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Djokovic, negato l’ingresso in Australia. Non è la prima volta che accade ad un presunto «no vax»

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Come noto, il campione di tennis Novak Djokovic, che doveva partecipare agli Australian Open,  è stato respinto alla frontiera australiana. Una volta sceso dall’aereo, gli è stato comunicato che il suo certificato di esenzione dal vaccino non bastava.

 

Il tennista è stato interrogato per una notte – si parla di otto ore filate – all’aeroporto di Melbourne.

 

Secondo le autorità, non avrebbe documentazione sufficiente per comprovare la sua esenzione dalla vaccinazione COVID, che è obbligatoria per partecipare al torneo. Il visto gli è stato quindi negato, e i giornali ora parlano di «deportazione inevitabile» e di un possibile bando di tre anni dall’Australia come persona non grata.

 

Il campione avrebbe presentato un documento di exemption rilasciato da Tennis Australia, l’organizzatore del torneo. Altri documenti medici presentati, come un certificato che attestava il suo COVID, non paiono essere bastati.

 

La polemica sta escalando anche a livello diplomatico, con la Serbia, Paese del campione, a esprimere grande irritazione per l’accaduto.

 

Per chi non lo sapesse, Djokovic è il tennista numero uno al mondo, che l’anno scorso aveva stravinto il torneo di Melbourne (nove titoli, più di quelli dei rivali Federer e Nadal messi insieme.

 

Djokovic sta facendo ricorso, e attualmente si trova al Park Hotel di Carlton, nei sobborghi di Melbourne.

 

Tuttavia, chi segue Renovatio 21 da ben prima della pandemia, sa che non si tratta di una prima volta.

 

Ben prima del COVID, le autorità australiane bloccavano il visto a visitatori stranieri a causa delle loro posizioni sulle vaccinazioni

Ben prima del COVID, le autorità australiane bloccavano il visto a visitatori stranieri a causa delle loro posizioni sulle vaccinazioni.

 

Nell’estate 2017 a Kent Heckenlively, un noto attivista americano anti-vaccinazione, era stato impedito di entrare in Australia, dopo che il ministro dell’immigrazione Peter Dutton aveva ritenuto che le sue opinioni fossero contrarie agli «interessi nazionali».

 

«Queste persone che dicono ai bambini, dicono ai genitori che i loro bambini non dovrebbero essere vaccinati sono persone pericolose… è chiaro per me che non è nel nostro interesse nazionale che vengano qui» disse il ministro Dutton.

 

Il californiano Heckenlively, scrittore, era atterrato in Australia per un tour di conferenze, nelle quali avrebbe chiesto «un divieto di cinque anni sulle vaccinazioni» scrisse la BBC.

 

Altre due attiviste no-vax, la britannica Polly Tommey e la dottoressa statunitense Suzanne Humphries sono state dichiaratamente bandite dal tornare Australia dopo aver organizzato le proiezioni di Vaxxed, il film sulle vaccinazioni pediatriche realizzato dal dottor Andrew Wakefield.

 

Nole Djokovic, insomma, non è il primo caso del genere che sentiamo – una politica di esclusione, torniamo a sottolineare, presente in Australia già anni prima del COVID-19.

 

 

 

 

 

Immagine di Carine06 from UK via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

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