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COVID, soppressi i cani del canile per «proteggere i suoi dipendenti»

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Un governo locale nell’Australia rurale ha ucciso a colpi di arma da fuoco cani che erano destinati ad andare in un rifugio per animali in un’altra città per la preoccupazione che i dipendenti del rifugio potessero diffondere il coronavirus viaggiando per andare e prendere gli animali.

 

Lo riporta il Washington Post.

 

Il Bourke Shire Council, un governo locale nella remota parte nord-occidentale dello stato del Nuovo Galles Meridionale, ha ucciso i cani «per proteggere i suoi dipendenti e la comunità, comprese le popolazioni aborigene vulnerabili» dal coronavirus, secondo una dichiarazione del New South Wales Office of Local Government, che sovrintende al consiglio e ad altri governi locali.

 

Sono citate preoccupazioni per «il rischio di trasmissione di COVID-19 se il personale di un’organizzazione di reinserimento degli animali a Cobar», a circa 125 miglia a sud di Bourke Shire, doveva viaggiare per andare a prendere i i cani, ha detto l’ufficio dell’autorità.

 

Un governo locale nell’Australia rurale ha ucciso a colpi di arma da fuoco cani che erano destinati ad andare in un rifugio per animali in un’altra città per la preoccupazione che i dipendenti del rifugio potessero diffondere il coronavirus viaggiando per andare e prendere gli animali

«I “cani da campo” vengono spesso trasferiti dalle remote comunità indigene australiane a quelle più popolose. Ma con la recrudescenza del coronavirus in Australia, le interazioni tra le comunità rurali e urbane comportano crescenti timori sulla potenziale diffusione del virus» sscrive il WaPo.

 

Il massacro dei cani del canile si aggiunge alla lunga serie di atti sempre più grotteschi e violenti operati dalle varie autorità dell’Australia, Paese che in molte zone sta affrontando oggi l’ennesimo lockdown.

 

Abbiamo visto, solo nelle ultime settimane, bambini arrestati e gasati dalla polizia con lo spray urticante

 

Capi della sanità di vari Stati australiani hanno fatto richiese assurde come quella di non parlare con i vicini o quella per cui i nonni non dovrebbero avvicinarsi ai nipoti.

 

L’esercito intanto pattuglia le strade in cerca come mezzo di implementazione delle regole di lockdown, che prevede la facoltà di uscire di casa solo per comprovati motivi alimentari, sanitari, professionali.

 

Su tutta questa follia, spicca l’impossibilità degli Australiani di entrare o uscire dal loro stesso Paese a causa delle disposizioni del governo e della mancanza, nello Stato degli antipodi, di una Carta dei diritti che tuteli i cittadini.

 

Le possenti proteste viste a Melbourne lo scorso sabato indicano che una certa porzione della popolazione non ha intenzione di sottomettersi ad un’autorità che pare impazzita.

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