Satira

Ho sognato che Klaus Schwab mi entrava in casa. Quando mi son svegliato c’era davvero

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Ho sognato che Klaus Schwab mi entrava in casa, e non capivo bene il perché. Era proprio lui: abito impeccabile, palpebra pesante, parlata tedesca caricaturale. Ma cosa ci faceva a casa mia? E cosa voleva?

 

Bisogna capire che una o due volte l’anno faccio sogni significativi, con i quali poi spesse volte tedio il lettore. A mia discolpa c’è il fatto che a volte pubblico pure i sogni delle lettrici di Renovatio 21. Perché i sogni sono importanti, e talvolta pieni di senso. Tutti lo sappiamo.

 

Non mi capita spessissimo un sogno come questo, un sogno VIP. Qualche anno fa, qualche tempo dopo la sua morte, sognai di George Bush senior, il quale mi passava due blister con un farmaco liquido verde e una puntina rossa. Mi ripeteva con che lui si era trovato bene, e sembrava sincero e onestissimo. Io portavo a casa il medicinale misterioso chiedendomi se fosse il caso di provarlo.

 

Una notte di fine estate 2019 sognai che incontravo Vladimir Putin, nel buio stellato del confine tra la Germania e la Russia, un confine che ovviamente nel mio sogno esisteva. Il presidente russo  era vestito con un giubbotto e stava appena fuori dalla dogana illuminata dai neon, per terra c’era nevischio e intorno a me sentivo i boschi e un’aria pungente ma non freddissima.

 

Era praticamente solo, non aveva guardie del corpo o altre persone nelle sue immediate vicinanze. Vedendolo, lo informavo subito delle mie intenzioni di fare una conferenza a Costabissara riguardo le sue supposte origini vicentine. Lui, che in qualche modo mi conosceva già (forse da sogni precedenti), diceva che era a conoscenza del mio progetto, e gli andava bene. Poi, con imbarazzo, gli facevo un’altra richiesta: in realtà, ero lì perché stavo facendo una potente maratona transnazionale, che finiva chissà dove in Siberia. Ero infatti in tenuta da corsa, e me ne rendevo conto lì per lì. Arrivato al confine d’Europa, mi rendevo conto di aver dimenticato il passaporto a casa (del problema del visto per la Russia, che tanto mi angustiava tutte le volte che vi sono andato, nel sogno non mi curavo).

 

Chiedevo quindi mestamente al presidente Putin se poteva fare qualcosa. Lui in silenzio fa un cenno di assenso, si alza e fa una telefonata con un telefono fisso qualche passo più in là. Torna indietro e mi dà in mano un tubetto di gomma, di quelli che si usano per alzare la macchina fotografica dal cavalletto: «Tieni questo». Con in mano questo oggetto miracoloso che era un lasciapassare per correre attraverso tutte le Russie e finire la maratona, ringraziavo e mi avviavo oltre il confine pensando che non avevo nemmeno dovuto sforzarmi di parlare in russo, in quanto il mio interlocutore parlava un italiano perfetto, e comunque, sentivo, già sapeva tante cose.

 

Ovviamente, la conferenza sul Putin costabissarese è un sogno che ora mai diverrà realtà: non voglio nemmeno pensare a cosa deve essere chiedere il permesso per un incontro del genere, sia pur nella cittadina dove diecine e diecine di famiglie si chiamano Putìn e non vedono l’ora che si sdogani una volta per tutte la loro parentela con lo Zar. Non voglio pensare alla quantità di forze dell’ordine, questura, celerini, DIGOS, SISDE, SISMI, COPASIR, CIA, FBI necessaria per una innocua baraccata come questa: e poi, le polemiche sui giornali, i lanci dei politici, le orde di badanti inferocite, o ancora peggio i loro nipoti tatuati-svasticati venuti dritti da Azovlandia peraltro senza pagare il pedaggio in autostrada.

 

Vi dirò di più: c’è un sottopassaggio che da Vicenza porta al Comune dei Putìn, funzionante da pochi mesi – ma lo hanno già imbrattato di insulti ebeti contro Putin e contro i russi in generale.

 

Ma vabbè, quelli sono altri sogni – dove, tuttavia, è bizzarro sia il comportamento dei VIP onirici, così come anche il mio, che non è quello che avrei nelle circostanze della veglia.

