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Extra ecclesia tutta salus: papa Francesco esorta buddisti, musulmani e sciamani a promuovere le loro religioni

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Intervenendo durante un incontro ecumenico durante il suo viaggio in Mongolia, Papa Francesco ha citato testi buddisti sostenendo che «ogni istituzione religiosa» ha «il diritto di esprimere liberamente ciò che è e ciò in cui crede».

 

Ha esortato i leader religiosi non cattolici riuniti a promuovere le proprie religioni, dicendo:

 

«Così sia per noi, discepoli entusiasti dei rispettivi maestri spirituali e servitori coscienziosi dei loro insegnamenti, disposti a offrirne la bellezza a quanti accompagniamo, come amichevoli compagni di strada. Si, perché in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti».

 

 

I commenti del Papa fanno parte del suo discorso di domenica mattina, rivolto ai leader religiosi buddisti, shintoisti, sciamani, ebrei, musulmani e cristiani assortiti.

 

L’incontro ecumenico si è svolto durante il breve viaggio del Pontefice in Mongolia, nazione a forte maggioranza buddista e con meno di 1.500 cattolici.

 

Seduto nel teatro della capitale Ulaan Bator, il Papa si è unito ad altri dodici leader nell’evento, durante il quale si sono tenuti discorsi a favore del dialogo religioso e della convivenza.

 

Papa Francesco si è presentato come «fratello nella fede con i credenti in Cristo e come fratello di tutti voi, in nome della comune ricerca religiosa e dell’appartenenza alla stessa umanità».

 

Ha delineato la sua percezione del credo dei leader religiosi riuniti, affermando che «il significato sociale delle nostre tradizioni religiose può essere misurato dalla misura in cui siamo capaci di vivere in armonia con gli altri pellegrini su questa terra e possiamo favorire quell’armonia nella vita».

 

Francis ha citato la raccolta buddista di detti del Buddha, Il Dhammapada, insieme allo scrittore danese e critico del cattolicesimo Søren Kierkegaard (quello del Diario di un seduttore) e al noto politico anticristiano Gandhi.

 

«Le religioni sono chiamate a offrire al mondo questa armonia» ha detto Francesco, aggiungendo che nell’evento ecumenico i leader riuniti si incontrano come «mili eredi di antiche scuole di sapienza».

 

«Incontrandoci, ci impegniamo a condividere il tanto bene che abbiamo ricevuto, per arricchire un’umanità che nel suo cammino è spesso disorientata da miopi ricerche di profitto e benessere» ha dichiarato il papa ecumenico, lanciando un appello a «tutti» affinché esplorino e apprezzino il «grande patrimonio di sapienza» presente nelle «varie tradizioni religiose» dell’Asia.

 

Tra i dieci aspetti della cultura mongola che ha elogiato come parte del «patrimonio sapienziale» (torna questa ossessivamente questa parola, dal profumo esoterico), Francesco ha incluso «un sano rapporto con la tradizione, nonostante le tentazioni del consumismo», che ha fatto eco alla sua lode e approvazione per i numerosi costumi tradizionali esposti per onorare la sua visita.

 

Il pontefice ha anche denunciato la mescolanza «di credenze religiose e violenza, di santità e oppressione, di tradizioni religiose e settarismo».

 

Di conseguenza, Francesco ha lanciato un appello affinché la pluralità delle religioni operi nella società, affermando che questo è sia un «dovere» che un «diritto».

 

Evitando con accuratezza di citare il primato della Chiesa cattolica o i suoi insegnamenti, il pontefice ha affermato «la Chiesa cattolica vuole camminare così, credendo fermamente nel dialogo ecumenico, nel dialogo interreligioso e nel dialogo culturale».

 

La Chiesa, ha aggiunto, «la Chiesa oggi offre il tesoro che ha ricevuto ad ogni persona e cultura, rimanendo in atteggiamento di apertura e ascolto di quanto le altre tradizioni religiose hanno da offrire».

 

Papa Francesco ha espresso diverse condanne contro quello che chiama «proselitismo» nei suoi diversi discorsi durante il viaggio papale, ma parlando ai leader religiosi riuniti ha sostenuto che «Il dialogo, infatti, non è antitetico all’annuncio: non appiattisce le differenze, ma aiuta a comprenderle, le preserva nella loro originalità e le mette in grado di confrontarsi per un arricchimento franco e reciproco».

 

Notiamo che nel discorso del Santo Padre all’Hun Theater la parola «dialogo» – tanto amata dalla massoneria speculativa, che ne fa la sua essenza rappresentata nella loggia dal pavimento a scacchi – ricorre 9 volte. Come riportato tre anni fa da Renovatio 21, i confratelli incappucciati con squadra e compasso avevano tanto ringraziato il Bergoglio tre anni fa per il suo messaggio di «fratellanza», et pour cause.

