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I retroscena delle accuse a Benedetto XVI

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Al di là del Reno, infuria la campagna per screditare la figura dell’ex romano pontefice, rimproverandolo per la sua inerzia nella gestione di alcuni chierici colpevoli di abusi. Il Vaticano è intervenuto in difesa del papa emerito, deplorando «la ricerca di facili capri espiatori e giudizi sommari». Ma chi ha interesse per questo linciaggio mediatico?

 

Il 20 gennaio 2022 un nuovo studio sugli abusi nella Chiesa, commissionato dalla diocesi di Monaco e Frisinga, attualmente guidato dal cardinale Reinhard Marx, ha tratto le sue conclusioni.

 

Al termine di un voluminoso rapporto di 1.600 pagine, lo studio legale Westphahl Spilker Wastl, coinvolge l’ex papa Benedetto XVI, accusandolo di non aver preso le misure necessarie per allontanare alcuni chierici colpevoli di abusi, quando era a capo del diocesi di Monaco.

 

Modificando una prima testimonianza, il papa emerito ha confermato, il 24 gennaio, all’agenzia KNA, di aver partecipato a un incontro, nel 1980, riguardante l’alloggio nella sua diocesi di Monaco di Baviera di un sacerdote sospettato di aggressioni sessuali su minori. 

 

Il suo segretario privato, mons. Georg Gänswein, precisa che «in questo incontro non era stata presa alcuna decisione circa l’impegno pastorale del sacerdote interessato».

 

Pochi giorni dopo, la Santa Sede ha pubblicato, sul suo sito ufficiale di informazione, una difesa dell’ex romano pontefice: Andrea Tornielli, in qualità di direttore editoriale dei media vaticani, ha firmato un testo che ha ricevuto necessariamente l’approvazione della Segreteria di Stato.

 

 

Chi trae vantaggio dal crimine?

Il fatto che la figura di Benedetto XVI, ad oggi 94enne, venga screditata sui media mondiali non sembra essere una semplice coincidenza di tempi.

 

È quanto suggerisce il Vescovo emerito di Reggio Emilia: «è una manovra contro papa Ratzinger che viene dall’interno della Chiesa», denuncia mons. Massimo Camisasca, che indica i «settori liberal della Chiesa», «coloro che si rispecchiano nelle derive del sinodo tedesco».

 

Un invito a trasferirsi sulle rive del Reno, o più precisamente sulle rive dell’Isar, affluente del Danubio, che attraversa la città di Monaco. Perché la messa in accusa di Joseph Ratzinger arriva al momento giusto per l’attuale arcivescovo della città bavarese.

 

Infatti, il cardinale Marx, membro del «C9» – il consiglio cardinalizio incaricato dal Santo Padre di attuare la riforma della Curia romana – ha presentato, alcuni mesi fa, a seguito di una prima serie di rivelazioni di presunti abusi coperti dalla diocesi, una formale rinuncia a papa Francesco, che si è affrettato a confermare l’alto prelato nel suo incarico.

 

Spostato l’interesse su Benedetto XVI, le dimissioni del porporato tedesco non sono più rilevanti: «Sono pronto a continuare a servire, se sarà utile per attuare le nuove misure che devono essere prese nel quadro della riforma del Chiesa», ha affermato mons. Marx.

 

Quest’ultimo indica il «disastro sistemico» degli abusi, e «l’importanza di portare avanti le riforme discusse nel quadro del Cammino sinodale tedesco», perché la Chiesa non potrà superare con successo la crisi degli abusi «senza un vero e profondo rinnovamento», secondo lui.

 

Il 27 gennaio l’alto prelato è andato oltre, affermando di non vedere «nell’omosessualità un ostacolo all’ordinazione sacerdotale», a condizione di rispettare il voto di castità…

 

L’ex pontefice tedesco accusato dai vescovi d’Oltrereno

L’accusa contro l’ex sommo pontefice sembra ben orchestrata: il vescovo di Essen, «invita il papa emerito a riconoscerne la responsabilità». 

 

«In questo tipo di casi, la responsabilità è prima di tutto personale, e bisogna trarne tutte le conseguenze», avverte il vescovo Franz-Josef Overbeck.

 

Per il vescovo di Aquisgrana, Joseph Ratzinger dovrebbe riconoscere pubblicamente la propria colpevolezza: «ci sono situazioni in cui, quando si è colpevoli, non basta riconoscere le proprie colpe nel segreto della preghiera o nella confessione», dichiara, con accenti morali che non gli si riconoscono, mons. Helmut Dieser.

 

Il colpo di grazia è arrivato dal presidente della Conferenza episcopale tedesca (DBK), che non esita a citare i «comportamenti disastrosi e la dissimulazione» di Benedetto XVI. «Il momento della verità è arrivato», conclude melodrammaticamente mons. Georg Bätzing.

 

Anche padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la protezione dei minori, non risparmia l’ex papa tedesco, il cui pontificato «dovrà necessariamente essere rivalutato». In un’intervista a BR24 Extra, padre Zollner afferma che è importante che Benedetto XVI «riconosca i suoi errori e si scusi».

 

I laici coinvolti nel processo sinodale non sono da meno: gli attivisti del movimento Maria 2.0 invitano il papa emerito a «rinunciare a usare il nome pontificale, i titoli e le insegne ad esso associati».

 

Tuttavia, in un’intervista a Tagespost, mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne, Lescar e Oloron, è sorpreso da ciò che considera una vessazione mediatica. Benedetto XVI è «condannato a priori, senza prove, in un’indagine non giudiziaria, ed è oggetto di un processo mediatico che lo espone in modo mirato e sproporzionato alla pubblica gogna», rimarca.

 

Senza voler né difendere né accusare l’ex romano pontefice, in un caso di cui non si conoscono tutti gli elementi, non è però difficile coglierne le intenzioni: questo attacco contro Joseph Ratzinger è un’occasione per screditare il suo pontificato, considerato agli occhi degli innovatori come troppo conservatore.

 

Alla fine si tratta di liberare più terreno possibile davanti al Cammino sinodale.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news

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