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Guida pratica al governo Addams

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Purtroppo non tutti i lettori conoscono l’antica serie TV, girata in bianco e nero, chiamata La famiglia Addams. Alcuni sono nati decisamente dopo che le TV italiane avevano smesso di mandare in onda le repliche, che servivano decisamente a coprire buchi di palinsesto. Forse qualche giovane può averne conosciuto i mosci remake tentati dal cinema e forse dal mondo dello streaming.

 

La storia era: una famiglia assortita in modo folle, con mostri e personaggi strambi di ogni sorta – una madre-strega nerovestita, un cugino peloso, una mano mozzata ambulante, un cameriere frankensteiniano, uno zio pelato con l’occhio spiritato, un padrone di casa con nome messicano – completamente inconsapevole della sua stranezza. Produceva Aaron Spelling, che era pure marito dell’attrice che faceva Morticia, noto alle generazioni successive come il papà di Tori Spelling, la ragazza brutta del serial ebete e classista Beverly Hills 90210.

 

Passano gli anni ma gli Addams riemergono spesso, specie quando si tira su la compagine di governo.

 

Ora, possiamo definire così anche la lista dei ministri del governo Meloni? Di certo, è una famiglia: c’è un cognato, un fratello…

 

C’è uno che le malelingue apostrofano come l’orco Shrek, ci sono figure riempite di botulino, un tempo patogeno letale, oggi invece creatura che cambia i connotati alle facce agée (lo chiaman Botox, e sembra il nome di un cattivo da fantascienza, in effetti).

 

Ci sono Ursi e Zangrilli, Calderoni e Calderoli… insomma verebbe voglia di dire che si tratta di un bestiario bello fitto, con la «f» minuscola, però.

 

Partiamo.

 

Abbiamo l’onorevole Antonio Tajani ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, anche vicepremier. Ricordate chi è? È un candidato a sindaco di Roma trombato (come la Meloni…), poi divenuto vice di Junker a Bruxelles, dover portò il suo capo Silvio a pochi giorni dalle elezioni 2018: bella foto di Berlusconi che stringe la mano all’eurotizio della sciatica, pensando di piacere all’elettorato moderato, che credevano esistesse ancora. Risultato elettorale: Forza Italia polverizzata, all’opposizione. Si era detto che dopo gli audio pro-Putin di Berlusconi, Forza Italia sarebbe stata tenuta lontana dagli Esteri: Giorgia ha invece pensato bene che l’occasione per de-ronzulizzare il partito, magari creando una scissione baby-gang stile Italia Viva, era troppo ghiotta.

 

 

Orazio Schillaci alla Salute ha fatto scartabellare per ore i no-vax per capire dove stava. Poi si è scoperto che non era un parente a caso del calciatore dei mondiali di Italia 90, ma  proprio quel rettore di Tor Vergata che aveva elogiato il «senso civico dei vaccini» andando in TV nel giorno del trapasso biologico nazionale, il 15 ottobre 2021. Per lui il green pass era «indispensabile».

 

 

Giancarlo Giorgetti, il leghista draghista, per alcuni l’anti-Salvini infrapartitico, va all’economia. Molti hanno sottolineato in questi giorni che non sa l’inglese. Renovatio 21 invece sottolinea che è cugino del banchiere e grand commis di Stato Massimo Ponzellini, a sua volta figlio d’arte (il padre era membro del consiglio della Banca d’Italia e abbiente sostenitore della nascita dell’editore bolognese Il Mulino) e allievo di Romano Prodi, con cui fonda la società Nomisma e con il quale lavora all’IRI dal 1983 al 1990. Ponzellini è stato presidente della grande società di appalti Impregilo nonché, nel 2009, della Banca Popolare di Milano. A fine 2021 Giorgetti cominciò a parlare pubblicamente di possibili blackout in arrivo.

