Sanità

I dati sul COVID, menzogna di Stato. Prime ammissioni

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Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Ente sotto vigilanza del Ministero della Salute) dimostra che il numero di morti di COVID è stato per mesi gonfiato di circa  40 volte.

 

Il primo giornale a riportarlo è il quotidiano romano Il Tempo lo scorso giovedì.

 

Tutt’intorno, la spirale del silenzio.

 

Il resto della stampa italiana –con l’eccezione de La Verità – per il secondo giorno consecutivo nasconde completamente la notizia. Un fatto gravissimo, che farebbe pensare, più che ad una censura, all’esistenza di una regia in totale malafede.

 

È la prova – legittimata indirettamente dallo stesso Ministero della Salute – che l’emergenza COVID e tutta la campagna vaccinale si fondano su dati truccati e manipolati per 21 mesi

In effetti, la notizia è una bomba atomica. È la prova – legittimata indirettamente dallo stesso Ministero della Salute – che l’emergenza COVID e tutta la campagna vaccinale si fondano su dati truccati e manipolati per 21 mesi. Quello che in moltissimi dicevano, magari venendo censurati sui social network e non solo, era vero.

 

Una notizia del genere in un contesto normale farebbe cadere seduta stante il governo e aprirebbe un indagine per altro tradimento e attentato alla Costituzione: come altro si potrebbe inquadrare uno stato di emergenza con trattamenti sanitari obbligatori fondato su dati manipolati?


Che i decessi per COVID e altri numeri sanitari venissero manipolati dal governo era noto da Maggio 2020; ma solo per i più svegli.

 

Tra costoro hanno fatto occasionalmente  la loro comparsa anche alcune virostar ora filogovernative come Bassetti:

 

«Abbiamo sbagliato perché abbiamo contato i decessi in maniera diversa rispetto a tutto il resto d’Europa. Vogliamo continuare nell’errore? Da quando abbiamo cambiato la metodologia di conteggio dei decessi noi stiamo drammaticamente decrescendo come letalità ma abbiamo un peccato originale che riguarda marzo-aprile, dove chiunque arrivasse in ospedale con un tampone positivo, anche che aveva un infarto, veniva qualificato come morto per COVID».  (19 novembre 2020, Il Corriere della Sera riporta affermazioni di Bassetti alla trasmisisone L’aria che tira su La7)

 

E sicuramente anche Zangrillo, da sempre uno dei medici più scettici contro la narrativa pandemica:

 

«Ci siamo fatti del male da soli, il numero di morti in Italia non è superiore a quello di altri Paesi europei, li abbiamo contati in modo diverso». ( 6 settembre 2021, L’Aria che tira, La7)

 

Fin dai primi giorni della pandemia (quando ancora non era riconosciuta come tale) ci furono scienziati che sminuivano la letalità del COVID; e le evidenze scientifiche erano già note dai dati della Cina e della Corea del Sud.

 

«Secondo il nuovo rapporto (che non veniva aggiornato da luglio) dell’Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per COVID, il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza»

«Non voglio sminuire il coronavirus ma la sua problematica rimane appena superiore all’influenza stagionale»diceva Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio dell’ospedale Sacco di Milano (Adkronos, 1 marzo 2020)



Ed eccoci giunti al 21 ottobre 2021. Il Tempo, con un articolo in prima pagina firmato dal direttore Franco Bechis, riprende la questione; questa volta avendo alle spalle un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, in cui sono state analizzate le cartelle cliniche di un campione di pazienti deceduti – con grande ritardo, aggiungiamo noi.

 

Le conclusioni sono un terremoto:

 

«Secondo il nuovo rapporto (che non veniva aggiornato da luglio) dell’Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per COVID, il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza. Sembra un’affermazione strampalata e da no vax, ma secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al COVID-19».

 

«Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé»

«Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’ISS dunque lasciavano già loro poca speranza».

