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Contraccezione, sodomia e matrimonio omosessuale: il giudice Thomas andrà avanti?

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Il giudice della Corte Suprema americana Clarence Thomas, nella sua opinione concordante sul ribaltamento di Roe v. Wade – la sentenza che ha aperto all’aborto come diritto «federale» con copertura costituzionale in tutti gli USA – ha delineato la sua visione in una concurring opionion, un parere concordante alla decisione dalla Corte, firmata solo da lui.

 

Secondo il New York Times, nello scritto di Thomas si può scorgere come il metodo per rovesciare la sentenza abortista  potrebbe «anche essere utilizzato per ribaltare casi che stabiliscono diritti alla contraccezione, relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso e matrimoni tra persone dello stesso sesso».

 

Ciò è in contrasto con quanto scritto nel caso del ribaltamento di Roe v. Wade ottenuto con la recente sentenza Dobbs vs. Jackson Women’s Health Organization. Nel parere della maggioranza scritto dal giudice Samuel A. Alito, la Corte Suprema americana aveva affermato che nulla nella sua decisione «dovrebbe essere inteso per mettere in dubbio precedenti che non riguardano l’aborto».

 

Nella sua motivazione, Thomas osserva che la maggioranza della corte ha ritenuto che il diritto all’aborto non fosse una forma di «libertà» protetta dalla clausola del giusto processo del 14° emendamento alla Costituzione, come aveva affermato la corte con il caso Roe nel 1973.

 

Quindi, ha preso di mira altri tre casi storici che si basavano sullo stesso ragionamento legale: Griswold v. Connecticut, una decisione del 1965 che dichiarava che le coppie sposate avevano diritto alla contraccezione; Lawrence v. Texas, un caso del 2003 che invalidava le leggi sulla sodomia e rendeva legale l’attività sessuale tra persone dello stesso sesso in tutto il paese; e Obergefell v. Hodges , il caso del 2015 che stabilisce il diritto delle coppie gay a sposarsi.

 

Il giudice Thomas ha scritto che la corte «dovrebbe riconsiderare» tutte e tre le decisioni, dicendo che aveva il dovere di «correggere l’errore» stabilito in quei precedenti. Quindi, ha detto, dopo «aver annullato queste decisioni manifestamente errate, la questione sarebbe se altre disposizioni costituzionali» abbiano protetto i diritti che hanno stabilito.

 

«Questo tipo di linguaggio è proprio quello che temevano i sostenitori dei diritti riproduttivi e dei diritti LGBTQ. I difensori del diritto all’aborto hanno ripetutamente avvertito che se Roe fosse caduta, il diritto alla contraccezione e al matrimonio tra persone dello stesso sesso sarebbe stato il prossimo» lamenta in NYT.

 

Il giornale di Nuova York fa l’esempio di «stati come il Missouri» i quali  «stanno cercando di limitare l’accesso alla contraccezione vietando i finanziamenti pubblici per determinati metodi: dispositivi intrauterini e la cosiddetta pillola del giorno dopo». Con ogni evidenza, giornalisti, politici e attivisti ignorano (o fingono di non sapere) che i dispositivi intrauterini e la pillola del giorno dopo, uccidendo l’embrione, sono veri e propri abortivi.

 

La linea tra contraccezione e aborto è sottile: incredibilmente, il mondo moderno ne può finalmente prendere atto.

 

Il ragionamento, ricordiamo, è di natura puramente tecnico-legalistica: secondo la maggioranza dei giudici della Corte Suprema, il «diritto» all’aborto non può essere concesso, come ha fatto la Corte nel 1972, sulla base del XIV emendamento della Costituzione americana. Quindi vanno ora rivisti tutte quelle sentenze basate su questa erronea interpretazione.

 

 

Vi abbiamo parlato spesso del giudice supremo Thomas: cattolico, studi ad un’università cattolica, è uno dei proponenti, all’interno della Corte Suprema della legge naturale.

 

Pur non avendo scritto lui la sentenza, ma il collega Alito, sembra che sia lui il bersaglio di attacchi furiosi – e spesso palesemente razzisti – da parte della sinistra.

 

La sindaco nera lesbica e semicalva di Chicago Lori Lightfoot dai microni del palco di un Gay Pride lo ha mandato «a fanculo», così, senza tanti complimenti.

 


 

Vi sono commenti osceni da parte di persone come Hillary Clinton (che lo ha definito una persona di «risentimento e rabbia») e influencer dei social (ovviamente, mai bannati) che usano la classica accusa del «negro da cortile». È l’accusa orribile che abbiamo sentito in Italia all’altezza dell’elezione, nelle file della Lega Nord, del senatore Toni Iwobi.

 

Perché tutto questo odio nei confronti del giudice Thomas? Il suo biografo Michael Pack dice che è perché i progressisti sono propriamente razzisti, e non tollerano che i neri si comportino in un modo diverso da quello che vogliono loro (votare democratico, stare nel ghetto, etc.).

 

Vi è un motivo non noto ai più: la moglie Ginni Thomas, bianca, è una scatenata attivista pro-Trump, nota per la sua battaglia sull’illegittimità dell’elezione di Joe Biden.

 

Negli stessi giorni, il Thomas argomentò che Facebook e Twitter potrebbero essere regolati come enti pubblici.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 1991, nei giorni della sua audizione per la Corte Suprema, il giudice Thomas fu vittima di una imboscata da parte dello stesso Biden, a cui il giudice reagì con veemenza.

 

Biden, dopo averlo incontrato il giorno prima e rassicurato mostrandogli la sala dell’audizione, lo diffamò in mondovisione, accusandolo di molestie senza uno straccio di prova. Un calvario per la reputazione del giudice.

 

«La Corte Suprema non vale tutto questo. Nessun lavoro vale tutto questo»

 

Aggiungiamo come un anno fa, ricordiamo, vi fu un dissenso di Thomas su un caso elettorale rigettato dalla Corte Suprema.

 

Ora forse il quadro è un po’ più chiaro?

 

 

 

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