 

Il MISE, ministero ambitissimo, va ad Adolfo Urso, quello del COPASIR, fresco di viaggi negli USA. Non sappiamo cosa aggiungere: noi tuttavia lo ricordiamo nel 2009 a Mosca durante la più grande missione fatta dall’Istituto del Commercio Estero (ICE) nella sua storia, dove il teatro dell’amicizia Berlusconi-Putin doveva attuarsi e fulminare qualsiasi cosa. Non accadde per il sisma dell’Aquila, per cui Silvio restò a casa, e Vladimir parlò di agromnaja tragedija, immane tragedia. Ad una conferenza Urso rivendicò una foto scattata pochi giorni prima al G20 di Londra (quello in cui la Regia rimproverò le urla di Silvio: «Mister Obamaaa»): si vedeva che, al momento della foto collettiva, Berlusconi era riuscito a prendere da parte il presidente russo Medvedev (quello che oggi parla di guerra atomica un giorno sì o uno anche) e l’appena insediato presidente USA Barack Obama (il mulatto della CIA), e a farsi fotografare dietro a loro mentre li spingeva l’uno vero l’altro, tutti sorridentissimi. Stando a quel che ricordiamo del suo discorso da quel palco a Mosca, a Urso quella foto piaceva. Piaceva anche a noi

 

 

L’ex magistrato veneziano Carlo Nordio, per anni riverito come rara avis della razza giudice-non-di-sinistra, è quello che si è distinto ultimamente per dichiarazioni di umiliazione a Putin: «l’aggressione del satrapo del Cremlino è contro ogni legge umana e divina». Leggero. «L’Ucraina va difesa con le armi perché le guerre si decidono sul campo di battaglia. Quando le guerre terminano con un negoziato è o perché uno dei due ha vinto sul campo o perché c’è stata una situazione di stallo». Ecco: il nuovo Guardasigilli sembrerebbe voler dare a Kiev armi sufficienti per mettere la prima superpotenza nucleare del pianeta KO, cosicché si possano evitare quelle brutte cose da perdenti che sono i negoziati.  Chiarissimo.

 

Guido Crosetto, gigante di origine DC finito nella cerchia più stretta di Giorgia – lo hanno definito lo Shrek della principessa Fiona Meloni – è chiacchierato per un possibile conflitto di interesse: ministro della Difesa, è uomo del settore aerospazio nonché a lungo presidente di AIAD, la Federazione, membro di Confindustria, che rappresenta le Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. Lui minimizza.

 

Gennaro Sangiuliano, direttore del TG2 e grande biografo di Putin e pure di Xi Jinpingo, è ministro della Cultura: si era parlato di Giordano Bruno Guerri, l’attuale responsabile del Vittoriale. Diciamo che, rinunziando a D’Annunzio, non sono andati «verso la vita», come ebbe a dire quella volta in Parlamento il Vate quando si spostò a sinistra.

 

All’agricoltura e sovranità alimentare – nuovo conio che epperò è già usato dai governi macroniani – Giorgia ci ha messo Lollobrigida: che non è la diva amica di Fidel Castro, che pure era candidata a 91 anni con un partitino del dissenso. No, è Francesco Lollobrigida, suo cognato, il marito di quella sorella che il giorno della vittoria si è precipitata sui giornali per dichiarare che «non è vero che Giorgia è contro l’aborto». Ora: ci chiediamo semplicemente come, rimanendo sudditi di un’Europa che ci sta portando verso il consumo di insetti, si possa parlare di «sovranità alimentare». Ma forse è un problema nostro e non di chi dichiara che dalla prigione di Bruxelles mica vuol uscire.

 

Il neoministro dell’Università Annamaria Bernini, immarcescibile forzitalista, ha fatto dei video per i social in cui le immagini del suo giuramento scorrono con una canzone di Ambra Angiolini in sottofondo. Poi sembra che i video siano spariti. A noi tuttavia interessano le foto con il generale Figliuolo, che non capiamo perché sia divenuto ministro. Su Twitter il 19 luglio 2021 scriveva «Per contrastare la variante #Delta abbiamo 3 strade: nuovi lockdown, l’obbligo vaccinale o il green pass, perché è evidente che non ci sono ancora le condizioni per un “liberi tutti”. Fra queste tre opzioni credo che il #greenpass sia la soluzione più accettabile».

 

 

Ciriani, Abodi, Locatelli, i ministri che hanno perso il portafoglio, ammettiamo di non sapere chi siano, ma ci auguriamo che qualcuno lo trovi e glielo restituisca, magari con dentro tutto: soldi, documenti, carte, foto di famiglia, santino infilato dalla mamma.

