Civiltà

Dies Iræ 2021. Meditare sulle cose ultime

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Il 2 novembre l’Italia lavora. La commemorazione di tutti i fedeli defunti, più generalmente nota come giorno dei morti, per la Repubblica fondata sul lavoro non ha la dignità per essere giorno festivo. I morti, del resto, non lavorano, direte voi.

 

Eppure, i morti sono coloro che hanno lavorato per noi. I nostri genitori, i nostri nonni, bisnonni, trisnonni, trisavoli hanno lavorato, eccome. Diremo di più essi hanno vissuto. Hanno vissuto anche perché noi fossimo qui. Noi siamo la conseguenza della loro vita.

 

Per la Repubblica Italiana, quella in teoria basata sulla Costituzione, probabilmente non conta. Se esiste un contratto sociale, pensa lo Stato moderno, esso è orizzontale: è tra i vivi. I lavoratori. Gli elettori. I cittadini. Massì: fingiamo pure che questo conti ancora qualcosa.

 

Nel XVIII secolo Edmund Burke cominciò a dare alla filosofia del contratto sociale un’altra dimensione: il patto che tiene in piedi le nazioni e la Civiltà non è tra i viventi – è tra le generazioni.

 

Ciò che dà equilibrio alla realtà è la continuazione tra l’umanità presente, quella passata, quella futura. In una parola, la tradizione.

 

Questa è, al di là della questione spirituale, l’importanza di prendersi un giorno per meditare su chi ci ha preceduto.

 

E poi, certo, non lo nascondiamo: il 2 novembre va meditata la morte in sé. Sic et simpliciter.

 

Ci è impossibile non pensarci se, ad una funziona religiosa di Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum – cioè ad una messa tradizionale qualsiasi svoltasi oggi – abbiamo sentito il Dies Iræ.

 

Questo video era stato realizzato l’anno scorso. Lo avevamo messo solo su Facebook, probabilmente. E Facebook come sapete ha cancellato la nostra pagina e i nostri account. Quindi si è inghiottita nel nulla della censura anche questo fansub escatologico.

 

Riprende le immagini di San Francisco a fine 2020, quando il cielo – a causa degli incendi, dissero – era divenuto di un rosso apocalittico.

 

La potenza eterna del gregoriano ci lascia ancora sgomenti. Ci dà la pelle d’oca al millesimo ascolto. Ci prepara alla contemplazione delle parole fatali.

 

Ci costringe la mente al pensiero della morte – proprio oggi, quando la Necrocultura devastatrice promette di spargere lo sterminio sul mondo.

 

Forse non avremo tanti altri giorni per fermare a pensarci.

 

 

Dies irae, dies illa,

Solvet seclum in favilla,

Teste David cum Sibylla.

 

Quantus tremor est futurus,

Quando judex est venturus,

Cuncta stricte discussurus.

 

Tuba, mirum spargens sonum,

Per sepulchra regionum,

Coget omnes ante thronum.

 

Mors stupebit et natura,

Cum resurget creatura,

Judicanti responsura.

 

Liber scriptus proferetur,

In quo totum continetur,

Unde mundus iudicetur.

 

Judex ergo cum sedebit,

Quidquid latet apparebit,

Nil inultum remanebit.

 

Quid sum miser tunc dicturus?

Quem patronum rogaturus,

Cum vix iustus sit securus?

 

Rex tremendae majestatis,

Qui salvandos salvas gratis,

Salva me, fons pietatis.

 

Recordare, Jesu pie,

Quod sum causa tuae viae,

Ne me perdas illa die.

 

Quaerens me, sedisti lassus;

Redemisti crucem passus;

Tantus labor non sit cassus.

 

Iuste judex ultionis,

Donum fac remissionis,

Ante diem rationis.

 

Ingemisco tamquam reus;

Culpa rubet vultus meus;

Supplicanti parce, Deus.

 

Qui Mariam absolvisti,

Et latronem exaudisti,

Mihi quoque spem dedisti.

 

Preces meae non sunt dignae,

Sed tu bonus, fac benigne,

Ne perenni cremer igne.

 

Inter oves locum praesta,

Et ab haedis me sequestra,

Statuens in parte dextra.

 

Confutatis maledictis,

Flammis acribus addictis,

Voca me cum benedictis.

 

Oro supplex et acclinis;

Cor contritum quasi cinis;

Gere curam mei finis.

 

Lacrimosa dies illa,

Qua resurget ex favilla

 

Judicandus homo reus;

Huic ergo parce Deus.

 

Pie Jesu Domine,

Dona eis requiem. 

 

 

Il giorno dell’ira, quel giorno che

dissolverà il mondo terreno in cenere

come annunciato da Davide e dalla Sibilla.

 

Quanto terrore verrà

quando il giudice giungerà

a giudicare severamente ogni cosa.

 

La tromba diffondendo un suono mirabile

tra i sepolcri del mondo

spingerà tutti davanti al trono.

 

La Morte e la Natura si stupiranno

quando risorgerà ogni creatura

per rispondere al giudice.

 

Sarà presentato il libro scritto

nel quale è contenuto tutto,

dal quale si giudicherà il mondo.

 

E dunque quando il giudice si siederà,

ogni cosa nascosta sarà svelata,

niente rimarrà invendicato.

 

In quel momento che potrò dire io, misero,

chi chiamerò a difendermi,

quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

 

Re di tremendo potere,

tu che salvi per grazia chi è da salvare,

salva me, fonte di pietà.

 

Ricorda, o pio Gesù,

che io sono la causa del tuo viaggio;

non lasciare che quel giorno io sia perduto.

 

Cercandomi ti sedesti stanco,

mi hai redento con il supplizio della Croce:

che tanto sforzo non sia vano!

 

Giusto giudice di retribuzione,

concedi il dono del perdono

prima del giorno della resa dei conti.

 

Comincio a gemere come un colpevole,

per la colpa è rosso il mio volto;

risparmia chi ti supplica, o Dio.

 

Tu che perdonasti la peccatrice,

tu che esaudisti il buon ladrone,

anche a me hai dato speranza.

 

Le mie preghiere non sono degne;

ma tu, buon Dio, con benignità fa’

che io non sia arso dal fuoco eterno.

 

Assicurami un posto fra le pecorelle,

e tienimi lontano dai caproni,

ponendomi alla tua destra.

 

Una volta smascherati i malvagi,

condannati alle fiamme feroci,

chiamami tra i benedetti.

 

Prego supplice e in ginocchio,

il cuore contrito, come ridotto a cenere,

prenditi cura del mio destino.

 

Giorno di lacrime, quello,

quando risorgerà dalla cenere

il peccatore per essere giudicato.

 

Perdonalo, o Dio pio Signore Gesù,

dona a loro la pace.

 

 

+ Amen

 

 

 

 

Video originale https://youtu.be/dSreOPz0Zcs
Canto https://youtu.be/Dlr90NLDp-0

Immagine screenshot da YouTube

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