 

«Addirittura il 67,7% avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme. Secondo l’ISS il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal COVID era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta. Il 23,5% era anche demente, il 29,3% aggiungeva ai malanni un po’ di diabete, il 24,8% pure fibrillazione atriale. E non basta: il 17,4% aveva già i polmoni ammalati, il 16,3% aveva avuto un cancro negli ultimi 5 anni; il 15,7% soffriva di scompenso cardiaco, il 28% aveva una cardiopatia ischemica, il 24,8% soffriva di fibrillazione atriale, più di uno ogni dieci era anche obeso, più di uno su dieci aveva avuto un ictus, e altri ancora sia pure in percentuale più ridotta aveva problemi gravi al fegato, dialisi e malattie auto-immuni»

 

(corsivi nostri)

 

«Addirittura il 67,7% avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme. Secondo l’ISS il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal COVID era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta»

Ebbene, che dire?

 

In realtà, per quanto mancasse un’analisi delle cartelle cliniche, da molti mesi c’erano tutti gli elementi per dedurre che la narrativa sul COVID fosse manipolata.

 

La principale responsabile di tale manipolazione è stata e continua tuttora ad essere la stampa italiana.

 

Vediamo che trucco usano e perché.

 

  1. Che l’età media dei decessi da Covid fosse di 81.5 anni era noto. Così come era noto che più del 93 % dei decessi  avesse 80 anni circa. Sono noti da sempre i tassi di letalità del COVIDper fascia anagrafica. 
  2. Era altresì noto fin dai passati rapporti del ISS che la quasi totalità dei pazienti gravi/deceduti avesse più patologie. Basterà al lettore trovare pubblicazioni dell’ISS addietro.

 

Per lasciar credere al lettore che tutti i decessi siano «morti per COVID», devo lasciargli ambigua la provenienza, inducendolo a credere che provengano tutti dalla terapie intensive

Ora, non solo i giornali omettevano nelle miriadi di tabelle di riportare questi «dettagli», dettagli che avrebbero fatto capire anche al lettore più ingenuo che il COVID è un’emergenza che riguarda le fasce anagrafiche più avanzate e già precarie di salute ( per le quali avrebbero dovuto predisporre delle campagne sanitarie di protezione ben diverse da quelle poste in essere).

 

Ma si paventa anche una distorsione nella stessa raccolta dei dati della Protezione Civile e del CTS, quei dati che sono pubblicati sui media tutti i giorni da 20 mesi, senza che nessun giornale abbia mai sollevato una domandina: il saldo reale tra terapie intensive e decessi. Vediamo.

 

I media italiani pubblicano tutti i giorni il saldo di terapie intensive e dei decessi. Ma non hanno mai specificato quanti decessi provengano dalle terapie intensive.

 

Perché questa lacuna scientifica è problematica? Per un motivo molto semplice: noi sappiamo dall’esperienza clinica del COVID che il paziente, quando muore, muore in terapia intensiva per complicazioni polmonari/circolatorie.

 

Quindi ci si aspetta che ogni decesso catalogato come «morto per COVID» provenga dalle terapie intensive.

 

Daccapo, se lettori ed elettori italiani avessero capito che tantissimi decessi provenivano da reparti di medicina generale e che l’età media dei decessi è di 81,5 anni, come potevano convincersi a chiudere il negozio, rinchiudere in casa i figli e farsi dosi di farmaci sperimentali? Come si sarebbero convinti ad accettare il green pass?

Ma il saldo dei posti nella terapie intensive non è mai stato messo in relazione col saldo dei decessi; questa relazione è sempre stata tenuta ambigua. Il motivo è fin troppo facile da capire: se ho bisogno di contare come «morti per COVID» anche pazienti che sono «morti col COVID» per altre patologie, è ovvio che non troverò questi ultimi in terapia intensiva, ma in altri reparti.

 

Quindi per lasciar credere al lettore che tutti i decessi siano «morti per COVID», devo lasciargli ambigua la provenienza, inducendolo a credere che provengano tutti dalla terapie intensive.

 

In tal modo solo un occhio attento che fosse andato a cercare le tabelle dettagliate della Protezione Civile si sarebbe posto la domanda.

 

Daccapo, se lettori ed elettori italiani avessero capito che tantissimi decessi provenivano da reparti di medicina generale e che l’età media dei decessi è di 81,5 anni, come potevano convincersi a chiudere il negozio, rinchiudere in casa i figli e farsi dosi di farmaci sperimentali?

 

Come si sarebbero convinti ad accettare il green pass?


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