 

Gilberto Pichetto Fratin, il nome alla Transizione Ecologica, ci fa pensare a proteste ambientaliste in saio. Non lo conosciamo, non sappiamo. Tuttavia lo scandalo è che tale ministero esiste ancora. Dice tante cose.

 

Quando è uscita la lista con il nome di Zangrillo una porzione non indifferente del popolo italiano ha pensato che si trattasse del medico di Berlusconi, noto per le sue posizioni aperturiste: invece si tratta di Paolo Zangrillo, il fratello del dottore. Qui si è materializzato il momento più Addams di queste ore. La Meloni sbaglia e inverte i nomi nella lista dei ministeri: a Zangrillo, invece che la pubblica amministrazione, affida la Transizione Ecologica.

 

A Pichetto Fratin, viceversa, invece che la Transizione Ecologica dà la Pubblica amministrazione: il Pichetto, contrariamente alla sua nomea, pare non aver protestato. Succede: capitò anche all’Oscar di qualche anno fa, quando sbagliarono la busta del miglior film, e invece che far vincere il capolavoro La la land premiarono un film di ragazzini neri spacciatori omosessuali qualsiasi.

 

Lo Zangrillo l’aveva comunque presa bene: «una nomina inaspettata che mi riempie di orgoglio e, soprattutto, di senso di responsabilità» aveva dichiarato all’Adnkronos con parole simili a quelle del giocatore sostituito che ribadisce la sua fiducia nel mister. «Si tratta di una delega importante, su un tema, la transizione e sicurezza energetica, che oggi penso sia la priorità numero uno non solo per l’Italia, ma per l’Europa. Ce la metterò tutta come ho sempre fatto». Poi il quid pro quo si è risolto e ciascuno è tornato al suo posto. Tuttavia, il fatto suggerisce una realtà di ministri intercambiabili, come nemmeno i giocatori del calcio sovietico. SCB. Sono cose belle.

 

Raffaele Fitto, abbiam presente. Mettere un pugliese agli Affari Europei, Coesione territoriale e PNNR è una mossa geniale.

 

Il neoministro dell’Interno, che ha ruolo precipuo di tener Matteo Salvini lontano da quell’ufficio, si chiama Matteo Piantedosi, un nome che ad alcuni farà pensare vegetali illegali, ma che si era già fatto conoscere come Prefetto di Roma visitatore di hub vaccinali assieme allo Zingaretti. Il 17 febbraio 2021 all’hub di Fiumicino, avrebbe dichiarato: «col vaccino proteggiamo i nostri ragazzi (forze dell’ordine), che sono a contatto con la gente e quindi proteggiamo anche la gente. In più, vista l’alta adesione a questa campagna vaccinale tra le forze di polizia e i vigili del fuoco, diamo anche un esempio alla popolazione sull’importanza della campagna vaccinale»

 

C’è poi il caso del Cencelli latitudinario: Un inedito, poetico ministero del «Sud e del Mare» a Nello Musumeci, ex governatore della Sicilia, misteriosamente non ricandidatosi alle ultime elezioni regionali. La sua funzione ministeriale, vediamo dopo, è anche qui neutralizzare Salvini. Tuttavia, Giorgia salomonicamente dividendo il Paese, ha voluto creare chiralmente un ministero per il Nord: eccoti Roberto Calderoli agli Affari Regionali e Autonomie.

 

Le Riforme alla Elisabetta Casellati. Il Turismo alla socia inseparabile di Flavio Briatore, la Daniela Santanché, che ora si fa chiamare Garnero Santanché, e il perché non lo sappiamo.

 

Riguardo al nuovo ministro del Lavoro Marina Calderone il manifesto ha pubblicato un j’accuse su presunti conflitti di interessi. Apprendiamo dal quotidiano comunista che «all’INPS però c’è il marito Rosario De Luca che fa parte del Cda in quota centrodestra. E qui il conflitto di interesse sarebbe evidente: l’INPS è sottoposto alla vigilanza del ministero del Lavoro e se Marina Calderone diventasse ministro dovrebbe vigilare sulle «attività del marito», come denuncia l’Usb: “Non sappiamo se giuridicamente si possa parlare di conflitto d’interesse ma riteniamo evidentemente inopportuna la contemporaneità dei due incarichi”, sottolinea».

