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Creatore di band «Indie Rock» ammette di aver generato tutto con l’AI, ma forse non esiste neanche lui

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Una band che ha scatenato un acceso dibattito per il suo massiccio ricorso all’intelligenza artificiale generativa – riuscendo ad accumulare oltre mezzo milione di ascoltatori su Spotify – ha finalmente ammesso la verità. Tuttavia, poco dopo sono emersi dubbi sul duo coinvolgimento con il progetto, e forse pure sulla sua esistenza. Lo riporta il sito Futurism.

 

Un’autoproclamata band del cosiddetto «indie rock» (genere chiamato un tempo rock indipendente, o «musica alternativa») chiamata The Velvet Sundown aveva dichiarato sul suo account «ufficiale» X di non aver «mai» utilizzato alcuna Intelligenza artificiale, accusando i «cosiddetti “giornalisti”» di «promuovere la teoria pigra e infondata secondo cui The Velvet Sundown sarebbe “generato dall’intelligenza artificiale” senza alcuna prova». Post e account X pare ora siano stati rimossi.

 

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L’affermazione suonava alquanto strana perché si scontrava con una montagna di prove schiaccianti. Le immagini dei quattro membri fittizi della band sembravano chiaramente generate dall’intelligenza artificiale, una biografia scritta in maniera asettica che aveva ottenuto un riconoscimento da Billboard e che aveva altri tratti distintivi come se fosse stata sputata fuori da ChatGPT o similia.

 

Nel frattempo, la discussione sulla possibilità che si trattasse non di una vera band ma del lavoro dell’IA era rimbalzata ovunque, aprendo discussioni in rete. Il noto esperto musicale Rick Beato ha dedicato un video all’analisi del caso.

 

So It Begins...Is This A Real Band Or AI?

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Il creatore dell’intera faccenda, che si fa chiamare Andrew Frelon, ha rivelato in un’intervista alla rivista Rolling Stone che questa banda non è mai esistita. 

 

Il Frelon ha dichiarato alla rivista che si trattava di una «bufala artistica». «È marketing», ha aggiunto. «È trolling».

 

«Prima alla gente non importava cosa facessimo, e ora all’improvviso parliamo con Rolling Stone, quindi ci chiediamo: è sbagliato?», ha detto il Frelone al noto magazine statunitense. «Personalmente, sono interessato alle bufale artistiche», ha continuato. «Viviamo in un mondo in cui le cose false a volte hanno un impatto persino maggiore di quelle vere».

 

«E questo è un disastro, ma è la realtà che ci troviamo ad affrontare ora», ha proseguito Frelon. Un membro della band ha ammesso di aver utilizzato Suno, un’app di generazione musicale basata sull’Intelligenza Artificiale, per creare le canzoni che francamente risuonano «molto fredde».

 

Ha affermato inoltre di non aver commesso alcun illecito per quanto riguarda l’incasso delle royalties di Spotify. «Non gestisco il backend di Spotify, quindi non posso dire esattamente come sia successo. So che siamo finiti in alcune playlist che hanno un sacco di follower, e da lì sembra che la situazione sia precipitata», ha sottolineato il fondatore della band AI.

 

Dall’intervista a Rolling Stone la situazione sembra ulteriormente degenerata: un altro account che sostiene di essere dietro la band ha cercato di prendere le distanze dalle affermazioni di Fremon.

 

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«Non abbiamo alcuna affiliazione con questo individuo, né alcuna prova che confermi la sua identità o esistenza», si legge nell’account X.

 

A rendere ancora più confusa la situazione arriva uno scritto ospitato su Medium intitolato «Sono Andrew Frelon, il tizio che gestisce il falso Velvet Sundown Twitter». Non c’è nessuna prova, a questo punto, che il testo sia scritto dal Frelone, e nemmeno che costui esista davvero. Siamo in un circolo vizioso, e siamo tutti soci.

 

L’uso dell’Intelligenza Artificiale nel mondo della produzione musicale è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno, generando cause legali di alto profilo e lettere aperte firmate da centinaia di artisti che chiedevano una regolamentazione significativa. Le piattaforme di streaming musicale sono state inondate da un’ondata di IA, minacciando le royalty degli artisti umani.

 

La band fittizia, ad esempio, ha accumulato poco meno di 1.000.000 di ascoltatori mensili sulla piattaforma, mentre i veri artisti continuano a lottare per ottenere praticamente qualsiasi riconoscimento.

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Questa situazione mette in evidenza alcune ingiustizie nell’approccio di Spotify nel consentire la pubblicazione di contenuti generati dall’intelligenza artificiale sulla sua piattaforma. Dopotutto, non è esattamente incentivata a fare nulla per contrastarli.

 

«La maggior parte delle band false non avrà comunque successo e, naturalmente, nessuno si accorge quando una band creata dall’intelligenza artificiale non ottiene ascoltatori, ma non ci sono protezioni contro questo fenomeno e probabilmente dal punto di vista commerciale di Spotify non è nemmeno chiaro se questa sia una cosa negativa da cui essere “protetti”», ha detto a Rolling Stone Glenn McDonald, ex dipendente di Spotify, responsabile del raggruppamento e della denominazione dei generi musicali presso l’azienda.

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Immagine screenshot da YouTube.

 

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