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Elon Musk rigetta l’ordine di censurare dai suoi satelliti i canali russi

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L’uomo più ricco del mondo, Elon Musk, ha twittato sabato mattina presto che «alcuni governi (non l’Ucraina)» avrebbero detto alla sua società di satelliti Starlink «di bloccare le fonti di notizie russe».

 

Musk avrebbe quindi risposto: «Non lo faremo se non sotto la minaccia delle armi».

 

«Mi dispiace, ma sono un assolutista della libertà di parola».

 


Plaudiamo al coraggio di Elon Musk, che altre volte ci aveva sorpreso, come nelle sue tirate contro il denatalismo e a favore dell’aumento della popolazione, o dei suoi discorsi a pro libertà vaccinale e contro i lockdown, nonché nella sua posizione a favore dei camionisti canadesi.

 

C’è da considerare che con Biden il giovane geniale magnate ha un conto aperto: in molteplici eventi presidenziali sull’auto elettrica, un punto essenziale della folle agenda green del goscismo statunitense, invita Ford, GM e chiunque altro ma non Tesla, che nemmeno nomina, e che le macchine elettriche le fa davvero, oltre che possedere un valore di borsa superiore ai giganti dell’automotive di Detroit.

 

Anche per questo, Musk ha recentemente definito Biden «un calzino-pupazzo bagnato in forma umana».

 


La questione della censura dei canali di Mosca è tuttavia qualcosa di enorme, che ci spinge a rivalutare per intero le «democrazie» occidentali

 

Come riportato da Renovatio 21, le principali fonte di informazione russe in Occidente come i canali Russia Today e Sputnik sono stati bloccati dall’Unione Europea e dalle autorità americane, e non solo: tutti le grandi aziende Big Tech sono allineate con il governo americano per far sparire ogni informazione alternativa sul conflitto.

 

«Google sta  bloccando le loro app.  Apple sta  bloccando le loro app. YouTube, Facebook, Twitter e Telegram  hanno vietato o limitato l’accesso ai propri account. Twitter ha iniziato a «verificare i fatti» e ridurre la portata  dei loro collegamenti.  YouTube ha  demonetizzato i loro video.  Reddit ha  «messo in quarantena» la community /r/russia. Namecheap, un registrar di domini,  ha tagliato fuori TUTTI i clienti russi» scrive Andrew Torba, il CEO del social media Gab, che di censura se ne intende.

 

È giusto parlare, quindi, della depiattaformazione di un’intera Nazione, la Russia.

 

Si tratta di un’ulteriore prova della fine delle democrazie costituzionali, ridotte a oligarcati dove i diritti dei cittadini non esistono più e la libertà (biologica, politica e perfino interiore, di pensiero) è oramai un fantasma.

 

Si tratta inoltre, come scritto da Renovatio 21, della riprova che ci troviamo già coinvolti in una guerra: si oscurano fonti di informazioni di un Paese straniero solo se con questo non si è più in tempo di pace.

 

Kremlin.ru, il sito ufficiale della Presidenza della Federazione russa, è stato per giorni irraggiungibile, e non solo dall’Italia. Non si tratta di un canale di news, ma di un sito puramente istituzionale, con foto e discorsi di Putin.

 

Proprio così: ad essere depiattaformata non è una testata, è un’intera Nazione.

 

 

 

 

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