 

Di Eugenia Roccella, neoministro della Famiglia, Natalità e delle Pari opportunità questo sito vi ha già parlato diffusamente. La stampa mainstream e i sinceri democratici sono saltati su inorriditi e in allarme: è una ultracattolica contro l’aborto e la pillola RU486. La realtà, riteniamo noi, è un attimino diversa. La sintetizza bene questa notizia battuta dal Corriere poche ore fa: «la ministra della Famiglia Roccella: «L’aborto? Non è roba mia, chiedetelo al ministro della Salute». Sì, è proprio il ministro della Natalità. Caro lettore, lo sai bene, se alla fine torni qui a leggere Renovatio 21: le cose non sono quelle che sembrano.

 

C’è il video.

 

 

Il caso più eclatante, e politicamente e programmaticamente rilevante è tuttavia quello di Matteo Salvini.

 

La sua posizione – ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili (e avanti con il gergo della Necrocultura ONU!) può tranquillamente dirsi di castigo, dietro la lavagna, ad un passo dall’essere messo in ginocchio sui ceci con il cappello da asino filorusso. Per Salvini, come avevamo detto sopra, Giorgia aveva un programma tanto esplicito da essere perfino volgare: tenerlo lontano dagli Interni, dove quattro anni fa aveva fatto sfracelli – cioè, semplicemente, aveva svolto ottimamente il suo lavoro – ottenendone una popolarità a Nord Centro Sud che gli garantiva bagni di folla che nemmeno il Duce.

 

Quindi, ecco: tenete lontano il più possibile il Capitano dai porti – ecco che scatta la grottesca rapina della delega al mare, che finisce inspiegabilmente al ministero meridionale di Musumeci (il mare c’è anche al Nord).

 

Tenete lontano Salvini dall’immigrazione, un problema che sta a cuore agli italiani e che il milanese è in grado di risolvere, riguadagnandosi chiaramente poi i voti finiti in FdI.

 

Oltre alla competizione elettorale infra-alleata, non volere Salvini all’Interno può avere solo altre due spiegazioni:

 

1) Giorgia vuole risolvere da sé il problema, sulla scia di quanto aveva iniziato a fare Salvini nel 2018, realizzando la sempiterna promessa della destra italiana e ricevendone in cambio quel jackpot di popolarità sfrenata che sappiamo.

 

Oppure:

 

2) Giorgia e i suoi non hanno alcuna intenzione di risolvere la questione immigrazione, che è un diktat della centrale globale contro cui neanche i cowboy texani posson far qualcosa. In questo, semplicemente si accoderebbero al compitino di maggiordomi a capo dei soliti Paesi desovranizzati: sieri genici, transizioni ecologiche, green pass, Ucraina, immigrazione massiva – in attesa che si aggiunga tutto il resto, l’euro digitale, gli insetti a pranzo, il microchip sovra o sottocutaneo.

 

Ecco, diciamolo pure: cosa farà nelle prossime settimane la Meloni con l’immigrazione sarà la cartina tornasole della natura del suo governo. Perché si tratta del problema tecnicamente più facile da risolvere, sopra il quale – in teoria – non ci sono pressioni diplomatiche dirette (come per le armi ucraine), un problema con il quale FdI, e prima ancora AN, e prima ancora il MSI avevano raccolto voti in competizione con la Lega giurando che l’avrebbero cancellato con maschia ed immediata risoluzione.

 

Cominciate, quindi, a prestare attenzione a quello: se vedete ancora per strada marcantoni africani vestiti meglio di voi, con telefonino e cuffiette wireless, monopattino elettrico, pasti caldi portati dalla cooperativa e niente da fare tutto il dì, significa pure che questo governo vi vaccinerà con ogni mRNA supplementare richiesto dalla centrale internazionale, vi renderà ancora più chiaramente obiettivi di una rappresaglia atomica russa, vi toglierà il riscaldamento, il lavoro, la casa e il cibo, e forse pure, come abbiamo ipotizzato su Renovatio 21, nelle piazze della prossima protesta vi manganellerà come non ci fosse un domani. O peggio.

 

Nonostante le intenzioni, anche la Famiglia Addams, a pensarci bene, non è che facesse proprio ridere.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

Immagine della Presidenza della Repubblica Italiana via Wikimedia; fonte Quirinale.it; immagine modificata

 

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