Epidemie

«Debolmente positivi»: studio italiano conferma che i positivi senza sintomi non contagiano

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I soggetti positivi che hanno già superato i sintomi di Sars-CoV-2 non sarebbero più contagiosi.

 

Questi dati servono anche per ridimensionare l’allarme lombardo con la quale il mainstream continua la propria campagna di terrore in vista di settembre-ottobre

Lo spiega il professor Fausto Baldanti, del San Matteo di Pavia, dopo uno studio condotto dall’Università:

 

«Nei pazienti che hanno superato i sintomi il virus ha una carica bassa, dunque chi è guarito non è più contagioso. L’abbiamo scoperto mettendo dei campioni di virus di 280 tamponi in coltura e abbiamo visto che non è più in grado di infettare le cellule se non per la percentuale minima del 3% dei casi».

 

«Nei pazienti che hanno superato i sintomi il virus ha una carica bassa, dunque chi è guarito non è più contagioso»

Anche l’Italia, dopo diversi studi condotti, sembra finalmente intenzionata a proseguire per questa strada, che potrebbe finalmente permettere a 15.000 guariti in Lombardia (e non solo) di tornare al lavoro e alla socialità dopo un immotivato, duraturo e forzato isolamento domestico.

 

«Il tampone dei pazienti può risultare ancora positivo perché restano residui di virus, ma senza più capacità di contagiare», afferma ancora  il professor Baldanti che ha condotto lo studio insieme ai colleghi del Policlinico di Milano, del Santa Maria delle Scotte di Siena, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e dell’Usl di Piacenza. 

«Il tampone dei pazienti può risultare ancora positivo perché restano residui di virus, ma senza più capacità di contagiare»

 

Questi importanti dati servono anche per ridimensionare i numeri dell’allarme lombardo con la quale il mainstream continua la propria campagna di terrore in vista di settembre-ottobre. Dai  report giornalieri del virologo di riferimento della Regione Lombardia, il Prof. Danilo Cereda, emerge che dai primi di giugno più o meno la metà dei positivi comunicati quotidianamente potrebbero essere definiti «debolmente positivi». 

 

Dai primi di giugno più o meno la metà dei positivi comunicati quotidianamente potrebbero essere definiti «debolmente positivi»

Baldanti spiega ancora che i «debolmente positivi» sono, per la stragrande maggioranza dei casi, «malati vecchi, scoperti con il test sierologico». 

 

Sull’argomento era già intervenuto qualche giorno fa attraverso un’intervista al Corriere della Sera il direttore dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi:  «Li chiamiamo contagi — affermava il Prof Remuzzi — ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale».

 

«Si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale»

Dopo questa ulteriore conferma, la palla passa ora all’Istituto Superiore di Sanità, nella speranza che tante persone sottoposte a veri e propri arresti domiliciari sine die possano finalmente ritrovare la libertà di cui sono stati ingiustamente privati.

 

 

 

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