Sanità

I «completamente vaccinati» hanno un rischio di infezione COVID maggiore del 44% rispetto ai non vaccinati: studio di Oxford

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Secondo uno studio dell’Università di Oxford, due dosi di vaccino contro il COVID-19 aumentano del 44% le probabilità di essere infettati, contraddicendo le basi della politica globale sui vaccini, che presuppone che la vaccinazione riduca significativamente l’incidenza e la trasmissione. Lo riporta il sito The Daily Sceptic.

 

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scentifica Lancet, ha esaminato tutte le infezioni riportate in Inghilterra tra gli adulti registrati presso uno studio medico dall’8 dicembre 2020 al 17 novembre 2021, il che significa che ha attraversato i periodi della varianti alfa e delta.

 

Il tipo di studio progettato dai ricercatori oxoniano ha permesso loro di stimare l’efficacia del vaccino, consentendo di controllare potenziali fattori confondenti come età, sesso e condizioni sottostanti, mentre sono stati esclusi gli individui con una precedente infezione.

 

 

Leggendo quanto evidenziato in giallo nella tabella superiore, parrebbe proprio che le persone avevano da tre a quattro volte più probabilità di risultare positive al COVID rispetto alle loro controparti non vaccinate.

 

«La terza cifra mostra che due settimane o più dopo il secondo vaccino – che nel 2021 è stato considerato “completamente vaccinato” – gli individui avevano il 44% in più di probabilità di essere infettati rispetto alle loro controparti non vaccinate» scrive il sito britannico.

 

«Questa è un’efficacia negativa del vaccino (dove le infezioni sono più elevate nei vaccinati rispetto ai non vaccinati) di meno-44%. Questa efficacia negativa è in linea con quanto visto nei dati grezzi dell’Inghilterra all’epoca e anche negli  studi di altri paesi, ma contraddice le stime ufficiali del governo, che affermavano che l’efficacia era del 60-85% contro l’infezione della delta».

 

Riconoscendo le cifre, gli autori dello studio scrivono:

 

«Sorprendentemente, abbiamo osservato un rischio più elevato di positività al test dopo la vaccinazione con una o due dosi in tutti i gruppi di BMI, il che è contrario alle prove riportate dall’ONS [Office for National Statistics] del Regno Unito».

 

Quello che i ricercatori non menzionano è che è completamente in linea con i dati dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA), né che l’ONS sovrastima i tassi di infezione nei non vaccinati perché sottovaluta la popolazione – l’ONS mette l’adulto non vaccinato  all’8% della popolazione mentre il database NIMS lo mette al 19% (e sondaggi ancora più alti lo danno al 26%).

 

Lo studio è stato pubblicato a giugno, ma è passato in gran parte inosservato fino a quando l’ex giornalista del New York Times Alex Berenson, ora in causa con Twitter che lo ha bannato per i suoi articoli sul COVID,  non ne ha scritto il mese scorso nel suo Substack.

 

Il Berenson richiama anche l’attenzione sul fatto che l’efficacia del vaccino contro il ricovero e la morte è molto più debole di quanto affermato all’epoca.

 

 

«L’efficacia del vaccino contro la morte 14 o più giorni dopo il secondo vaccino è solo del 61% (la prima cifra evidenziata), ben al di sotto del 90-99% dichiarato dal governo. Si noti che la protezione complessiva sarà ancora più bassa poiché i vaccinati hanno maggiori probabilità di essere infettati: il tasso di infezione superiore del 44% sopra menzionato ridurrebbe l’efficacia del 61% a solo il 34%» scrive il Daily Sceptic.

 

«Stranamente, l’efficacia del vaccino contro la morte nella settimana successiva al terzo vaccino (la seconda cifra evidenziata) sale al 97% dal 61% di quella dopo il secondo vaccino, nonostante ciò avvenga prima che l’effetto del booster si attivi. Questa stranezza non è spiegata».

 

 

«Guardando i dati sui ricoveri, c’è un picco preoccupante nelle settimane successive al primo vaccino, raggiungendo il doppio (2,02) nella seconda settimana. Perché i vaccinati hanno il doppio delle probabilità di essere ricoverati in ospedale con COVID rispetto ai non vaccinati nelle settimane successive al vaccino?» continua la testata britannica.

 

«Le cifre mostrano che avere due dosi di vaccino riduce il rischio di ospedalizzazione del 66% una volta 14 giorni dopo l’iniezione (sebbene ancora una volta vi sia un inspiegabile salto di efficacia dal 19% 28 giorni dopo la dose uno, al 67% nella settimana dopo la dose due). . Il 66% è notevolmente inferiore al 90-99% dichiarato all’epoca, come mostrato di seguito nella tabella di un rapporto del governo dell’UKHSA nel settembre 2021».

 

 

«Le nuove cifre sono molto più in linea con quanto osservato nei dati grezzi UKHSA. Ma significa che siamo rimasti senza spiegazioni sul motivo per cui gli studi clinici e gli studi governativi hanno mostrato un’elevata efficacia per un ciclo a due dosi, quando gli studi osservazionali delle prove del mondo reale ora trovano un’efficacia negativa contro le infezioni e un’efficacia molto inferiore a quella pubblicizzata contro gravi patologia».

 

«È chiaramente necessaria una spiegazione. E dato che gli studi precedenti sono stati utilizzati per informare sia le scelte degli individui che le politiche pubbliche, compresa la coercizione medica, è necessario trarre serie lezioni» conclude il Daily Sceptic.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno i dati pubblicati dalle autorità inglesi mostravano come potrebbero essere morti più vaccinati a doppia dose che i vaccinati.

 

Parimenti, era visibile dai dati come i vaccinati potrebbero aver contagiato il doppio dei non-vaccinati, rendendo visibile il fatto che l’espressione «pandemia dei non vaccinati», usata da Biden e da altri leader europei, era erronea e manipolatoria.

 

 

 

 

 

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