Geopolitica

I legami dei Biden con la casta kazaka

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Il presidente kazako Kassim-Jomart Tokajev nei giorni scorsi cha dato l’ordine di arrestare il potente ex capo dell’intelligence del Kazakistan, Karim Massimov, con l’accusa di alto tradimento.

 

Massimov, che aveva guidato il Comitato per la sicurezza nazionale (KNB) fino alla sua improvvisa rimozione giovedì, era stato primo ministro del «presidente eterno» e padre della patria kazaka Nursultan Nazarbayev. A lungo Massinov è stato considerato il «braccio destro» dell’uomo forte dell’ex repubblica sovietica. Ora Massinov è detenuto.

 

Nelle stesse ore tornava alla luce una foto che ritrae Joe Biden e il suo problematico e corrotto figlio Hunter in posa con l’ex capo della sicurezza kazako Massimov ora in galera. Nella foto vi è anche l’oligarca Kenes Rakishev, un giovane molto ben connesso finanziariamente e politicamente, giudicato dalla rivista Forbes una delle 50 persone più influenti del Paese.

 

Torna alla luce una foto che ritrae Joe Biden e il suo problematico e corrotto figlio Hunter in posa con l’ex capo della sicurezza kazako Massimov ora in galera

Il gruppo di attivisti KIAR (Kazhakhstani Initiative on Asset Recovery) ha pubblicato la foto sul suo sito web anticorruzione nel novembre 2019, anche se non è chiaro quando sia stata scattata la foto. È però evidente come la sua presente riemersione danneggi  la credibilità dell’attuale amministrazione di Washington nella situazione kazaka, non è dato sapere.

 

Ma non è saltata fuori solo questa foto. Sono emerse un’e-mail e comunicazioni, precedentemente oggetto di ampi reportage sul Daily Mail, relative a temi già discussi nel caso del ​​«laptop dall’inferno» di Hunter Biden – che sembra confermare che il figlio drogato e perverso del presidente USA e Massimov erano «amici intimi».

 

Gli articoli dell’epoca indicavano che «quando Biden era vicepresidente, Hunter ha lavorato come intermediario per Rakishev dal 2012 al 2014. Inoltre, le e-mail provenivano da «attivisti anticorruzione» in Kazakistan che mostravano che Hunter ha preso contatto con Rakishev.

 

Secondo un articolo del 2020 sul New York Post scritto quando la foto ha iniziato ad attirare l’attenzione tra gli esperti occidentali, «lo scatto, pubblicato per la prima volta da un sito web anticorruzione kazako  nel 2019 , segue la notizia bomba del Post della scorsa settimana che  descrive in  dettaglio i rapporti d’affari all’estero di Hunter Biden e un rapporto in cui si afferma che Rakishev ha pagato il rampollo di Biden come intermediario per gli investimenti statunitensi».

 

Per quanto riguarda la sua relazione con gli oligarchi kazaki e i power-broker, la storia del New York Post andava ancora più in dettaglio riguardo al  «presunto lavoro di Hunter Biden con Rakishev, che sostiene di aver cenato regolarmente con l’uomo d’affari kazako e di aver tentato di facilitare gli investimenti per i suoi soldi a New York, Washington, DC e una compagnia mineraria del Nevada».

 

Quale credibilità internazionale – verso l’Ucraina, verso la Cina, verso il Kazakistan – può avere la famiglia Biden visti i suoi enormi e oscuri interessi economici?

 

A fronte di una situazione geopolitica esplosiva, dove Washington ha persino messo in discussione la richiesta di aiuto del presidente kazako alla «NATO russa» CSTO (cioè, a Putin), la domanda si fa inevitabile: qual è la natura dei legami tra la famiglia Biden e l’ex presidente del Kazakistan e la sua cerchia di oligarchi e potenti funzionari della sicurezza?

 

Quale credibilità internazionale – verso l’Ucraina, verso la Cina, verso il Kazakistan – può avere la famiglia Biden visti i suoi enormi e oscuri interessi economici?

 

Quale valore può avere, quindi, la politica estera della Casa Bianca in un momento di tensione in queste realtà?

 

 

 

 

 

Immagine di KIAR center

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