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Donne e farmaci: il rischio di reazioni avverse è doppio

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Gli eventi avversi dei farmaci, secondo una revisione degli studi pubblicata su Biology of Sex Differences, sarebbero il doppio più frequenti nelle donne rispetto a quelli fino ad oggi dichiarati.

 

Gli investigator della ricerca hanno analizzato e studiato più di 5000 studi in cui si valutavano farmaci di diverso utilizzo fra cui farmaci cardiovascolari, antiepilettici, analgesici e antidepressivi.

 

Su 86 medicinali presi in considerazione, 76 hanno mostrato forti differenze fra i due sessi nella farmacocinetica, cioè nei tempi e modi con cui il principio attivo viene metabolizzato dal soggetto, incidendo direttamente sugli effetti: nel sesso femminile le concentrazioni di farmaco in circolo sono mediamente più alte e ciò implica che serva più tempo affinché siano espulse dall’organismo, con un conseguente rischio maggiore di intossicazione.

Gli eventi avversi dei farmaci, secondo una revisione degli studi pubblicata su Biology of Sex Differences, sarebbero il doppio più frequenti nelle donne rispetto a quelli fino ad oggi dichiarati

 

Non conoscere questi fattori di pericolo per la salute porta a usare i medicinali con superficialità e poca consapevolezza: a motivo di ciò non stupisce che per il 96% dei medicinali analizzati l’eventualità di eventi avversi sia risultata maggiore nelle donne.

 

Il coordinatore dell’indagine, Irving Zucker, dell’università di Berkeley, in California, ha sottolineato che «la comune pratica di prescrivere uguali dosi di farmaco a uomini e donne trascura le differenze biologiche fra i due sessi, che si traducono in una diversa farmacocinetica».

 

«Questo — ha proseguito Zucker — comporta un maggior rischio di sovra-medicazione nel sesso femminile: i dosaggi sono spesso eccessivi e il risultato è, per molti medicinali, una probabilità doppia di eventi avversi».

 

Nel sesso femminile le concentrazioni di farmaco in circolo sono mediamente più alte e ciò implica che serva più tempo affinché siano espulse dall’organismo, con un conseguente rischio maggiore di intossicazione

Ecco il motivo per il quale si è propensi a credere che nelle donne gli effetti collaterali — dalla nausea al mal di testa, dai disturbi cardiaci alla depressione — rischiano di essere doppiamente più gravi.

 

«L’approccio “taglia unica” nelle terapie — ha concluso il Professore di Berkeley — è profondamente scorretto e deriva dall’aver storicamente trascurato il sesso femminile nelle sperimentazioni cliniche, perché a lungo si è pensato che le fluttuazioni ormonali nell’età fertile potessero influenzare le valutazioni sulle cure e perché fino agli anni ‘90 si sono spesso escluse le donne per paura di possibili danni in caso di un’eventuale gravidanza».

 

 

Cristiano Lugli

 

 

 

 

 

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