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Coronavirus cinese, verso il controllo elettronico totale

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La Cina durante il Coronavirus ha iniziato un esperimento di massa sull’uso dei dati per regolare la vita dei cittadini, richiedendo loro di utilizzare software sui loro smartphone che stabilisca se debbano essere messi in quarantena o ammessi in metropolitane, centri commerciali e altri spazi pubblici.

 

Il controllo sociale per via elettronica in Cina avanza da anni, tra sistemi con milioni di telecamere a riconoscimento facciale a disposizione della polizia, il cosiddetto «credito sociale» (il cittadino che compie infrazioni, anche online, è identificato e non può viaggiare, accedere a mutui e prestiti, etc.), perfino avveniristici processi digitali per ricostruire il volto di una persona a partire da un frammento del suo corpo (lo chiamano DNA Phenotyping, ed è stato realizzato in collaborazione con università occidentali).

 

La Cina durante il Coronavirus ha iniziato un esperimento di massa sull’uso dei dati per regolare la vita dei cittadini, richiedendo loro di utilizzare software sui loro smartphone che stabilisca se debbano essere messi in quarantena o ammessi in metropolitane, centri commerciali e altri spazi pubblici

La Cina dispone della cosiddetta «Grande Muraglia elettronica»: internet in Cina è costantemente censurato dai operatori del regime; la maggior parte dei social network mondiali sono proibiti in Cina, che si è dotata dei suoi, uno dei quali ora (Tik Tok) sta sfondando anche da noi.

 

Ora, l’emergenza ha accelerato ancora di più il processo di digitalizzazione del controllo sociale totale. 

 

Il  New York Times ha fatto analizzare il codice del software fatto installare negli smartphone dei cittadini durante lo scoppio dell’epidemia ed ha scoperto che il sistema fa più che decidere in tempo reale se qualcuno rappresenta un rischio di contagio: «Il software pare  condividere le informazioni con la polizia, creando un modello per nuove forme di controllo sociale automatizzato che potrebbero persistere a lungo dopo che l’epidemia si è placata».

 

L’emergenza ha accelerato ancora di più il processo di digitalizzazione del controllo sociale totale

Il codice sanitario di Alipay, come i media ufficiali cinesi hanno chiamato il sistema, è stato introdotto per la prima volta nella città orientale di Hangzhou, un progetto del governo locale con l’aiuto di Ant Financial, una società consociata del gigante dell’e-commerce Alibaba, il colosso mondiale capitanato dal celebre Jack Ma.

 

Alipay ha 900 milioni di utenti in tutta la Cina. Ant è in parte proprietà di Alibaba, le cui azioni sono quotate a New York e sono di proprietà di importanti investitori internazionali

 

Le persone in Cina si iscrivono tramite la popolare app di pagamento di Ant, Alipay, e ricevono un codice colore – verde, giallo o rosso – che indica il loro stato di salute. Il sistema è già in uso in 200 città e viene implementato a livello nazionale

 

«Né la compagnia né i funzionari cinesi hanno spiegato in dettaglio come il sistema classifica le persone. Ciò ha causato paura e stupore tra coloro ai quali viene ordinato di isolarsi e non hanno idea del perché – spiega il New York Times – la condivisione di dati personali con le autorità erode ulteriormente la linea sottile che separa i titani della tecnologia cinese dal governo del Partito comunista».

Le persone in Cina si iscrivono tramite la popolare app di pagamento Alipay, e ricevono un codice colore – verde, giallo o rosso – che indica il loro stato di salute

L’analisi del Times ha rilevato che non appena un utente concede al software l’accesso ai dati personali, una parte del programma etichettata “reportInfoAndLocationToPolice” invia la posizione della persona, il nome della città e un codice identificativo a un server.

 

Il software non chiarisce agli utenti la sua connessione con la polizia. Secondo l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua, scrive il report, le autorità di contrasto sono state un partner cruciale nello sviluppo del sistema.

 

«Mentre le società Internet cinesi spesso condividono dati con il governo, il processo è raramente così diretto. Negli Stati Uniti, sarebbe simile ai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie che utilizzano app di Amazon e Facebook per tracciare il coronavirus, quindi condividere tranquillamente le informazioni dell’utente con l’ufficio dello sceriffo locale».