 

Eccomi quindi alle prese con il Klaus Schwab che mi entra in casa. È lì, in piedi che va avanti e indietro e si lamenta. Ha un completo blu impeccabile, che gli stringe un po’ il collo, la testa che gli esce fuori come un palloncino di carne fiappa, gli occhialini, il mento tecnicamente assente, la voce roca di un tedesco delle barzellette tipo fantasma formaggino. È proprio lui, mi dico: e mi rendo conto che per il sogno era perfettamente normale che fosse lì, anzi forse eravamo pure d’accordo. Ma mica mi ricordo perché: anzi, sono disturbato da questa invasione: insomma, il capo del World Economic Forum mi è entrato in casa! Ma che roba è?

 

Lo Schwabbo sembra sicuro di sé ma in realtà è nervosissimo, zompetta, si volta di scatto, parla e parla, si lamenta tantissimo: perché dicono che è svizzero quando invece lui è di Friburgo, ma in realtà è svizzero… E poi tutta ‘sta storia delle armi atomiche del Sudafrica dell’apartheid… le balle su sua madre, che di fatto con i Rothschild non c’entra proprio nulla… lui ha da fare, perché gli remano tutti contro? In realtà è come se stesse parlando fra sé, borbotta, si ringhia da solo.

 

Io son lì che lo guardo: ha la pelle più chiara del previsto, è come unta, madida di una sostanza riflettente. Il lucore epidermico emanato dal personaggio stride con il salotto buio, ma io sono assalito da un altro pensiero: e adesso, non è che mi tocca dargli da mangiare? Mi tocca davvero offrirgli qualcosa, chessò, un tè? Ma come è possibile che non sappia che detesto tutto quello che rappresenta? Com’è possibile che io debba rimanere calmo, anzi addirittura civile ed ospitale, quando ho Klaus Schwab che mi è entrato in casa? Ma che razza di sogno è?

 

Qui mi sveglio.

 

Grazie al cielo, lo Schwab in casa non c’è. O almeno, ad una prima occhiata sembra non esserci.

 

Ho di fianco a me mio figlio, che nel suo modo sonnambolico è sgattaiolato sotto le mie coperte nelle prime ore del mattino. Scatta il sospiro di sollievo. Per fortuna sono qui con la mia famiglia, e non con un petulante distruggitore della Civiltà umana. Fiuuu.

 

Quando è ora di far la colazione al bambino, mi viene in mente il primo flash: è il video che abbiamo pubblicato ieri con gli scolari olandesi che mangiano larve. Mio figlio mangia i cereali, per un momento posso allucinare che invece dei fiocchi tostati nel suo cucchiaio, con il latte, ci sono vermi e insetti – proprio come vuole il World Economic Forum.

 

Pizzicotto. Tranquillo. Sei a casa tua. Klaus non c’è: è solo un sogno. Fatti un caffè che ti passa.

 

Ecco, ho la mia bella tazza fumante, nel mio mug preferito, quello con il teschio de Il Punitore. Guardo fuori dal balcone le prime luci dell’alba, e vedo la mia macchina parcheggiata fuori. Penso che devo far benzina.

 

Bum, secondo flash: il WEF che vuole alzare ancora di più i prezzi del carburante per salvare la democrazia. Cambia canale, subito. Pensa a qualcos’altro, magari ad un’altra macchina. Ecco: inizio col dipingermi nella mente una bella Mustang nera, tuttavia poco dopo, non so come scivolo a pensare che è arduo oramai permettersi un’auto di per sé.

 

Bum, flash: «il World Economic Forum chiede l’abolizione della proprietà private della auto».

 

Pizzicotto. Pizzicotto. Non serve a niente: guardo l’ora sul telefono ma vedo sullo schermo i codici QR per le pompe di benzina in Sri Lanka. Mi torna su, come qualcosa di mal digerito, anche il discorso di Davos del premier Weckremesinghe, «come arricchirò il mio Paese entro il 2025».

 

Oramai la mente è difficile fermarla. Guardo le luci ma penso ai blackout, quelli che ci hanno promesso a Davos. Guardo il termostato sulla parete ma vedo i discorsi sul carbon tracking al World Economic Forum. Penso ad uscire a prendere una boccata d’aria, ma mi torna in mente l’articolo WEF in ode ai lockdown rispettati ubbidientemente da milioni di persone.

