Pensiero

È morto il dottor De Donno. Il ricordo di Cristiano Lugli

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Non ci sono parole. Non ho parole per descrivere ciò che ho provato e sto provando dopo aver appreso la notizia della morte del dottor Giuseppe De Donno. 

 

Giuseppe — così mi diceva di chiamarlo — si è tolto la vita questo pomeriggio. 

 

Non so se è più lo shock, l’incredulità, la rabbia o il dolore che ora mi attanaglia. Consideravo Giuseppe un amico, e posso pensare che la cosa valesse anche per lui. 

Non so se è più lo shock, l’incredulità, la rabbia o il dolore che ora mi attanaglia. Consideravo Giuseppe un amico

 

Ho avuto il piacere di conoscerlo nel 2020, andando a donare per la prima volta il plasma all’Ospedale Carlo Poma di Mantova, dopo essere guarito dall’infezione da SARS-CoV-2. Da lì,  siamo sempre, anche se occasionalmente, rimasti in contatto con affetto.

 

Non dimenticherò mai quando una mattina della scorsa estate mi mandò un video di saluto da far vedere agli ospiti della casa protetta in cui lavoravo, spronandoli ad avere coraggio e speranza. Quel coraggio e quella speranza che alla fine, purtroppo, sono mancati proprio a lui.

 

Il dottor De Donno non ha mancato di riportare anche sui suoi canali social gli articoli di Renovatio 21 che trattavano del grande lavoro fatto da tutto lo staff della pneumologia del Poma, guidata proprio da lui, che per un lungo periodo ne è stato primario e che durante la cosiddetta «prima ondata» ha curato tantissimi pazienti attraverso la plasmaferesi. 

Di lui ricordo la cordialità, l’umiltà e la generosità con cui parlava agli amici ed ai colleghi

 

Di lui ricordo la cordialità, l’umiltà e la generosità con cui parlava agli amici ed ai colleghi. 

 

Poi, ad un certo punto, è arrivata la macchina del fango dei media, che lo ha travolto. De Donno si era esposto tanto, tantissimo. E lo sapeva. Sapeva che avrebbe rischiato di finire nel tritacarne. E forse alla fine è finito davvero. 

 

Chi muove i tentacoli di quel tritacarne fatto di sciacallaggio e livore, una coscienza non ce l’ha e quindi, ora, non sentirà nemmeno un minimo morso. 

 

De Donno si era esposto tanto, tantissimo. E lo sapeva. Sapeva che avrebbe rischiato di finire nel tritacarne. E forse alla fine è finito davvero

Da quel momento, ho sentito calare il buio sulla sua persona — e non era difficile avvertirla, visto che, da buon salentino, mostrava un carattere solare.

 

L’ultimo scambio di messaggi con lui risale ad aprile, quando ho avuto l’occasione, ad un anno di distanza dalla prima volta, di ridonare il plasma. Lo sentivo molto sintetico rispetto al solito. «È un periodo intenso», mi disse. All’ospedale ho chiesto di lui, nonostante mi avesse avvisato lui stesso che non ci sarebbe stato per il giorno della mia seconda donazione. Un velo di riservatezza un po’ angosciata calava sui volti dei suoi colleghi alle mie domande sul come stesse il dottor De Donno.

 

Tante voci, nessuna certezza, ma sicuramente una evidente preoccupazione. 

 

Questo però è il momento del silenzio e della preghiera, del raccoglimento e del rispetto, specie per la splendida famiglia che Giuseppe lascia. Per i tanti pazienti che gli sono stati riconoscenti e per i tanti amici

Non voglio andare troppo oltre, e nemmeno voglio dare adito alle voci anche se avrei tanto da dire. Questo però è il momento del silenzio e della preghiera, del raccoglimento e del rispetto, specie per la splendida famiglia che Giuseppe lascia. Per i tanti pazienti che gli sono stati riconoscenti e per i tanti amici. 

 

Il Giudizio spetta a Dio; agli uomini, tutt’alpiù, le opinioni. E la mia opinione è che Giuseppe non meritava affatto di essere travolto da ciò che probabilmente lo ha affossato.

 

Posso dire che io ho perso un amico, e che l’Italia ha perso un bravo medico che ha creduto in ciò che ha fatto mettendoci cuore e anima.

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

 

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