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Il patriarca latino di Gerusalemme condanna il cristianesimo

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In occasione del decimo anniversario di Ecclesia in Medio Oriente, Cipro ha ospitato dal 20 al 23 aprile il simposio «Radicati nella speranza». Il Patriarca latino di Gerusalemme, Mons. Pizzaballa, ha ricordato la vocazione della Chiesa di Gerusalemme in un contesto di violenze, guerre e divisioni.

 

Il simposio di Ecclesia del Medio Oriente è frutto di un’iniziativa della ROACO (Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali), con il sostegno del Dicastero delle Chiese Orientali, per il decennale dell’esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, 14 settembre 2012.

 

L’evento si è svolto dal 20 al 23 aprile a Nicosia, capitale di Cipro, e ha riunito i Patriarchi cattolici della regione, oltre a nunzi, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, ambasciatori e rappresentanti diplomatici.

 

Tra i vari interventi spiccava quello del Patriarca Pierbattista Pizzaballa, che ha pronunciato il discorso di chiusura. Il primate latino ha sottolineato che i cristiani non possono restare «di diritto» in Medio Oriente, perché ciò li renderebbe «fragili nei conflitti e nelle guerre». Devono affermare la loro presenza rispondendo a una «vocazione» e sulla base di una «scelta».

 

Critica del cristianesimo

«Sappiamo bene come la politica stia inghiottendo la vita ordinaria in tutti i suoi aspetti in Medio Oriente», ha avvertito. Il presule ha evidenziato alcuni aspetti più positivi, come la firma del Documento sulla fratellanza umana nel 2019, le visite apostoliche di papa Francesco nella regione, dall’Iraq al Bahrein, e l’impegno del Pontefice per il dialogo ecumenico e interreligioso.

 

Infine, il Patriarca Pizzaballa diffida dall’alleanza con il potere politico: «sarà sempre più difficile mantenere, come Chiese, un ruolo profetico nelle nostre comunità e nella società in generale, finché le popolazioni, cristiane e non, considereranno noi come alleati dei potenti del momento, politici ed economici. (…) L’alleanza tra il trono e l’altare non ha mai giovato, né al trono né all’altare».

 

Una critica sgradita

Come giustamente sottolinea il sito InfoCatolica, si tratta da un lato di dimenticare completamente che la presenza dei cattolici di rito latino a Gerusalemme è stata resa possibile solo dall’azione dei regni cristiani durante le Crociate.

 

D’altra parte, la dottrina cattolica ha sempre sottolineato la necessità di una distinzione tra Chiesa e potere politico, ma non la loro separazione, che, al contrario, è stata chiaramente condannata. Così l’enciclica Quas primas di Pio XI richiama il potere regale di Cristo che abbraccia la sfera temporale.

 

Prima di lui, papa Leone XIII ha dedicato alla questione della costituzione cristiana degli Stati l’enciclica Immortale Dei, nella quale cita l’enciclica Mirari Vos di Gregorio XVI:

 

Circa la separazione della Chiesa dallo Stato lo stesso Pontefice così si esprimeva: «né più lieti successi potremmo presagire per la Religione e il Principato dai voti di coloro che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno, e troncata la mutua concordia dell’Impero col Sacerdozio. È troppo chiaro che dai sostenitori di una impudentissima libertà si teme quella concordia che fu sempre fausta e salutare al governo sacro e a quello civile».

 

E Papa Pio IX condannò questa separazione nella proposizione 77 del Sillabo: «in questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l’unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti, quali che si vogliano». (proposta condannata).

 

 

 

 

 

Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)

 

 

 

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