 

Bum. Bum. Bum.

 

Cosa vuoi fare, occupare la mente magari leggendo qualche notizia? Eccoti lo Schwab che ti parla di fusione di intelligenza umana e artificiale per censurare preventivamente la disinformazione.

 

Niente: Klaus è ovunque. Klaus c’è. Dappertutto.

 

Bisogna staccare: vai al PC, dai una prima occhiata rapida alla posta, guarda il meteo, ché devi capire se prendere o non l’ombrello per portare i bambini a scuola. Il computer si accende, tra le mille lucette delle ventole ignoranti con cui lo ho agghindato. Ecco, compare un logo… è quello di Windows. Microsoft. Bill Gates…

 

A questo punto non inizio neanche, è il caso di arrendersi. Parte della mia vita sta per passare attraverso i progetti di un comitato mondialista svizzero, e vabbè. Ma un’altra porzione non indifferente della mia esistenza arriva attraverso un software del grande nemico dell’umanità, il Billo – ed è così da decenni, da quando ancora faceva pubblicità di Windows 95 con la canzone Start me Up dei Rolling Stones. L’uomo che vaccina il mondo ha creato l’unico sistema operativo massacrato dai virus, per i quali – a questo punto ricordiamolo – la principale cura è un antivirus… russo. Il Kaspersky, che è, si dice, anche lui, come lo Zar di Costabissara, proveniente dal KGB

 

Resta il fatto che se vuoi lavorare devi pagare Gates. Accendi il tuo calcolatore personale, ti appare il magnate universale.

 

Siamo fottuti.

 

Vabbè, sapevamo già anche questo: ma che te lo dicano pure i sogni è un passo avanti che mica mi immaginavo.

 

Quel che voglio dire è che lo Schwabbo – come Gates – non è che se ne sta solo a Davos, e cala magari a Roma per incontrare in modo riservato il premier Draghi: Klaus Schwab ci è entrato in casa.

 

Proprio così: Klaus Schwab vi è entrato in casa. Anche a voi.

 

Datevi pure i pizzicotti: non è un sogno, non è un incubo, è l’amara realtà.

 

C’è qualcuno che vuole mettersi con noi a capire in quale modo possiamo mandarlo via? In campagna elettorale, i politici non ne hanno fatto parola. E sì che Klaus Schwab è entrato in casa anche a loro, alcuni anzi sono stati pure ospiti suoi, e la lista, dicono quelli che vorrebbero pubblicarla, sarebbe pazzesca, con migliaia e migliaia di nomi da tutto il mondo. Sono coloro che per conto di Klaus «penetrano» i governi (parole sue), perché probabilmente già penetrati dalle idee WEF.

 

Volevo chiudere l’articolo mostrando quel video satirico fatto l’anno scorso, quello con Schwab che sognava il futuro per tutti noi. C’è ancora l’articolo su Renovatio 21, ma non c’è il video, sparito da YouTube e dai social. Forse il Klaus se l’è presa e lo ha fatto togliere. Però anche lui: la prossima volta che deve entrarmi in casa, almeno abbia la decenza di telefonare, bussare, mettersi d’accordo. Magari darci pure qualcosa in cambio. Anzi, che idea: per ripagarci del disturbo domestico, che venga a fare da relatore alla grande conferenza sulle origini vicentine di Putin a Costabissara – visto che peraltro lo conosce bene.

 

Devo dire che, qualora accettasse e – nel mondo della veglia – me lo trovassi lì davanti all’auditorium comunale tra ucronazisti, piddini, badanti, e schiere di polizia antisommossa, non saprei quanto riuscire ad essere ospitale con lui.

 

Anche perché come organizzatore dell’evento, a differenza sua, mi rifiuterei di piazzare chip cerebrali al pubblico per capire cosa stanno pensando, che a lui son cose che piaccion tantissimo.

 

Al massimo mi darei ancora qualche pizzicotto, perché davvero la realtà che ha programmato per noi, e che stiamo già vivendo,  è un incubo.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

PS Fermi tutti ho ritrovato il vecchio video satirico sullo Schwab e il 2030. C’è poco da dire, è proprio un incubo. Il nostro incubo.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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