Geopolitica

Esplodono gli scontri tra fazioni in Sudan: è strage

Pubblicato

il

Spari ed esplosioni nella capitale del Sudan hanno continuato a scuotere la città per un secondo giorno.  Il bilancio delle vittime civili del conflitto tra i militari e una forza paramilitare pesantemente armata è salito a 56, con «dozzine» di morti in più tra i militari, scrive il Washington Post.

 

I combattimenti sono scoppiati sabato anche in diverse altre città del Sudan, tra cui Merowe, El Obeid e le città di Al Fashir e Nyala nella turbolenta regione del Darfur. Secondo alcune fonti i combattimenti si sono estesi anche alle regioni orientali di Kassala e Gadarif, al confine con Eritrea ed Etiopia, dove si trovava poc’anzi in visita la premier italiana Giorgia Meloni.

 

Il Comitato centrale dei medici sudanesi ha dichiarato che il numero totale dei feriti è arrivato a 595, comprese dozzine in condizioni critiche.

 

 

I combattimenti sono scoppiati sabato mattina nella nazione del Corno d’Africa dopo settimane di crescenti tensioni tra le Forze di supporto rapido (RSF), un importante gruppo paramilitare guidato dal vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo – universalmente indicato come Hemedti – e l’esercito, guidato dal presidente, tenente generale Abdel Fattah al-Burhan.

 

Sono stati riferiti attacchi aerei nella capitale e tre aerei all’aeroporto principale sono stati incendiati o colpiti da colpi di arma da fuoco. Uno aveva passeggeri ed equipaggio a bordo.

 

 

Le fazioni in gioco hanno legami internazionali riconosciuti: Hemedti avrebbe stretti legami con la Russia, mentre Burhan sarebbe sostenuto dal vicino Egitto, la nazione più popolosa del mondo arabo.

 

L’instabilità in Sudan si è spesso estesa anche ai suoi fragili vicini. Il Ciad ha già annunciato di aver chiuso il confine condiviso tra le due Nazioni.

 

Domenica, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato di aver parlato con il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan al-Saud e il ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed al-Nahyan, e i tre diplomatici «hanno convenuto che era essenziale per le parti porre immediatamente fine alle ostilità senza precondizione».

 

 

«Esorto il generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan e il generale Mohamed Hamdan Degalo ad adottare misure attive per ridurre le tensioni», ha affermato Blinken in una nota. L’unica via da seguire per le parti in guerra, ha affermato Blinken, sarebbe «tornare a negoziati che sostengano le aspirazioni democratiche del popolo sudanese».

 

Il Sudan era già diplomaticamente isolato prima delle ultime violenze. Hemedti e Burhan hanno preso il potere nel 2021 con un colpo di stato che ha deposto il governo civile di breve durata della nazione. Prima di allora, il Sudan era stato governato per 30 anni da Omar Hassan al-Bashir, incriminato dalla Corte penale internazionale con l’accusa di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.

 

 

 

La forza RSF di Hemedti originariamente è nata dai Janjaweed, una milizia filogovernativa accusata di gravi violazioni dei diritti in Darfur, tra cui stupri, incendi di villaggi e uccisioni di massa. I Janjaweed preferivano tuttavia farsi chiamare semplicemente mujaheddin, cioè guerrieri di Dio.

 

Si tratta di un ulteriore rivolgimento della fine dell’influenza occidentale – americana, francese, britannica, etc. – in Africa. Oltre alla Cina, che lavora nelle strutture del continente nero da decenni (a Djibuti ha costruito perfino la sua prima base militare extraterritoriale, e ora ne sta cercando una sulla costa atlantica) ora l’attore di riferimento in terra africana, dalle regioni occidentali alla Libia (dove, peraltro assieme all’Egitto, sostiene il generale Haftar) e ora al Sudan, è la Federazione Russa, che per bocca di Lavrov l’anno scorso ha parlato dell‘Europa come di una «potenza neocoloniale».

 

Pochi mesi fa la Russia aveva ultimato i preparativi per la costruzione in Sudan di una sua base militare sul Mar Rosso.

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

Più popolari

Exit mobile version