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Duterte accusato di «crimini contro l’umanità»

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La Corte penale internazionale (CPI) ha accusato l’ex presidente delle Filippine Rodrigo Duterte di «crimini contro l’umanità». I pubblici ministeri hanno affermato che la sua spietata guerra alla droga ha provocato almeno 76 omicidi e hanno sostenuto che il numero reale delle vittime è significativamente più alto.

 

L’atto d’accusa, redatto in 15 pagine e datato 4 luglio ma reso pubblico solo lunedì, sostiene che Duterte è responsabile di omicidi commessi durante il suo mandato come sindaco di Davao City e come presidente, inclusi 19 omicidi tra il 2013 e il 2016, 14 morti di «obiettivi di alto valore» nel 2016-2017 e 43 omicidi durante operazioni di «bonifica» più ampie fino al 2018. I pubblici ministeri affermano che altre migliaia di persone sono state uccise durante queste operazioni.

 

La CPI, tuttavia, ha ricevuto critiche internazionali e accuse di parzialità per la sua presunta incapacità di affrontare le atrocità commesse dai paesi occidentali. Stati Uniti, Cina e Russia non sono membri della Corte, che ha spesso incontrato difficoltà nell’esecuzione dei mandati di arresto, poiché dipende dalla cooperazione degli Stati.

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Duterte, oggi ottantenne, ha lanciato la sua cosiddetta «guerra alla droga» dopo la sua elezione nel 2016, promettendo di eliminare i sospetti spacciatori e incitando l’opinione pubblica a colpire i tossicodipendenti. La dura repressione ha causato la morte di circa 30.000 persone, per lo più povere nelle aree urbane.

 

Secondo Human Rights Watch, una parte significativa degli omicidi è stata commessa dalla polizia su istigazione del governo Duterte, sebbene l’ex presidente abbia negato di aver autorizzato omicidi extragiudiziali. Tuttavia, Duterte ha ammesso di aver mantenuto uno «squadrone della morte» di criminali per contrastare altre bande durante il suo mandato come sindaco.

 

La CPI ha emesso un mandato di arresto per Duterte il 7 marzo, e le autorità filippine hanno arrestato l’ex presidente pochi giorni dopo, trasferendolo all’Aja. La decisione è stata presa nonostante le Filippine si fossero ritirate dallo Statuto di Roma, che regola la CPI, nel 2019.

 

In una sentenza del 2021, la Corte Suprema delle Filippine ha ribadito che il Paese ha ancora l’obbligo di cooperare con i procedimenti della CPI.

 

Il team legale di Duterte sostiene che la CPI non ha giurisdizione dopo il ritiro e ha richiesto la libertà provvisoria per motivi di salute.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa dal carcere dell’Aia Duterte è riuscito a vincere le elezioni a sindaco di Davao.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia 

 

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