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Il governo israeliano tenta di licenziare il responsabile dell’inchiesta sulla corruzione di Netanyahu

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Lunedì il governo israeliano ha votato all’unanimità per il licenziamento del procuratore generale Gali Baharav-Miara, attualmente impegnato nel perseguimento penale del primo ministro Benjamin Netanyahu per corruzione. La decisione è stata immediatamente sospesa dall’Alta Corte israeliana.

 

Netanyahu e i suoi sostenitori hanno accusato Baharav-Miara di aver ecceduto i propri poteri bloccando le decisioni del governo eletto, tra cui quella di licenziare il capo dell’agenzia per la sicurezza interna di Israele.

 

In una dichiarazione rilasciata dopo il voto, Baharav-Miara ha definito il suo licenziamento «illegittimo» e ha promesso che lei e il suo ufficio sarebbero rimasti fedeli alla legge e avrebbero continuato ad agire in modo professionale e onesto.

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«Si tratta di un duro colpo per lo stato di diritto, l’uguaglianza davanti alla legge, i diritti umani e la capacità del sistema di applicazione della legge di affrontare la corruzione del governo», ha aggiunto.

 

Il tentativo di licenziare il procuratore generale per la prima volta nei 78 anni di storia del Paese è stato immediatamente congelato dall’Alta Corte in attesa che i giudici si pronuncino sulla sua legalità. Al governo è vietato nominare un nuovo procuratore generale e influenzare le attività di Baharav-Miara prima che vengano impartite ulteriori istruzioni.

 

Netanyahu non ha preso parte all’udienza né ha votato per il licenziamento di Baharav-Miara a causa di un conflitto di interessi tra il suo processo penale in corso e il ruolo del procuratore generale come capo dell’accusa.

 

Sono stati aperti tre procedimenti penali contro Netanyahu, accusato di corruzione, frode e abuso di fiducia. Rischia fino a dieci anni di carcere per le accuse di corruzione, mentre le accuse di frode e abuso di fiducia prevedono pene detentive fino a tre anni ciascuna.

 

Diverse udienze del lungo processo per corruzione a carico di Netanyahu sono state annullate dopo che un tribunale ha accettato le richieste del primo ministro per motivi diplomatici, di sicurezza e sanitari.

 

I politici dell’opposizione hanno criticato il licenziamento del procuratore generale, definendolo parte del controverso piano di riforma giudiziaria di Netanyahu, che ha scatenato una delle più grandi proteste nella storia di Israele. Gli oppositori sostengono che la riforma violerebbe i principi democratici, poiché la coalizione di governo concentrerebbe più potere nelle sue mani e Netanyahu tenterebbe di evitare responsabilità penali.

 

Alcuni osservatori sostengono che le guerre prolungate su tutti i fronti – Gaza, Libano, Iran – sono l’unica ancora di salvataggio di Netanyahu, che fuori dalla poltrona di premier dello Stato Giudaico verrebbe trascinato in tribunale.

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Come riportato da Renovatio 21, prima del massacro del 7 ottobre 2023 Israele era percorso da proteste massive contro Netanyahu, accusato di voler cambiare il sistema giudiziario a suo favore. Si ebbero, all’epoca, pronunciamenti contro Bibi da parte di membri dell’esercito e pure del Mossad e persino del filosofo del World Economic Forum Yuval Harari. Una sorta di rivoluzione colorata, dove la popolazione arrivò ad assediare l’abitazione di Netanyahu.

 

Trascinare la Terra in una guerra totale è certamente un modo per evadere la fine di una carriera, pensano alcuni. Un discorso non diverso da quello riguardo al regime di Kiev, dove la permanenza sulla poltrona del governo è subordinata alla sua capacità di scatenare la Terza Guerra Mondiale.

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Immagine di Spokesperson unit of the President of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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