Un codice verde consente al suo titolare di muoversi senza restrizioni. A qualcuno con un codice giallo potrebbe essere chiesto di rimanere a casa per sette giorni. Il rosso indica una quarantena di due settimane

 

Un simile fenomeno di sorveglianza avrebbe avuto un precedente storico, le Olimpiadi di Pechino del 2008 e l’Expo mondiale del 2010 a Shanghai, dove introdusse nuovi strumenti di monitoraggio che oggi sopravvivono al loro scopo originale.

 

I primi giorni dell’epidemia sembravano esporre i limiti del costoso spionaggio computerizzato di Pechino, passando dal computo di liste nere di criminali e dissidenti al compito di monitorare intere popolazioni.

 

Il riconoscimento facciale, piatto forte cinese che la Repubblica Popolare tenta di esportare in tutto il mondo, si è rivelato facilmente ingannabile dalle maschere respiratorie. In risposta, la Cina ha intensificato gli sforzi per garantire, principalmente con l’aiuto di un’applicazione umana all’antica, che i cittadini lascino impronte digitali ovunque vadano.

Il software non chiarisce agli utenti la sua connessione con la polizia

 

In tutto il paese, i lavoratori nelle stazioni ferroviarie e all’esterno degli edifici residenziali registrano nomi di persone, numeri di identificazione nazionali, informazioni di contatto e dettagli sui viaggi recenti. In alcune città, i residenti devono ora registrare i loro numeri di telefono con un’app per prendere i mezzi pubblici.

 

I creatori del codice sanitario di Alipay affermano che utilizza i Big Data per trarre conclusioni automatizzate sul fatto che qualcuno sia un rischio di contagio.

 

Dopo che gli utenti hanno compilato un modulo su Alipay con dettagli personali, il software genera un codice QR in uno di tre colori. Un codice verde consente al suo titolare di muoversi senza restrizioni. A qualcuno con un codice giallo potrebbe essere chiesto di rimanere a casa per sette giorni. Il rosso indica una quarantena di due settimane.

 

«Ad Hangzhou è diventato quasi impossibile spostarsi senza mostrare il codice Alipay. Gli striscioni in stile propaganda ricordano a tutti le regole: “Codice verde, viaggia liberamente. Rosso o giallo, segnala immediatamente”».

 

«Ad Hangzhou è diventato quasi impossibile spostarsi senza mostrare il codice Alipay»

Grazie ai Big Data, la macchina riesce a fare una stima della possibilità di essere infetti. Grazie ai micropagamenti – la Cina si avvia a divenire una società totalmente cashless –, grazie ai social, grazie alla geolocalizzazione perenne offerta dagli smartphone, è possibile per il computer comprendere la possibile interazione (anche solo per traiettoria) con un malato infetto. Il cui dato, ovvio, deve essere caricato nel sistema. Diventa evidente che esso riceve input sia dagli smartphone privati dei cittadini che dalle istituzioni sanitarie e di sicurezza.

 

Si tratta della dittatura degli algoritmi al tempo del Coronavirus. Se sei malato o no lo decide l’algoritmo, nemmeno il dottore. Se puoi uscire o no, lo decide un modello automatico, nutrito con i dati della tua vita.

 

L’analisi del Times ha anche scoperto che ogni volta che il codice di una persona viene scansionato – ad esempio ad un checkpoint – la sua posizione attuale sembra essere inviata ai server del sistema. Ciò potrebbe consentire alle autorità di tenere traccia dei movimenti delle persone nel tempo.

Si tratta della dittatura degli algoritmi al tempo del Coronavirus. Se puoi uscire o no, lo decide un modello automatico, nutrito con i dati della tua vita.

 

Si tratta di una prospettiva che va al di là della distopia orwelliana, e che in Cina è già realtà, con o senza Coronavirus.

 

L’altro ieri il Corriere della Sera attribuiva l’impasse per il varo del decreto «Cura Italia» alla possibilità che vi fossero nascoste norme che avrebbero potuto favorire l’appalto del 5G ad una società considerata contigua allo Stato cinese. Ne abbiamo scritto.

 

Il ministro grillino ritenuto responsabile oggi ha smentito tutto. A domanda sulla questione, ha risposto stupita parlando di «strumentalizzazione»: «Dietro al 5G c’è stata una gara per le frequenze, gli operatori sono quelli che hanno vinto le gare». Un nome, o una nazionalità, non vengono nominati.

 

Nel caso, però, immaginiamoci cosa potrebbe esserci dietro un azienda cinese. Soprattutto se vince una gara in Italia.

 

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