma le raccomandazioni della commissione istituita dal governo statale non sono accettabili. Come può la nostra comunità cristiana trasferire la chiesa entro sei mesi se a Tawang non esiste nemmeno un terreno designato?».

 

«La mancanza di risposte a livello statale – continua Toko Teki – ci ha portato a organizzare un movimento di massa, deciso all’unanimità dai rappresentanti di tutte le confessioni cristiane». I manifestanti si sono detti pronti a portare la questione in tribunale se il governo non risponderà alle loro richieste.

 

 

 

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Immagine da AsiaNews

 

 

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