Spirito

Cuore o Dottrina?

Pubblicato

il

Il Papa si è pentito per «la dottrina gettata come una pietra». La dottrina è diventata peccato? Quella che segue è una riflessione di Padre Nicolas Cadiet, FSSPX.

 

La veglia penitenziale del 1° ottobre 2024, che ha preceduto l’apertura dell’ultima sessione del sinodo, è stata segnata dal pentimento per sette nuovi peccati. In particolare, quello della dottrina, ridotta a «un mucchio di pietre morte lanciate contro gli altri». Papa Francesco non esita a castigare chi «impone verità e regole» (1).

 

Nel mirino ci sono tutti coloro che sostengono che certi atti, come la contraccezione, non sono mai leciti e che l’assoluzione e la comunione possono essere concesse solo a chi rinuncia sinceramente ai propri peccati gravi.

 

Si tratta dei «moralizzatori che vogliono tenere a freno la misericordia e la grazia di Dio» (2); essi dimostrano un «moralismo autosufficiente» (3). La dottrina appare a Francesco non solo come puro strumento della volontà di potenza, ma anche come del tutto inadatta alla formazione dei fedeli. Così facendo, il Papa si pone in aperta opposizione alla Sacra Scrittura.

 

Non è forse Dio stesso che ha promulgato una legge per il popolo d’Israele, compresi i Dieci Comandamenti, accompagnati da severe sanzioni? Questa legge senza dubbio includeva precetti cerimoniali che potevano essere cambiati, ma spiega la legge naturale che, di per sé, non soffre di riforma più della stessa natura umana.

 

Si dice che questa legge sia scritta nel cuore dell’uomo perché, anche senza averne ricevuto conoscenza, si impone a una mente onesta. Ad esempio, dopo aver creduto a una bugia, un bambino coglie il danno che essa causa alla vita comune e alla fiducia reciproca. Generalizza rapidamente quel concetto, applicandolo alla menzogna in generale, al di là del particolare incidente di cui è stato vittima.

 

I principi morali formulati come precetti universali sono il risultato di questa semplice operazione della mente.

 

La dottrina morale è solo la sintesi articolata dei principi morali, giustificati e spiegati dai principi più primari. Essi includono quelli che esprimono le tendenze fondamentali dell’uomo a vivere, a perpetuarsi, a conoscere e amare Dio e a vivere in società (4). Il primo principio ci richiede di fare il bene e di fuggire il male. Se rifiutiamo la dottrina, potremmo anche pentirci solennemente di essere umani.

 

Eppure, caricaturando pesantemente l’«atteggiamento moralizzatore» per denunciarlo più facilmente, Francesco sottolinea una vera difficoltà: questi principi morali sono universali, e in base ad essi dobbiamo vivere, prendere decisioni e agire in circostanze particolari. Non abbiamo a che fare con il «Bene» o il «Giusto» in sé, ma con persone e situazioni concrete e complesse.

 

Sono sufficienti i principi universali della moralità? No, perché sono universali. Richiede anche una valutazione della situazione. L’azione che intendo compiere è una menzogna o una legittima restrizione mentale? È scisma o una legittima garanzia della vita cristiana dare vescovi ai fedeli? È omicidio o una cessazione esagerata delle cure? È aborto o un atto terapeutico che salva una vita?

 

Il principio universale non dice; indica il comportamento da adottare una volta individuata la situazione. Ora, molto spesso per decidere cosa è peccato o no, o quale di due azioni legittime è la migliore, è richiesto l’esercizio di facoltà che colgono il concreto e il singolare.

 

Questo è ciò che Blaise Pascal, e anche Francesco, chiamano il cuore. Quindi il cristiano non deve solo imparare il catechismo e i principi della teologia morale che gli indicheranno ciò che è o non è conforme alla legge di Dio, ma anche formare il suo cuore per apprezzare giudiziosamente la natura degli atti che gli vengono proposti. Ciò significa amare le azioni chiare e aborrire le situazioni equivoche.

 

Quindi il cuore non si oppone alla ragione; la completa. E senza di esso, rischiamo di essere il moralista astratto che Francesco caricaturizza. Ma poiché questa nozione di cuore è vaga, ci consente di confondere la forza dell’anima virtuosa di San Giovanni Battista, che rimproverò Erode per il suo adulterio fino al punto del suo stesso martirio, e la codardia del pastore che, per una simpatia fuori luogo, si sottrae al suo dovere di predicare lamentandosi: «Chi sono io per giudicare?»

 

Il cuore avrà sempre le sue ragioni, ma la virtù, quella che salva e sulla quale saremo giudicati, consiste nell’agire secondo la retta ragione illuminata dalla fede. Dunque, se siamo sinceri come Francesco desidera (5), «sappiamo di essere nella verità quando non possiamo più scegliere» (Gustave Thibon).

 

Padre Nicolas Cadiet

 

NOTE

1) Enciclica Dilexit nos (DN), n°209.

2) DN 137.

3) DN 27.

4) Cfr. Summa Theologica, Ia IIae q.94 a.2.

5) Allegato 1:1.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di Charles Le Brun, La Lapidation de Saint Étienne (1651), Notre Dame, Parigi

Immagine di GO69 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

Più popolari

Exit mobile version