Algoritmi

Facebook censura le cipolle perché troppo sexy

Pubblicato

il

 

 

 

 

The Seed Company,  un negozio canadese di semi e forniture per giardini scoperto di recentea St John’s, Terranova, aveva voluto pubblicare su Facebook un annuncio apparentemente innocente per i semi di cipolla Walla Walla.

 

Ma con grande sorpresa, il post è stato rifiutato per essere «apertamente sessuale».

 

Un negozio canadese di semi e forniture per giardini aveva voluto pubblicare su Facebook un annuncio apparentemente innocente per i semi di cipolla Walla Walla: con grande sorpresa, il post è stato rifiutato per essere «apertamente sessuale»

In una dichiarazione di mercoledì, la società di social media si è scusata per l’errore commesso dalla sua tecnologia automatizzata. L’annuncio segnalato da Facebook mostrava le cipolle Walla Walla, note per le loro dimensioni e il sapore dolce, ammucchiate in un cesto di vimini con un esemplare della lacrimogena pianta bulbosa affettata sul lato dell’inquadratura.

 

Racconta la BBC che il direttore del negozio Jackson McLean ha impiegato un momento per rendersi conto di quale fosse il problema con il post. Poi ha capito che «qualcosa riguardo le forme rotonde» potrebbe ricordare la forma del seno o dei glutei.

 

Sapeva che i suoi clienti avrebbero trovato divertente il rifiuto dell’annuncio e ha pubblicato la foto, insieme al messaggio di avviso automatico di Facebook «le inserzioni potrebbero non posizionare prodotti o servizi in modo sessualmente allusivo», sulla pagina dell’azienda.

Qualcosa riguardo le forme rotonde» potrebbe ricordare la forma del seno o dei glutei.

Il signor McLean ha detto che alcuni clienti hanno pubblicato in risposta immagini di carote e zucche potenzialmente suggestive. Ha anche presentato ricorso contro la decisione a Facebook.

 

Il gigante Social Media si è quindi scusato. «Usiamo la tecnologia automatizzata per mantenere la nudità lontana dalle nostre app, ma a volte non riconosce una cipolla di Walla Walla da una, beh, sai…», ha detto alla BBC Meg Sinclair, responsabile delle comunicazioni di Facebook Canada. «Abbiamo ripristinato l’annuncio e ci scusiamo per i problemi dell’azienda».

 

La questione dell’algoritmo di Facebook si dimostra una volta di più come un universo grottesco  a cui siamo forzati dal mondo moderno

La questione dell’algoritmo di Facebook, che censura opere d’arte causa capezzoli o seminudità lievi condannando all’esilio telematico poveri utenti amanti delle arti visive (e Musei, Fondazioni, Teatri, etc.) si dimostra una volta di più come un universo grottesco  a cui siamo forzati dal mondo moderno.

 

Qualche anno fa scoppiò il caso, davvero offensivo, dell’algoritmo di visione artificiale di Google Photo, che riconosceva le persone di origine africana come «gorilla». Un’Intelligenza Artificiale lanciata in rete da Microsoft invece dopo qualche ora su Twitter aveva cominciato ad inneggiare ad Adolf Hitler.

 

«Abbiamo venduto di più negli ultimi tre giorni rispetto agli ultimi cinque anni”, ha detto McLean, aggiungendo che ora sono anche elencati sotto «cipolle sexy» sul sito web della società.

L’importanza della regolamentazione dei Social Media, oramai parti fondamentali della nostra vita, dovrebbe essere discussa dai partiti degli Stati Nazionali, che invece – forse per sacro terrore che l’algoritmo diminuisca il loro pubblico – non stanno facendo davvero nulla.

 

La censura demente dei social media non ha sempre un lieto fine come nel caso del signor McLean.

 

L’importanza della regolamentazione dei Social Media, oramai parti fondamentali della nostra vita, dovrebbe essere discussa dai partiti degli Stati Nazionali, che invece – forse per sacro terrore che l’algoritmo diminuisca il loro pubblico – non stanno facendo davvero nulla.

 

 

 

 

 

 

 

Più popolari

Exit mobile version