 

È chiaro che ci troviamo di fronte al tradimento più plateale della tradizione cattolica, che mai ha riconosciuto la questione della «libertà religiosa» e mai, fino al Concilio Vaticano II, ha considerato le altre religioni sullo stesso piano, indicando che anzi esse erano veicolo di perdizione: «Extra Ecclesiam nulla salus» è una formula conosciuta dai cattolici da circa 18 secoli: nessuna salvezza è possibile fuori dalla chiesa. Con Bergoglio, vien voglia di riformulare in latino maccheronico (come la situazione richiede): «Extra ecclesia, tutta salus». Ma quale unico veicolo della salvezza: fuori dalla Chiesa è tutta salute

 

Il Sillabo degli Errori di Papa Pio IX al capitolo III («Indifferentismo, latitudinarismo») condanna come erronea ed eretica la nozione secondo cui «XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera» (proposizione XV).

 

Nella sua enciclica Libertas del 1888, Papa Leone XIII scrisse sul rapporto della Chiesa cattolica con le altre religioni, scrive:

 

«Se poi accade che, per particolari condizioni dello Stato, la Chiesa si adegui a certe moderne libertà, non perché le prediliga in quanto tali, ma perché giudica opportuno permetterle, nel caso che i tempi volgessero al meglio, adotterebbe certamente la propria libertà e persuadendo, esortando, pregando si dedicherebbe, come deve, all’adempimento della missione a lei assegnata da Dio, che consiste nel provvedere all’eterna salute degli uomini».

 

Papa Leone XIII notava chiaramente che «codesta libertà di tutti e per tutti non è desiderabile di per se stessa, come più volte abbiamo detto, poiché ripugna alla ragione che la menzogna abbia gli stessi diritti della verità».

 

Leone lo ripeté quando, nella sua enciclica Satis cognitum del 1896, scrisse come tutti debbano considerare «attentamente e comprendano che non possono essere annoverati tra i figlioli di Dio, se non riconoscono come loro fratello Gesù Cristo, e insieme come loro madre la Chiesa».

 

Ciò è stato insegnato in modo simile da Papa Pio XI nella sua enciclica Mortalium animos del 1928. Spiegando perché ai cattolici era proibito partecipare ad «assemblee» non cattoliche, Pio XI scrisse:

 

«Non si può altrimenti favorire l’unità dei cristiani che procurando il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale essi un giorno infelicemente s’allontanarono: a quella sola vera Chiesa di Cristo che a tutti certamente è manifesta e che, per volontà del suo Fondatore, deve restare sempre quale Egli stesso la istituì per la salvezza di tutti».

 

Le operazioni ecumeniche, per non dire sincretiche, dell’attuale papato sono oramai evidenti a tutti: vi è il grande incontro «abramitico» di Abu Dhabi, l’indifferentismo visto in Bahrein, e soprattutto l’evento interreligioso di vertice, con tanto di inquietante «tempio» piramidale costruito per la bisogna, in Kazakistan.

 

Come riportato da Renovatio 21, in Canada il papa si è reso protagonista, in mondovisione, di un rito negromantico con uno sciamano delle First Nations, cioè dei canadesi autoctoni. Di questo paganesimo papale abbiamo dimostrazione anche con l’insistenza sulla Pachamama e l’incredibile questione della «messa maya».

 

In Vaticano potrebbe essersi dato, negli scorsi anni, il primo abbozzo di rito pagano: è la performance, operata una compagnia giapponese di Teatro Noh, di Okina, una rappresentazione rituale scintoista in cui gli attori interpretano delle divinità, che danzano per la pace e la prosperità.

 

Echi di questa apertura sfrenata al paganesimo erano avvertibili, secondo alcuni, in un recente commento sul Fatto Quotidiano firmato dal gesuita padre Spadaro, protégé di Bergoglio, sulla storia di Gesù e la donna cananea.

 

Bergoglio aveva dato prova della simpatia per il buddismo nel 2015 quando in viaggio in Sri Lanka incontrò il clero locale, che è stato da alcuni accusato di aver fomentato, anche per mezzo di canzoni e scritture antiche, l’esercito cingalese allo sterminio finale della resistenza Tamil nel maggio 2009, un eccidio di cui pochi hanno contezza, ma che potrebbe aver lasciato a terra qualcosa come 20 mila persone di etnica tamulica, che sono in larga parte induisti ma in porzione non trascurabile anche cristiano cattolici.

 

Per approfondimenti su questa immane strage e sui rapporti tra buddismo e cristianesimo, ora totalmente rovesciati da Bergoglio, si consiglia il libro del fondatore di Renovatio 21 Roberto Dal Bosco Contro il buddismo (Fede&Cultura, 2012).

 

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