Epidemie

Gli scienziati: il coronavirus potrebbe diffondersi dai cadaveri. La COVID-zomberìa è servita

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Studi scientifici dimostrerebbero che il coronavirus può passare dai cadaveri agli esseri umani viventi. Lo riporta il New York Times.

 

Secondo gli scienziati  il rischio di contagio coinvolgerebbe principalmente coloro che maneggiano cadaveri, cioè patologi, medici legali e operatori sanitari, e in ambienti come ospedali e case di cura, dove possono verificarsi molti decessi.

 

«Come uno zombi in un film dell’orrore, il coronavirus può persistere nei corpi dei pazienti infetti anche dopo la morte, diffondendosi anche ad altri, secondo due studi sorprendenti» scrive il NYT.

 

Diversi studi avrebbero trovato tracce di virus infettivo nei cadaveri fino a 17 giorni dopo la morte. Il dottor Hisako Saito, ricercatore dell’Università di Chiba in Giappone, ha pubblicato due studi sul fenomeno, dimostrando che i cadaveri possono essere vettori quantità significative di virus infettivo e che i criceti morti possono trasmetterlo ai compagni di gabbia vivi.

 

Saito e colleghi hanno esaminato campioni prelevati dal naso e dai polmoni di 11 persone morte di COVID. I ricercatori hanno scoperto che elevate quantità di virus persistevano in sei degli 11 cadaveri, anche 13 giorni dopo la morte.

 

La ricerca non è stata ancora vagliata per la pubblicazione su una rivista scientifica, ma – assicura il quotidiano di Nuova York – esperti esterni hanno affermato che gli studi sono stati ben fatti e i risultati convincenti, alcuni dei quali ci sono raccontati con dovizia di particolari di grande impatto sensoriale.

 

«I gas che si accumulano dopo la morte possono essere espulsi attraverso qualsiasi orifizio del corpo, inclusa la bocca, e possono trasportare virus infettivi, hanno detto i ricercatori» scrive senza timore di shock organolettici il giornale neoeboraceno. «L’imbalsamazione o la pratica della cosiddetta “cura dell’angelo” – un rituale giapponese in cui la bocca, il naso, le orecchie e l’ano sono tappati con batuffoli di cotone – hanno impedito la trasmissione, hanno scoperto».

 

Tappi anali ai cadaveri giapponesi, per tradizione rituale. Funzionano contro il coronavirus. Avete letto bene. Lascienzah. Eccezio. SCB. Sono cose belle.

 

Come sa il lettore di Renovatio 21, questa testata ritiene che la superfetazione di film, serie, videogiuochi a tema zombie abbia un senso storico e psicosociale preciso: preparare la popolazione ad un momento dove i «malati», o magari anche i «non medicalizzati», cioè gli «infetti», i «contagiosi», possano essere fatti fuori senza alcuna pietà, con il mitra o la motosega, il machete o il SUV, in quanto creature dementi e infettive, deumanizzate e deumanizzabili a piacimento.

 

Adesso però qui si esagera: mica solo i non vaccinati – checché dica al Parlamento UE la Pfizer – infettano. Maddeché, pure i cadaveri: la zomberìa COVID è servita, e con un certo parossisimo.

 

A questo punto, quindi, ci chiediamo: che sia il caso di vaccinare i cadaveri? Come si fa con il consenso informato? E cosa ne pensano i calamari?

 

Sono domande di bioetica stringente alle quali, nell’era degli zombie vaccinali, non crediamo ci daranno risposta.

 

 

 

 

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