Storia

«Il secolo americano è finito», scrive la prestigiosa rivista

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La presitigiosa rivista Harpers’ Magazine ha pubblicata nella copertina del suo numero di luglio un’affermazione impegnativa: «il secolo americano è finito».

 

Considerando la fonte – decisamente non una pubblicazione antisistema, né capace di schiettezze rivoluzionarie – si tratta decisamente di un fatto scioccante.

 

Harper’s Magazine, la storica «rivista mensile di letteratura, politica, cultura, finanza e arti» in pubblicazione dal 185o, cosa che la rende il secondo mensile più antico degli USA.

 

L’articolo principale del numero di luglio si intitola «Impero Burlesque: cosa viene dopo il secolo americano?». L’autore del pezzo Daniel Bessner (professore associato presso la Henry M. Jackson School of International Studies dell’Università di Washington) inizia citando Henry Luce (fondatore della un tempo influentissima rivista Time ritenuto agente del Deep State americano, nonché marito della bizzarra ambasciatrice USA a Roma Claire Boothe Luce) nel 1941 annunciava il secolo americano, invitando gli Stati Uniti a unirsi alla guerra contro l’Asse e «accettare con tutto il cuore il nostro dovere e la nostra opportunità di essere la nazione più potente e vitale del mondo e (…) esercitare sul mondo il pieno impatto della nostra influenza, per gli scopi che riteniamo opportuni e con i mezzi che riteniamo opportuni»

 

Dopo una lunga revisione delle politiche di «interventismo liberale» del secondo dopoguerra da parte dell’autore , l’articolo conclude che  «il secolo americano non ha raggiunto gli alti obiettivi che oligarchi come Henry Luce si erano prefissati».

 

Tuttavia, esso «ha dimostrato che i tentativi di governare il mondo con la forza falliranno. Il compito per i prossimi cento anni non sarà quello di creare un secolo americano, ma un secolo globale, in cui il potere degli Stati Uniti non solo sia limitato ma ridotto, e in cui ogni Nazione sia impegnata a risolvere i problemi che minacciano tutti noi» scrive Bessner.

 

Per questione di realismo, dobbiamo dire che tale spinta globalista non è esattamente ciò per cui sta lavorando alacremente, e da decenni, la Repubblica Popolare Cinese, che con evidenza vuole un «secolo cinese» per l’umanità che sotterri una volta per tutto il «secolo americano».

 

Per questo, Xi Jinping difende la globalizzazione – che, come ripetuto da Renovatio 21, rappresenta in realtà una sinizzazione. La globalizzazione, per come l’abbiamo vissuta, altro non è che l’ascesa della Cina ai danni delle capacità produttive occidentali con la conseguente distruzione (concordata con le élite corrotte) della classe media.

 

E tutto ciò che la Cina sta costruendo, dal totalitarismo digitale ai droni ipersonici alle armi biologiche, va nella direzione del controllo non solo del proprio Paese, ma possibilmente del mondo intero.

 

 

 

 

Immagine di cocoaspen via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0)

 

 

 

 

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